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Trump cita Mussolini: fuori dal partito repubblicano?

lunedì 29 febbraio 2016, di Simone Traversa

Trump si sente intoccabile, al punto che crede di poter citare senza preoccuparsi delle conseguenze una frase attribuita a Mussolini.

La mossa di Trump non ha fatto fare i salti di gioia ai suoi colleghi del partito repubblicano, i quali, già piuttosto stremati dalle intemperanze dell’immobiliarista dai capelli biondo platino, ora sentono che la misura è colma ed è necessario correre al più presto ai ripari.

Trump, dopo una falsa partenza, sta incassando un successo dopo l’altro nella sua scalata alla presidenza degli Stati Uniti e, sebbene la dirigenza del partito repubblicano non abbia per niente in simpatia Trump, non riesce a produrre un candidato alternativo altrettanto valido e convincente.

Vediamo allora nel dettaglio la crisi politica che il partito repubblicano sta vivendo in questo momento.

Trump cita Mussolini

Trump ha ritwittato una frase apparsa sul un profilo Twitter chiamato ilduce2016, che ha come foto il volto di Mussolini sormontato dalla chioma bionda del tycoon americano.

La frase, piuttosto celebre, è questa: “Meglio vivere un giorno da leoni che cento da pecora”.

La frase, in verità pronunciata da un soldato italiano, Bernardo Vicario, nel 1918, durante la Prima Guerra Mondiale, è stata poi erroneamente attribuita a Mussolini.

Per Trump, tuttavia, non si tratta di una gaffe, delle quali è un collezionista, anzi. Trump ha trovato che la frase “suonasse bene”, e dato che desidera essere associato a belle citazioni, che siano state pronunciate da un dittatore del XX secolo o da qualcun altro per lui non fa alcuna differenza.

Trump, simpatie poco chiare verso il Ku Klux Klan

Si fosse trattato solo di una frase la cosa, per quanto allarmante, si sarebbe potuta concludere lì.

Il problema, però, è che Trump ha incassato l’appoggio di David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, il gruppo più rappresentativo del suprematismo bianco americano, dal quale ha preso le distanze in maniera poco convinta.

Inizialmente infatti ha detto di non sapere nulla del KKK, il che è davvero troppo anche per Trump e, solo una volta che è stato incalzato dai giornalisti, ha dichiarato di “sconfessarlo”.

Trump, i conservatori puntano a Romney

Il problema Trump, però, non è il fatto che sia veramente razzista, o nutra realmente simpatie per Mussolini o, come la sua ex moglie Ivana Trump sostiene, per Hitler.

Il fatto è che Trump, pur di incassare consensi e voti, sembra disposto a farsi passare per qualunque cosa il suo elettorato desideri: forse avrà anche simpatie per personaggi del ventesimo secolo non particolarmente venerabili, ma più che seguire un proprio gusto politico, sembra adeguarsi a quello che la pancia più rabbiosa e frustrata degli elettori esprime.

Ed è forse questa la ragione che ha portato il partito repubblicano a optare per un piano B. Se Rubio, infatti, dovesse perdere in Florida, potrebbe aprirsi la strada per la discesa in campo di Mitt Romney.

Anche unendo i consensi di Cruz e Rubio, infatti, non si riuscirebbe ad arginare la cavalcata di Trump: questa ondata di consenso per il miliardario americano segnala, in maniera plateale, il vuoto che dal fallimento della politica di George W. Bush regna sovrano nel partito repubblicano.

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