Petrolio: prezzi ancora in tensione. Timori per la situazione in Crimea

La tensione sui prezzi del petrolio resta molto elevata, a causa della delicata situazione geopolitica in Ucraina. L’Occidente ha già accusato Mosca di aver violato la sovranità di Kiev, occupando militarmente la penisola strategica della Crimea. Barack Obama ha dichiarato che la Russia si sta ponendo dalla parte sbagliata della storia, mentre il cancelliere tedesco Angela Merkel ha definito Vladimir Putin un uomo che ormai avrebbe perso il senso della realtà.

In questa particolare fase dei mercati, i fattori geopolitici stanno prendendo il sopravvento sull’equilibrio tra domanda e offerta. Bisogna considerare che non è solo la Crimea a far schizzare le quotazioni del greggio sui mercati internazionali, bensì anche la delicata situazione in altre zone “calde” per il petrolio come la Siria, l’Iran, l’Iraq, il Venezuela, l’Egitto, il Sud Sudan e la Nigeria.

Ieri al mercato Nymex il future sul petrolio Wti è salito fin sopra 105$ al barile, toccando il massimo più alto da oltre cinque mesi. Nell’ultimo mese il greggio con qualità West Texas Intermediate ha realizzato una performance vicina al 9%. Non si ferma nemmeno la corsa del petrolio Brent, che ieri ha toccato quota 111,8$ raggiungendo così il livello più alto da oltre due mesi.

Eppure dal lato della domanda la spinta resta molto debole, per cui appare chiaro che l’attuale boom del petrolio è dovuto quasi esclusivamente a variabili geopolitiche e alla speculazione di breve termine. Infatti i consumi sono in calo sia negli Stati Uniti che in Cina, mentre l’offerta dell’Opec è in crescita. Tra l’altro il cartello dei paesi esportatori di greggio stima un ulteriore aumento dell’offerta nel corso del 2014, grazie alla ripresa delle estrazioni in Iraq e in Iran e forse anche in Libia e in Arabia Saudita.