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Strage di Orlando in un gay club, Florida. Cosa sappiamo finora

lunedì 20 giugno 2016, di Sara Catalini

Strage di Orlando: cosa ne sappiamo a una settimana dalla sparatoria di massa?

Omar Seddique Mateen, cittadino di origine afghana naturalizzato statunitense, nella notte del 12 giugno alle 2:00 (ora locale) ha fatto irruzione nel Pulse, storico gay club gestito dall’italiana Barbara Poma a Orlando, Florida, uccidendo 50 persone e ferendone 53 con un fucile d’assalto AR15, mettendo così a segno il più atroce mass shooting nella storia degli Usa.

Prima di iniziare a sparare all’impazzata, Mateen ha avuto uno scontro a fuoco con un agente di polizia fuori dal locale. Si è poi barricato nella discoteca e ha tenuto in ostaggio chi non era riuscito a scappare. Solo dopo alcune ore l’uomo è morto, ucciso nella sparatoria dalle forze dell’ordine. Le indagini sono ancora in corso per chiarire le dinamiche dell’accaduto.

Strage di Orlando: chi era il killer?

Omar Seddique Mateen, 29 anni, era nato a New York nel 1986 e viveva a Port St.Lucie in Florida. Lavorava come guardia privata per la società G4S Secure Solutions e faceva parte del partito democratico americano; in passato era stato indagato dall’Fbi per ben due volte in quanto considerato simpatizzante del sedicente Stato Islamico. Lo stragista era un uomo violento, o almeno questo è quanto emerso dalle prime indiscrezioni e testimonianze: la sua prima moglie, l’uzbeka Sitora Yusufiy, dalla quale Mateen aveva divorziato nel 2011, lo ha descritto in un’intervista rilasciata alla CNN come un uomo irascibile e pericoloso:

All’inizio sembrava normale, ma ho capito presto che qualcosa non andava. Era bipolare, si arrabbiava per nulla. Avevo paura. Tornava a casa e mi picchiava continuamente, magari solo perché la lavatrice stava ancora andando. Mi hanno salvato i miei genitori.

La donna non aveva avuto avvisaglie sul probabile arruolamento dell’ex marito tra le schiere dei miliziani jihadisti di Daesh, anzi a suo dire sembrava maggiormente interessato alla palestra che ai sermoni dell’ imam. Sperava di iniziare una carriera in polizia, più volte infatti aveva fatto domanda senza successo e nel frattempo si era accontentato di lavorare come agente di sicurezza presso il tribunale della contea di St. Lucie.

Una doppia vita quella di Omar Mateen, divisa tra il suo lavoro, i narcisistici video su youtube con indosso divise militari e un’assidua frequentazione del Pulse.

Strage Orlando: il killer Omar era gay?

Alla CNN Yusufiy ha dichiarato che spesso Mateen si scagliava con veemenza contro gli omosessuali e ha ricordato durante l’intervista con l’emittente americana che il suo ex marito aveva addirittura perso completamente la ragione per aver visto due gay baciarsi a Miami anni prima.

L’ossessione di Mateen sarebbe stata confermata dal padre Seddique, anche lui non del tutto estraneo a rapporti con l’islamismo radicale. L’uomo conduceva un programma televisivo in California chiamato Durand Jirga, in cui esprimeva sostegno ai talebani criticando aspramente il presidente afghano Ashraf Ghani.

Secondo il genitore dell’assassino il vero movente della strage non sarebbe un legame di suo figlio con ideologie filo-ISIS, ma la sua conclamata omofobia, sebbene la stampa abbia sollevato molti dubbi sulla presunta omosessualità del killer.

L’ipotesi è nata dopo varie dichiarazioni di avventori del club che hanno detto di aver visto l’assassino almeno una dozzina di volte, sempre solo, nel locale. Le voci non sarebbero confermate ufficialmente dalla comunità Lgbt di Orlando, che parla di rumors non sostenuti da prove concrete. E’ pur vero che Omar passava diverse ore navigando con l’app Jack’d, utilizzata prevalentemente per combinare incontri tra gay residenti nella stessa zona, ma non si era mai spinto oltre il Pulse, dove varie persone ricordano di averlo incontrato spesso, mentre i gestori del locale negano queste affermazioni.

Che ruolo ha avuto la seconda moglie del killer nella strage di Orlando?

Un altro elemento su cui l’FBI sta attualmente investigando è la complicità della seconda moglie di Omar Mateen, Noor Zahi Salman, nella realizzazione del piano omicida di suo marito. Non si sa molto sulla loro relazione e nemmeno la data del matrimonio sarebbe chiara: secondo l’Associated Press si sarebbero sposati nel 2013 e avrebbero un figlio di tre anni, ma nessun altro dettaglio per ora è pervenuto sul loro rapporto.

Si indaga sulla possibilità che la donna conoscesse il piano di Mateen: la NBC ha riportato che la notte della strage Salman aveva accompagnato l’uomo in macchina al Pulse.

I registri pubblici hanno molte informazioni sulla donna: studentessa presso l’ormai chiuso Heald College-Concord, di origine palestinese, ma estranea a qualunque estremismo religioso, tanto che non indossava l’hijab, secondo un’analisi dei suoi profili social, in contrasto con i dettami del Califfato per le donne. Confermando le dichiarazioni della prima moglie di Mateen, Salman ha detto che l’uomo non era affatto religioso.

NBC ha citato fonti interne alle autorità giudiziarie che avrebbero confermato la collaborazione della moglie con il Federal Bureau of Investigation. Oltre ad aver ammesso di averlo scortato al locale dove ha compiuto la strage, la donna ha detto che era al corrente che Mateen aveva comprato alcune munizioni due giorni prima dell’attacco.

Strage di Orlando; si è trattato di un attacco terroristico?

Omar Mateen, dopo aver fatto irruzione nella discoteca di Orlando, secondo un funzionario americano, ha chiamato il 911 a circa 20 minuti dall’inizio della sparatoria, inneggiando la sua fedeltà all’ISIS e citando gli assaltatori di Boston.

Tra il 2013 e 2014, l’agente speciale dell’FBI Ronald Hopper ha indagato sull’uomo, interrogandolo ripetutamente perchè sospettato di essere un simpatizzante dei miliziani:

Quei colloqui si sono rivelati inconcludenti, quindi non c’era nulla per portare avanti l’indagine.

Mateen era stato al centro dell’inchiesta dopo aver fatto commenti sul posto di lavoro circa alcuni suoi presunti legami terroristici, ma nulla di consistente era emerso sul suo conto. Non essendoci alcuna indicazione su un futuro attacco pianificato dall’uomo, né prove per dimostrare che agiva per conto dell’ISIS il suo fascicolo era stato accantonato insieme ai centinaia di sospetti tra le mani dell’FBI in corso di valutazione.

Le sue simpatie spiegano in ogni caso il motivo per cui il caso è attualmente trattato come un probabile attacco terroristico di matrice islamica. Durante la sua adolescenza aveva già mostrato segni di vicinanza a ideologie estremiste, come hanno riportato alla stampa alcuni ex compagni del liceo dell’assassino. Pare che il killer in occasione degli attentati dell’11 settembre avesse sostenuto di essere il nipote di Osama bin Laden, come hanno detto gli intervistati, supponendo che il giovane Mateen all’epoca fosse stato colpito così profondamente dall’accaduto da vaneggiare su suoi improbabili legami con l’attentatore ed ex ricercato numero uno nella guerra statunitense contro il terrore.

L’ISIS ha rivendicato la paternità dell’attentato?

Non c’è stata alcuna presa di posizione o assunto di responsabilità sulla strage di Orlando sui forum jihadisti, ma molti sostenitori hanno reagito elogiando l’attacco su siti web pro-islamici, dichiarando che si è trattato del più grande regalo potessero ricevere con l’inizio del Ramadan. Un messaggio cifrato sarebbe giunto al Telegraph poche ore dopo l’attacco e gli analisti lo hanno associato all’agenzia di stampa dell’ISIS Amaq. Alcuni funzionari hanno citato il messaggio come una rivendicazione della strage da parte dei jihadisti, ma un’attenta analisi mostra che:

  • Il linguaggio usato non è coerente con precedenti annunci del Califfato;
  • la parola araba usata per il termine gay è stata utilizzata al posto di epiteti vari ed eventuali, cifra stilistica dello Stato islamico;
  • non si è trattato di una rivendicazione ufficiale, ma solo una constatazione post-strage sul fatto che il killer era un combattente dell’ISIS.

Perché l’arma usata nella strage di Orlando è così pericolosa?

Nel 2013 è naufragato un tentativo, limitato proprio perché tale, di far passare negli Stati Uniti una legge che avrebbe reintrodotto il bando alle armi d’assalto e limitato il numero di proiettili per caricatore. Al fallimento della proposta ha contribuito l’aspra opposizione del partito repubblicano e dei senatori del congresso inderogabilmente contrari al disegno che avrebbe potuto porre almeno un freno alla diffusione di macchine come il fucile d’assalto AR-15, già utilizzato nella strage di San Bernardino in cui morirono 14 persone.

Saltata la possibilità da anni anche di reintrodurre il "Federal Assault Weapons Ban” di Clinton, che proibiva l’uso di armi d’assalto ai civili, i controlli sui compratori di armi restano ormai una pura formalità così come i background checks. Intanto il Colt in questione, vietato dal 2004 nella vendita e utilizzo, in alcune parti dell’America ancora è facile da ottenere e la Florida è tra queste.

Il fucile d’assalto AR15 non è chiaramente pensato per l’autodifesa di civili, ma si tratta di un’arma da guerra. Basta premere il grilletto una sola volta e la prima cartuccia si scarica autonomamente, infatti l’alimentazione del fucile avviene in modo meccanico - per questo l’AR15 fa parte di quella categoria di armi chiamate semi-automatiche - dopo è sufficiente rilasciare il grilletto per la seconda cartuccia e il giro riparte.

Per questo il killer di Orlando è riuscito ad uccidere in così poco tempo un gran numero di persone, disponeva di un’arma letale, precisa e veloce. Mateen nei giorni precedenti alla strage aveva anche comprato una pistola calibro 38 Smith & Wesson, un fucile Sig Sauer e una Glock. Era giunto sul posto dell’attacco munito di un ordigno fatto poi fatto brillare dalle forze dell’ordine dopo la strage.

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