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Unimpresa, in mani straniere 40% spa quotate italiane
lunedì 9 giugno 2014, di
Lo scorso anno gli investimenti diretti esteri in Italia sono stati pari a 12,4 miliardi di euro nel 2013, in calo del 58% rispetto al 2007, l’anno prima della crisi. I dati diffusi dal Censis, evidenziano come i momenti peggiori siano stati il 2008, l’anno della fuga dei capitali, in cui i disinvestimenti hanno superato i nuovi investimenti stranieri, e il 2012, l’anno della crisi del debito pubblico.
Ai capitali in fuga si contrappone il dato secondo il quale oltre il 40% delle società per azioni italiane quotate in Borsa, è posseduto da soggetti esteri.
Dal dicembre 2012 al dicembre 2013, la capitalizzazione delle società quotate del nostro Paese è passato da 364,8 mld di euro a 452,1 mld, in crescita di 87,2 mld. Sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti stranieri che hanno partecipazioni di imprese quotate made in Italy pari a 183,6 mld, il 40,6% del totale.
Predominante il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 873 mld, in aumento di 65,4 mld.
Le partecipazioni di Spa quotate, in mano alle imprese italiane a fine 2013 valevano 121 mld, in crescita di 35,3 mld rispetto agli 85,8 mld di dicembre 2012.
Le banche continuano ad avere una presenza forte seppur in lieve calo, nel capitale delle Spa quotate, con il 7,1% pari a 32,5 mld in crescita di 132 milioni.
Gli stranieri controllano il 40,6% di Piazza Affari con partecipazioni pari a 183,6 mld in aumento di 36,2 mld rispetto ai 147,2 mld di dicembre 2012. La ripartizione delle quote è la seguente: le imprese hanno il 12,1% pari a 226,4 mld, le banche il 7,2% pari a 135,7 mld, lo Stato ha il 5,3%, 98,9 mld.
Il Presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi spiega: "da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove c’è attività speculativa".
Il dato Istat sulla disoccupazione sembrerebbe far propendere per l’aspetto speculativo più che per quello di contributo allo sviluppo del Paese. I senza posto, compresi gli sfiduciati, sono quasi 7 milioni, sommando quanti effettivamente sono in cerca di una occupazione, quasi 3,5 milioni e chi statisticamente viene definito "forza lavoro potenziale", 3,4 milioni, si arriva a quasi 7 milioni di persone alle prese con un lavoro che non c’è.