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Sorgenia, ristrutturazione del debito: nulla di fatto al vertice con 21 banche creditrici. Ecco i dettagli

martedì 4 marzo 2014, di Marta Panicucci

La coperta sembra essere corta, tanto che l’ennesimo vertice tra Sorgenia e le 21 banche creditrici si è concluso con un nulla di fatto. La questione può essere così semplificata: Sorgenia necessita di 600 milioni di euro per una ristrutturazione del debito, la Cir di De Benedetti è pronto a mettere sul piatto 100 milioni, mentre le banche creditrici, pronte a sborsare 450 milioni, ne chiedono almeno 150.

Il tira e molla sui conti va avanti, ma la distanza tra l’offerta di De Benedetti e le richieste delle banche sembra al momento incolmabile. Intanto Sorgenia continua a sprofondare con una posizionai finanziaria negativa per 1,8 miliardi.

A complicare maggiormente la situazione, scoppia il caso politico. Il Corriere della Sera accusa il presidente di Cir, Rodolfo De Benedetti di esercitare pressioni tramite il padre Carlo per ottenere dal governo il cosiddetto capacity payment. De Benedetti si difende con una lettera in cui scrive: "mi spiace constatare che si cerchi in tutti i modi, per ragioni che fatico a comprendere, di creare un caso politico su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziatori“.

Crisi finanziaria di Sorgenia
I conti di Sorgenia, uno dei principali operatori privati italiani nella produzione e vendita di energia, non vanno affatto bene. La posizione finanziaria negativa si aggira intorno all’1,8 miliardi di euro e le perdite non accennano a placarsi.

Il problema principale dell’azienda è il calo di richiesta dell’energia causata da una parte, dalla recessione economica che ha portato alla chiusura o alla riduzione del lavoro delle industrie, e dall’altra dall’utilizzo delle energie rinnovabili.

Sorgenia vanta un parco di centrali a gas tra le più efficienti, ma a causa del calo di domanda l’utilizzo delle centrali in Italia è ben al di sotto del 30-40 per cento. In altre parole, le centrali a gas di Sorgenia lavorano poco, incidendo fortemente sulla redditività del gruppo.

Andrea Mangoni, l’amministratore delegato di Sorgenia ha presentato un piano industriale che permetterebbe all’azienda di riportare in positivo i conti finanziari. Per farlo però necessita di una ristrutturazione del debito, con almeno 600 milioni considerati in eccesso.

Il vertice con le banche creditrici
Ieri si è tenuto a Milano un importante vertice tra la Cir, azionista di maggioranza di Sorgenia e i principali istituti creditori: insieme con Mps (azionista con 1,2%), Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Bpm e Portigon.

Le banche creditrici si sono rese disponibili a stralciare 450 milioni di debito, tra conversione in equity di 300 milioni e prestito convertendo da 150 milioni, ma pretendono da Cir un contributo di almeno 150 milioni di euro. La holding di De Benedetti però, non intende andare oltre i 100 milioni.

Assetto azionario di Sorgenia
Il tira e molla tra Cir e le banche creditrici non è soltanto una questione di soldi, ma anche di pesi e contrappesi all’interno dell’assetto azionario di Sorgenia.

Sorgenia è l’utility controllata dalla famiglia De Benedetti al 65% tramite la Sorgenia Holding controllata da Cir e al 35% da Verbund. Il resto è in mano al management e a Monte Dei Paschi di Siena che detiene l’1,2%.

Ecco l’assetto azionario di Sorgenia:

De Benedetti, attualmente azionista di maggioranza, si è detto indisponibile a sborsare più di 100 milioni di euro la per ristrutturazione del debito di Sorgenia. Anche perché con la conversione di buona parte del debito aziendale in azioni, le banche creditrici salirebbero in maggioranza, mentre Cir scenderebbe a una quota attorno al 30% del capitale di Sorgenia.

La Cir quindi, a maggior ragione se la prospettiva è quella di diventare socio di minoranza, non intende accettare la proposta delle banche creditrici di elargire 150 milioni di euro.

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