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Wall Street Journal:"l’Italia sta fronteggiando la stabilità del cimitero?" Ecco la versione integrale del discusso editoriale
lunedì 25 novembre 2013, di
Sono passati sette mesi da quando Enrico Letta è stato nominato Primo Ministro italiano dalle autorità del paese nel tentativo di portare una stabilità politica dopo il nulla di fatto delle elezioni di febbraio. Quando è entrato in carica lo scorso aprile, pochi si aspettavano che durasse fino alla fine dell’anno, date soprattutto le ostilità esistenti tra il partito di Letta,il PD, e quello dei suoi partner nella coalizione, il PDL dell’ex Premier Silvio Berlusconi.
Ma invece, almeno in superficie, la posizione di Letta appare oggi più forte che mai. La prossima settimana, il Senato voterà l’espulsione di Berlusconi dovuta alla condanna per frode fiscale – una mossa che ha spaccato il PDL, con il vicepremier Angelino Alfano alla guida di una fazione che promette di continuare a sostenere la coalizione.
Vari ministri ora parlano con fiducia di un governo che rimarrà unito finché Roma non avrà completato la sua presidenza dell’Unione Europea nella seconda metà del 2014. Questo significherebbe che non ci saranno elezioni almeno fino all’inizio del 2015.
La stabilità ha avuto l’effetto desiderato sui mercati: i rendimenti sui titoli di Stato decennali sono scesi al 4.08%, il livello più basso dal 2010, mentre lo spread sui bond tedeschi - ossessivamente visto dagli italiani come una misura della situazione del paese nei mercati – è sceso ad appena 2.3 punti percentuali, contro i 3.4 del periodo successivo alle elezioni.
Eppure molti imprenditori italiani considerano la prospettiva di altri 18 mesi di governo Letta seriamente allarmante. Loro credono che l’esecutivo sia stato capace solo di rimanere in carica facendo poco e realizzando ancora meno.
Anche qualche ministro, in privato, ammette che la legge di stabilità 2014 è stata deludente: a causa dei litigi interni alla coalizione, essa contiene solo 2.5 miliardi di tagli alla spesa per il prossimo anno su un totale di spesa pubblica pari a 800 miliardi. Questi 2.5 miliardi andranno a finanziare i tagli alle tasse. Il nuovo piano di privatizzazione annunciato lo scorso weekend include invece 12 miliardi di asset.
Sebbene l’Italia abbia compiuto più progressi degli altri paesi verso un pareggio di bilancio, la spesa pubblica è equivalente a più del 50% del PIL e le tasse rimangono tra le più alte dell’eurozona.
Quanto alle riforme, la coalizione non ha mostrato alcun serio desiderio di riforma. Come il suo predecessore, il governo tecnocratico guidato dall’ex Presidente del Consiglio Mario Monti, che ha iniziato il suo mandato con zelo riformatore per poi arenarsi nella sabbia, l’amministrazione Letta appare paralizzata dall’opposizione politica interna ed esterna al Parlamento.
E questo è preoccupante perché l’Italia è l’unica tra le nazioni del Sud Europa a non aver visto significativi miglioramenti nella sua posizione competitiva dall’inizio della crisi finanziaria, stando all’analisi dell’economista di Deutsche Bank, Gilles Moec. “la produttività è scesa dal 2008 dopo aver affrontato la stagnazione dei decenni pre-crisi. Il cuneo fiscale è troppo alto, i profitti delle imprese si sono deteriorati e l’export italiano non si è ancora ripreso”.
Senza un aumento della produttività è difficile vedere come un’economia che è a malapena arrivata alla crescita media annua dell’1% durante il boom economico possa realizzare la crescita necessaria per rispettare gli obiettivi Ue del debito. Con un debito pubblico pari al 133% del PIL, l’Italia avrà bisogno di un avanzo primario del 5% l’anno per gran parte della prossima decade, a fronte di un attuale surplus pari all’1%.
Dopo 9 trimestri consecutivi di recessione che hanno causato un collasso del PIL del 9% dal 2008, l’economia italiana si contrarrà, su base annuale, dell’1.9% nel terzo trimestre dell’anno in corso.
Mentre Spagna e Portogallo hanno ricominciato a crescere, l’economia italiana lo farà solo a partire dal 2014 quando, secondo le previsioni della Commissione Europea, ci sarà un’espansione dello 0.7%, che salirà all’1.2% nel 2015.
Ma non tutti ne sono conviti. Dopo tutto anche il Governo Monti aveva attuato una spending review, non ottenendo però alcun risultato. Identificare i tagli da fare è facile: la parte difficile è confrontasti con i vasti interessi – tra sindacati e dipendenti – che hanno bloccato i precedenti tentativi di riformare la giustizia, le leggi sul lavoro e la pubblica amministrazione, e che rappresentano i più grandi ostacoli alla crescita.
Molti dubbi riguardano anche il fatto che, nonostante l’influenza di Berlusconi sia oggi diminuita, Enrico Letta sarà capace di unire i due lati della sua coalizione per mettere in atto un programma di riforme efficace.
Inoltre, un altro enorme ostacolo alle riforme è rappresentato dalla noncuranza. I recenti sforzi di frenare i sussulti economici dopo l’intervento della BCE che ha alleviato la pressione dei mercati si sono fermati. Finchè la BCE manterrà i tassi d’interesse bassi e il governo continuerà con questo avanzo primario, i mercati potrebbero giudicare sostenibile il debito dell’Italia, anche se la competitività a lungo termine del paese continuerà ad essere erosa.
Questo è il motivo per cui molti cittadini disperati stanno riponendo le loro speranze su Matteo Renzi, il 38enne sindaco di Firenze, che il prossimo 8 dicembre diventerà quasi sicuramente il segretario del PD e avrà quindi il controllo su uno dei maggiori partiti della Nazione.
Loro sperano che Renzi, un energico riformatore che ha una grande attrattiva sul popolo, vincerà con un margine abbastanza ampio per forzare il governo Letta ad indire nuove elezioni, ponendo le basi per un governo di maggioranza che riesca a mettere in atto un programma di riforme più ampio.
Ma tra i due scenari – un governo Letta più libero e una ribellione di Renzi – ce n’è anche un terzo che è più di una pericolosa possibilità. Infatti, Renzi potrebbe avere qualche difficoltà a spodestare Letta, che gode del supporto del suo partito e del Presidente Giorgio Napolitano. Questo potrebbe far sì che i due si diano battaglia in un match per il potere politico, creando un nuovo stallo che allontanerebbe nuovamente le riforme.
Non sorprende che molti italiani siano preoccupati del fatto che la stabilità offerta attualmente dal governo letta si trasformi in una stabilità del cimitero.
Traduzione a cura di Vittoria patanè: Fonte: Wall Street Journal.