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Troppa finanza può nuocere all’economia?

lunedì 21 gennaio 2013, di Federica Agostini

Da Voxeu.org traduciamo l’analisi del Prof. Ugo Panizza in collaborazione con Enrico Berkes e Jean-Louis Arcand. La troppa finanza può nuocere all’economia? E in che modo?

(Too much finance?) - Nel corso degli ultimi trenta anni il settore finanziario degli Stati Uniti è cresciuto sei volte più rapidamente rispetto al PIL nominale. Questa trattazione sostiene che ci sia un momento in cui il settore finanziario arriva ad avere effetto negativo sulla crescita, ovvero, quando il credito al settore privato supera il 110% del PIL. Questa disamina dimostra come i paesi avanzati che attualmente soffrono gli effetti della crisi globale avevano tutti superato questa soglia.

Troppa finanza?

L’idea che un sistema finanziario ben funzionante svolga un ruolo essenziale nella promozione dello sviluppo economico si deve a Bagehot (1873) e Schumpeter (1911). L’evidenza empirica del rapporto tra finanza e crescita è invece più recente.

Goldsmith (1969) è stato il primo a mostrare l’esistenza di una correlazione positiva tra la dimensione del sistema finanziario e la crescita economica sul lungo periodo. Egli sosteneva che tale relazione positiva fosse dovuta dall’intermediazione finanziaria che migliora l’efficienza, piuttosto che il volume degli investimenti. Tuttavia, Goldsmith non fece alcun tentativo empirico per verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra lo sviluppo finanziario e la crescita economica. Diversi economisti rimangono dunque del parere che un ampio sistema finanziario sia semplicemente il sottoprodotto del più generale processo di sviluppo economico. Questa posizione è ben sintetizzata da una citazione di Joan Robinson (1952): "dove l’impresa conduce, la finanza segue".

Tuttavia, la recente crisi ha sollevato la questione in merito al fatto che alcuni paesi possano avere un sistema finanziario "troppo grande" rispetto alle dimensioni dell’economia domestica. Wolf (2009), per esempio, ha osservato che nel corso degli ultimi tre decenni il settore finanziario degli Stati Uniti è cresciuto sei volte più velocemente del PIL nominale, sottolineando come ci sia qualcosa di sbagliato in una situazione in cui, "invece di essere un servitore, la finanza è diventato il ’capo’ dell’economia". Da parte sua, Rodrik (2008) ha cercato prove misurabili senza ambiguità dimostrassero come l’innovazione finanziaria abbia reso la nostra vita migliore.

L’idea che ci possa essere una soglia oltre la quale gli sviluppi finanziari abbiano effetti sociali negativi non è certo nuova. Minsky (1974) e Kindleberger (1978) hanno sottolineato la relazione tra finanza e volatilità macroeconomica e scritto molto sull’instabilità e sulle manie finanziarie. Più di recente, in un articolo che al tempo sembrava controverso, mentre ora sembra profetico, Rajan (2005) ha discusso i pericoli dello sviluppo finanziario, sostenendo come la presenza di un sistema finanziario grande e complesso aumenti la probabilità di un "collasso catastrofico". In un documento ancora più recente, Gennaioli et al. (2010) mostrano che, se trascurati i rischi minori, l’innovazione finanziaria può aumentare la fragilità finanziaria, anche in assenza dell’effetto leva.

Oltre ad aumentare la volatilità, un settore finanziario molto sviluppato può anche portare ad una ripartizione ottimale dei talenti. Tobin (1984), per esempio, ha sottolineato come i rendimenti sociali del settore finanziario siano più bassi rispetto ai rendimenti privati ​​e si è detto preoccupato che un settore finanziario esteso possa "rubare" talenti ai settori produttivi dell’economia e quindi essere inefficiente dal punto di vista della società (per altre sfumature, si veda Philippon 2010).

La finanza si è spinta troppo oltre? Nuove scoperte

In un nuovo articolo (Arcand et al. 2011), abbiamo contribuito in tre aspetti diversi alla letteratura sullo sviluppo finanziario e la crescita economica.

Primo, abbiamo costruito un modello semplice ed abbiamo scoperto che, anche in presenza di razionamento del credito, l’attesa di un bailout può portare ad un settore finanziario troppo grande rispetto all’optimum sociale.
In secondo luogo, abbiamo utilizzato diverse serie di dati (sia al livello di paese, sia industriale) e di approcci empirici (comprese stime semi-parametriche) per dimostrare che può davvero esserci "troppa" finanza.

I nostri risultati mostrano inoltre che l’effetto marginale dello sviluppo finanziario diventa negativo sulla crescita quando il credito al settore privato supera il 110% del PIL. Questo risultato è straordinariamente coerente tra i diversi tipi di estimatori (regressioni semplici e stime semi-parametriche) e dati (a livello di paese e d’industria). La soglia oltre la quale lo sviluppo finanziario inizia ad avere un effetto negativo sulla crescita è simile a quella scoperta da Easterly et al. 2000 oltre la quale lo sviluppo finanziario inizia a far aumentare la volatilità. Questo risultato è coerente con la letteratura che indaga il rapporto tra volatilità e crescita (Ramey e Ramey 1995) e quella sulla persistenza di shock negativi di produzione (Cerra e Saxena 2008).

In terzo luogo, abbiamo discusso di come i nostri risultati si riferiscano alla crisi attuale e mostrato come tutte le economie avanzate che stanno affrontando gravi problemi si trovino al di sopra dellla nostra soglia di "troppa" finanza.
Abbiamo anche eseguito una serie di test che dimostrano come le dimensioni del settore finanziario abbiano svolto un ruolo importante amplificando gli effetti della recessione globale che ha seguito il crollo Lehman Brothers nel settembre del 2008. Buona parte della recente discussione sugli effetti negativi dello sviluppo finanziario si concentra sulle economie avanzate, ma abbiamo dimostrato che durante la crisi recente, il ruolo di amplificazione del settore finanziario è stato molto importante anche per i paesi in via di sviluppo.

Conclusioni

Crediamo che i nostri risultati abbiano implicazioni potenzialmente importanti per la regolamentazione finanziaria. L’industria finanziaria sostiene che i requisiti patrimoniali Basilea III avranno un effetto negativo sui profitti bancari e porteranno ad una contrazione dei prestiti con forti conseguenze negative sulla crescita futura del PIL (Istituto per la Finanza Internazionale 2010). Anche se non è affatto certo che i coefficienti patrimoniali più elevati riducano la redditività (Admati et al. 2010), la nostra analisi suggerisce che ci sono diversi paesi per i quali gli standard di credito più severi sarebbero, in ultima analisi, auspicabili.

Traduzione italiana a cura di: Federica Agostini Fonte: Voxeu.org: Too much finance?

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