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Elezioni USA 2012, Obama ha vinto: previsioni sull’America che verrà
mercoledì 7 novembre 2012, di
Barack Obama ha vinto le elezioni USA 2012, resistendo alla sfiducia degli americani e convincendoli che i prossimi 4 anni, con lui al comando, saranno decisivi per far uscire il Paese dall’incerta situazione economica che sta vivendo e per proseguire sulla strada delle promesse fatte già 4 anni fa. Ha battuto Mitt Romney, soprattutto sul fronte dei grandi elettori, grazie all’Ohio, lo Stato che, come da tradizione, ha deciso il nuovo presidente degli Stati Uniti. Alla fine di una campagna elettorale estenuante (la più costosa della storia americana) e dopo l’ufficializzazione del nuovo presidente (avvenuta quando in Italia era poco più tardi delle 5 del mattino), andiamo ad analizzare gli scenari dell’America che ci aspetta per i prossimi anni.
Il punto della situazione
Obama si ritrova a governare un’America divisa, con il Senato in mano ai democratici e la Camera dei Rappresentanti in mano ai repubblicani: sotto questo aspetto, dunque, è tutto rimasto invariato. E probabilmente dovremmo aspettarci quanto è già successo nei 4 anni precedenti, quando le proposte di Obama dovettero fronteggiare i no dei repubblicani (a differenza del 2010, sono stati eletti peraltro i candidati più conservatori nelle file del Tea Party). Un Paese così diviso non potrà portare bene al futuro del Paese.
Obama è riuscito a primeggiare nei principali swing States, seppur spesso con un leggero margine di vantaggio: così è stato in Ohio, Wisconsin, Pennsylvania, Iowa e New Hampshire. Romney è riuscito invece a vincere in North Carolina.
Sul voto popolare è stata sostanziale parità, anche se Obama è riuscito a conquistare circa 2mila voti in più. Insomma, un vantaggio molto stretto, di 1 solo punto percentuale, con cui Obama è riuscito comunque a precedere Romney. La mancanza di un divario eccezionale ha fatto pensare che se ci fosse stato un candidato più convincente al posto di Romney, probabilmente Obama sarebbe ritornato allo status di cittadino privato. Ma con i "se" e con i "ma" non si fa la Storia: e la Storia scrive che per i prossimi 4 anni, Barack Obama sarà ancora il presidente degli Stati Uniti d’America.
Le sfide dei prossimi 4 anni
Le sfide che si presentano adesso sono tra le più difficili e delicate: a partire dalla gestione dei 1.000 miliardi di dollari di deficit annuale, proseguendo con la riduzione del debito nazionale da 16.000 miliardi di dollari, fino alla sofferta gestione di un Congresso diviso letteralmente a metà.
Una fatto certo è che Ben Bernanke rimarrà al suo posto alla guida della Federal Reserve, e altrettanto certo è che continuerà l’applicazione del QE 3, che prevede l’acquisto di obbligazioni immobiliari per 40 miliardi di dollari al mese, con la politica a tassi zero invariata fino a metà 2015.
Lo scoglio più difficile da sormontare sarà il cosiddetto "Fiscal Cliff": se entro l’anno non si troverà un accordo con il Congresso, gli Stati Uniti precipiteranno dalla scogliera fiscale con il serio rischio di finire in profonda recessione, visto che dal 1° gennaio 2013 verranno automaticamente applicati tagli di spesa e sgravi fiscali par al 4% del Pil USA. Una vera e propria batosta per le famiglie americane.
Lo scenario più realistico per gli Stati Uniti, tuttavia, prevede un aumento delle tasse per le fasce di reddito medio-alte e da un aumento dell’inflazione al 2,8% su base annua entro il prossimo semestre, con il greggio americano e l’oro che dovrebbero vedere aumentate le proprie quotazioni sul mercato.
Incerto, invece, il futuro di Wall Street: i titoli del settore automobilistico, energetico e tecnologico dovrebbero festeggiare nelle prime sedute, ma alcuni rumors danno la Borsa americana in discesa da fine 2012, per effetto dell’aumento delle imposte su imprese e famiglie.
Sul fronte della politica estera, invece, continuerà la politica delle sanzioni nei confronti dell’Iran, che fino a ora ha dato buoni risultati, ma si tenterà in ogni modo di accendere eventuali conflitti che potrebbero portare a una guerra. Gli Stati Uniti, sotto la guida di Obama, hanno momentaneamente abbandonato il ruolo egemone di difensore del mondo e hanno intenzione di evitare a tutti i costi una nuova guerra che non avrebbe altro effetto che quello di scialacquare le casse già povere dello Stato.
Per quanto riguarda i rapporti con l’Europa, invece, proseguirà, anche alla luce degli ultimi sviluppi e delle voci sempre più insistenti sul possibile default della Grecia, il conflitto tra una politica economica espansiva e le politiche di austerity perseguite dalla troika. Un conflitto che tuttavia riguarderà anche gli Stati Uniti stessi, all’interno dei quali si potrebbe cominciare a pensare di introdurre l’austerity per evitare il declino economico alle porte.
Buone nuove, infine, sul fronte della sanità: l’Obamacare non verrà toccata e non avverrà alcuna privatizzazione del Medicare. Continuerà invece il sostegno al welfare, uno dei punti chiave su cui Romney aveva basato la propria campagna elettorale.
Conclusioni
Insomma, si prevede un’America che cercherà di proseguire quel cambiamento su cui Obama ha lavorato in questi 4 anni, attraverso una maggiore morbidezza nelle relazioni internazionali e un rafforzamento dello stato sociale con conseguente difesa dei diritti, a partire dall’approvazione dei matrimoni gay e dal pericolo scampato di leggi razziste contro gli immigrati. Si prevede un’America più aperta e più espansiva, ampiamente disponibile anche sul fronte della green economy, delle energie pulite. Tutto questo, però, dovrà fare i conti con una crisi economica grave e profonda, con l’incubo della recessione e con un’amministrazione che dovrà parare i colpi della metà più conservatrice del Congresso.
Tempi duri, insomma, con il timore che Obama, neppure nei prossimi 4 anni, per tutti i motivi sopraccitati, riuscirà a mantenere tutte le promesse fatte. E gli americani, come dimostra anche il voto, non nascondono più di avere paura.