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Dimissioni di Matteo Orfini da commissario del PD? Ecco perché

venerdì 24 giugno 2016, di Sara Catalini

Matteo Orfini si dimette da commissario del PD a Roma? La richiesta di dimissioni di Orfini viene dal ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Quali sono i motivi?

Dopo le elezioni amministrative di Roma 2016 che hanno portato al Campidoglio il nuovo sindaco Virginia Raggi (M5S), il PD dopo i pessimi risultati elettorali deve fare il punto della situazione.

Perché la Madia chiede le dimissioni di Orfini?

Il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, si è esposta in un’intervista a Repubblica:

"Il voto ci dice una cosa chiara: nella mia città, che non è l’ultimo borgo d’Italia, siamo stati rottamati dai cittadini. Il Pd non ha saputo ascoltarli. E ci hanno punito”.

Ma le parole del ministro si tingono di una più lucida severità nel parlare di Matteo Orfini, commissario del partito di Renzi a Roma.

“Se il tappo è Orfini, allora si dimetta da commissario. Non ci possiamo più permettere ostacoli al cambiamento. In città c’è una classe dirigente giovane, agisca. Ma senza aspettare che qualche capo corrente la candidi”.

Madia ne chiede le dimissioni, auspicando un momento politico di più ampio respiro ancora da intravedere per il futuro:

“O il Pd si libera dalle piccole e mediocri filiere di potere che lo tengono ancora in pugno e torna per strada, ad ascoltare i cittadini, i loro problemi e necessità, oppure muore. Deve aprirsi, rinnovarsi. Nella capitale siamo stati travolti. E oggi siamo in mare aperto. Che però può essere un’opportunità”.

Matteo Orfini, ex portaborse di Massimo D’Alema, è stato nominato nel 2014 commissario straordinario del Pd romano da Renzi, a seguito dello scandalo generato dall’inchiesta di Mafia Capitale.

Ora da più fronti gli viene chiesto di farsi da parte e lasciare la strada spianata a una nuova dirigenza. Anche il candidato sindaco del Pd Roberto Giachetti viaggia sulla stessa lunghezza d’onda di Madia:

“Ora dobbiamo pensare al futuro, superare il commissariamento e rilanciare la politica".

Giachetti non manca di sottolineare come questa campagna elettorale ormai conclusa abbia segnato un momento di dure riflessioni in seno al partito, ripercorrendo alcune tappe che hanno portato all’attuale calo di consensi su scala nazionale con ricadute evidenti a Roma:

“Il leitmotiv della campagna in buona sostanza è stato questo: ’Peccato che sei del Pd, se no ti votavo’. Il Pd ha avuto una responsabilità. Prima con Alemanno, uno sterile consociativismo che ci ha allontanato in particolare dalle periferie: strillavano in piazza e poi chiedevano i posti nei cda. E poi con Marino. Se oggi giri e pronunci il nome di Marino la gente ti corre appresso”.

Commenti sarcastici permettendo, la vera sfida che ora deve affrontare il Pd sarà con sé stesso, scontrandosi con un riflesso che non soddisfa più le aspettative e che è molto lontano dalla cittadinanza.

Riconoscersi in quello specchio diventa difficile non solo per gli elettori che hanno virato altrove, ma anche per i membri del partito. E’ necessaria una ricostruzione o forse una decostruzione in termini positivi che possa portarlo a confrontarsi con il Movimento 5 Stelle sul piano della concretezza per recuperare terreno.

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