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Telecom-Vivendi: quali prospettive future? L’intervista a Simona Rossitto di Radiocor
venerdì 9 ottobre 2015, di
Dall’inizio del 2015 ad oggi i titoli di Telecom Italia sono saliti quasi del 20%, portando la società a capitalizzare 19,5 mld euro.
Vivendi, il colosso francese della comunicazione, è diventato il primo azionista del gruppo di Giuseppe Recchi nel mese di giugno ricevendo l’8,3%. Da quel momento la corsa della società di Vincent Bolloré è proseguita sino a condurla detenere il 19,88% di Telecom Italia.
Con la giornalista dell’Agenzia di Stampa Il Sole 24 ORE Radiocor Simona Rossitto, facciamo il punto sugli scenari evolutivi di Telecom e della sua alleanza con Vivendi.
Partiamo da una visione macro. Se prima erano solo rumors, adesso il prosieguo dell’ascesa di Vivendi in Telecom Italia è stata ufficializzato dalle comunicazione della SEC statunitense in cui è scritto nero su bianco l’incremento della partecipazione al capitale del 19,9%.
Secondo Lei quanto il rafforzamento della partecipazione societaria è legata al contesto nazionale ed internazionale di consolidamento del settore delle telecomunicazioni?
Credo che il rafforzamento di Vivendi in Telecom Italia sia da leggere proprio alla luce del consolidamento in atto nel settore delle telecomunicazioni e dei media. Probabilmente a breve ci sarà un colpo di acceleratore del processo a livello europeo e Vivendi sta preparando il terreno per essere non solo della partita, ma anche giocare un ruolo da protagonista. Rumor, mai confermati, parlano di Orange e Deustche Telekom tra gli interessati a un’alleanza col gruppo italiano. Un’altra chiave di lettura del rafforzamento dei francesi in Telecom è quella di non diluire la loro quota in caso di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie. Su questo fronte, tuttavia, di recente i vertici di Telecom hanno smentito che la conversione sia in cima alle priorità dell’azienda.
“Sostenere la società telefonica nel lungo periodo e sviluppare le sue attività in Sud Europa” così dichiara il presidente Vivendi Vincent Bolloré. Stando alle sue dichiarazioni la "scalata" nel capitale di Telecom avrebbe obiettivi operativi e non di controllo. In che misura pensa possa mantenersi questa distinzione nel lungo termine?
Al di là e indipendentemente dagli obiettivi dichiarati da Bollorè, di fatto Vivendi non solo è il primo socio di Telecom Italia ma ha quasi raggiunto la quota del 22,4% che prima era detenuta dalla holding Telco. E il gruppo francese non è lontano dalla soglia dell’OPA che è stata di recente abbassata al 25%. Senza mettere in discussione gli obiettivi strategici e operativi della media company d’Oltralpe, è innegabile che Telecom, dopo essere stata per breve tempo una public company, cioè una società ad azionariato diffuso, con l’ascesa dei francesi ha ora un socio industriale forte di riferimento. Al momento ancora manca una rappresentanza diretta e forte di Vivendi nel cda di Telecom, elemento necessario per controllarla di fatto.
La vicenda Telecom-Vivendi non sta avendo una rilevanza sul piano mediatico al pari di altre società italiane interessate, in queste ultime settimane, ad M&A con multinazionali. Eppure il caso dovrebbe cavalcare maggiormente il sentiment dell’opinione pubblica considerato che è la rete l’asset strategico del marchio italiano. Cosa pensa a riguardo e quali scenari futuri immagina per l’azienda?
Premettendo che al momento quello di Vivendi è solo un rafforzamento della quota in Telecom e non una vera e propria scalata, mi ha stupito che, con il precedente arrivo di Telefonica come primo socio della holding Telco, partecipata comunque da altri azionisti italiani, ci sia stato un livello di preoccupazione più alto per i destini della società e per il ruolo futuro dell’ex monopolista che controlla asset importanti per il Paese come la rete in rame e i cavi sottomarini di Sparkle. Un livello di guardia che, pur non essendo del tutto assente, ora, con l’ascesa di Vivendi, sembra essersi abbassato. C’è però da dire che Telefonica aveva interessi divergenti con Telecom nell’importante partita brasiliana. Conflitto che non sembrerebbe esserci nel caso dei francesi. Certo oggi il settore delle telecomunicazioni italiane, e purtroppo non è l’unico, parla una lingua straniera. Basti guardare anche a Vodafone, Wind-H3g e Fastweb. Questo dovrebbe indurre a una riflessione a livello di politica industriale.
A settembre durante il Forum Ambrosetti a Cernobbio, l’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine ha dichiarato: “Crediamo che quest’alleanza tra una telco e una società di contenuti abbia grandi prospettive di creare una storia fantastica insieme. Siamo molto impegnati sull’Italia, ora non resta che scrivere questa storia”.
Qual è la sua opinione in merito?
Il settore delle telecomunicazioni negli ultimi anni è molto mutato e sta mutando ancora. I margini del business tradizionale delle tlc, come voce ed sms, sono in calo costante. L’orizzonte che si apre per i gruppi delle tlc è quello della concentrazione (vedi la fusione Wind-H3G per restare al mercato italiano) o dell’integrazione con i produttori di contenuti. Non a caso a livello commerciale Telecom ha già stretto accordi con Mediaset e Sky per un’offerta congiunta al cliente. E non a caso anche di recente l’amministratore delegato di Telecom ha sottolineato la complementareità dei business di Telecom e Vivendi. Queste sinergie credo siano una delle strade maestre dello sviluppo del settore delle tlc.
Telecom ha ancora intenzione di valorizzare ulteriormente, dopo la quotazione, le torri di trasmissione di Inwit. Secondo un report di Equita, Inwit vale 33,6 volte i profitti stimati per il 2015, ma l’ad Marco Patuano ha ribadito, rispetto al 60% detenuto in Inwit, che: "Il nostro interesse è mantenere alcuni elementi di governance che ci facciano stare tranquilli sulle dinamiche operative dell’azienda". Alla luce di ciò quale potrebbe essere il core business di Telecom nei prossimi anni?
L’ultimo cda di Telecom in Brasile ha dato mandato esplorativo all’amministratore delegato per valorizzare le torri di telefonia mobile, conferite in Inwit, cioè cedere ancora delle quote. Ciò vuol dire che dopo aver con successo quotato il 40% della società, Telecom potrebbe vendere parte del 60% ancora in pancia. Non solo. L’ad di Telecom, Marco Patuano, ha chiarito che non sarà necessario mantenere il controllo della società ma che alla casa madre basta tutelarsi mantenendo delle garanzie a livello di governance. Penso che il business delle torri sia molto appetibile in questo momento e che per competere a livello internazionale, dove ci sono dei veri e propri colossi, siano necessarie delle aggregazioni. Telecom evidentemente non ha scelto di essere polo aggregante, ma ha preferito trarre profitto dalla valorizzazione delle sue torri. Per concentrarsi su cosa? Attualmente l’ex monopolista sta investendo nella rete a banda ultra larga tanto voluta dal Governo ed è sempre più attento alle sinergie sui contenuti. Nel lungo periodo immagino che grandi gruppi come Telecom punteranno sempre di più su questi business. Senza escludere colpi di scena come un’integrazione con i grandi produttori di contenuti o un disegno più ampio sulle nuove reti in fibra visto che, come riportato dal Sole 24 Ore, si potrebbe riaprire la trattativa con Metroweb per lo sviluppo della banda ultra larga.
