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Monti: non sono io a dover convincere Vendola. Senza riforme, si scordino la nostra collaborazione

domenica 10 febbraio 2013, di Piero Capello

La corsa elettorale è agli ultimi giri e le formazioni politiche tentano di difendere le proprie posizioni, magari guadagnando qualche misura.
In attesa dello sprint finale, Monti, ospite al TG di Italia Uno risponde alle domande dell’intervistatore con la calma e pacatezza che gli si confanno: nessuna nuova sotto il sole se non un rinnovato vigore infuso nella querelle con Vendola.
Per il Professore le riforme rappresentano la conditio sine qua non per fondare ogni ipotesi di collaborazione.

Vendola? Non credo dover esser io a convincerlo

Il Professore per la prima volta accenna a tirar fuori le unghie nello scontro a distanza con Vendola.
In effetti sia il presidente del SEL, che Fassina, del PD, non hanno mai ostentato simpatia nei confronti di Monti e delle sue idee relative alle riforme, in particolare quelle relative al lavoro.
Sino ad oggi il Presidente del Consiglio uscente ha sempre glissato gli attacchi di Vendola, e anche oggi non ha voluto pronunciarsi in merito.
Ma al giornalista che gli domandava in relazione a future possibili alleanze con la coalizione di Fassina e Vendola il Professore ha risposto con decisione: si levino dalla testa che ci sia la possibilità di una qualsiasi alleanza che non sia fondata sulle riforme, compresa quella del lavoro.
Monti è fermamente convinto che quella riformista sia la migliore, se non l’unica, delle strade da seguire, anche perché sarebbe quella destinata a sortire un maggior ritorno di credibilità per l’Italia.

Monti: ecco perché sono tornato in politica

Il giornalista chiede al Presidente Monti come mai sia salito in politica, correndo per la presidenza del Consiglio: è Senatore a vita e molti parlavano di una sua possibile elezione a Presidente della Repubblica.
Come mai ha rinunciato a una simile prospettiva per un’altra, per certi versi più difficile ed incerta?
Per i giovani, risponde Monti senza esitazione: il Presidente del Consiglio uscente si sarebbe domandato quale fosse la cosa migliore da fare per i giovani italiani.
La sua conclusione è stata che il solo modo per cambiare la politica e liberarla dai partiti inconcludenti (che in quattordici mesi non sarebbero riusciti a fare la sola cosa che gli era stata richiesta, cioè cambiare la legge elettorale) era candidarsi alla Presidenza del Consiglio.

E le tasse?

Monti rimarca per l’ennesima volta che la politica tenuta dal Governo dei tecnici era la sola possibile in un periodo di sfacelo economico come quello in cui versava il nostro Paese solo un anno fa.
Il Professore afferma di avere in mente una serie di misure per ridurre le tasse.
Ma a differenza di alcuni suoi avversari, Monti dice di non promettere una riduzione immediata, bensì graduale, dosata nell’arco dei cinque anni di Governo.
Si procederà infatti ad una progressiva riduzione della spesa pubblica, ma, soprattutto, ad una strenua lotta all’evasione: no ad ogni ipotesi di condono, che incoraggerebbe l’infedeltà fiscale.
Il recupero dei crediti dovuti dagli evasori permetterà di ridurre le aliquote ai cittadini regolarmente contribuenti.

Il bilancio UE

Al giornalista che gli fa presente l’insoddisfazione ostentata dai suoi avversari politici in relazione all’accordo per il bilancio UE, Monti fa mostra del proprio stoicismo.
L’accordo non è sicuramente il migliore possibile ma rappresenterebbe una vittoria inedita per l’Italia.
Se è infatti vero che l’Europa non avrebbe stanziato abbastanza risorse per incoraggiare lo sviluppo, sarebbe anche vero che il saldo netto dell’Italia sarebbe ampiamente migliorato: si sarebbe infatti ottenuto un margine di 5 miliardi di euro, decisamente maggiore rispetto a quello precedentemente negoziato dal precedente Governo Berlusconi, che era di 1,7 miliardi di euro.
Non una vittoria, dunque ma un significativo passo avanti.

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