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MPS e il tetto del 4%. I politici non vogliono perdere la leadership, ma l’Europa spinge

sabato 15 giugno 2013, di Vittoria Patanè

La rimozione del tetto del 4% che impedisce agli azionisti della banca di avere diritto di voto potrebbe finalmente essere rimossa. Nel corso del CDA di ieri, nel quale non sono mancati scontri e polemiche, è stato deciso di proporre all’assemblea che si riunirà il 18-19 luglio di rimuovere il tanto contestato limite.

Ma Siena non ci sta, la città non vuole proprio perdere la propria leadership su quella che per più di 100 anni ha rappresentato il suo fiore all’occhiello ed una delle maggiori fonti di guadagno per l’intera comunità senese. E non importa ciò che dice l’Europa, non importa ciò che è successo negli ultimi mesi, scandali, indagini, proteste sembrano contar poco, la politica locale farà di tutto per evitare che il 18 luglio questa decisione venga presa.

A dare una svolta alla situazione potrebbe essere nei prossimi giorni il Ministro dell’Economia Enrico Saccomanni. Sono in molti infatti ad aspettarsi una presa di posizione netta dalle istituzioni. Senza questa, si rischia una spaccatura profonda che potrebbe mettere a repentaglio la rimozione del vincolo.

Ancora nessuna notizia invece arriva dal fronte “ristrutturazione”. La questione verrà discussa lunedì, dopo la presentazione del piano a Bruxelles da parte del presidente Alessandro Profumo. L’Europa continua a stare sul fucile puntato, prima di dare il suo assenso ai 4,7 miliardi di Monti-bond vuole sapere tutto. Andiamo quindi a vedere quali sono le sfide che MPS dovrà affrontare nel corso dei prossimi giorni.

Il tetto del 4%

L’attuale regolamento della banca prevede che solo chi possiede un numero di azioni superiore al 4% possa votare all’interno del consiglio di amministrazione.

Allo stato attuale dei fatti, l’unico soggetto a non essere sottoposto a tale limite è la Fondazione MPS che controlla il 33,5% dell’istituto. Di fatto dunque, questa la rimozione andrà direttamente a colpire il potere di coloro che per anni hanno fatto il bello e cattivo tempo, prendendo tutte le decisioni riguardanti la banca.

I motivi della limitazione sono sempre stati spiegati sulla base di due motivazioni: impedire agli azionisti “più grandi” di scavalcare le scelte di Palazzo Sansedoni all’interno dell’CDA ed evitare l’ingresso di capitali cospicui difficilmente controllabili.

La politica senese quindi, attraverso la nomina dei vertici della Fondazione, ha sempre giocato un ruolo fondamentale.

Il controllo dell’UE

L’Unione Europea aspetta al varco Alessandro Profumo. Il presidente della banca lunedì sarà a Bruxelles per presentare il piano di ristrutturazione del gruppo. L’unico modo per ottenere il bene stare europeo sui Monti-bond è appunto quello di rimuovere il tetto del 4%, considerato un punto di partenza fondamentale per permettere l’entrata di azionisti e capitali nuovi. Ecco perché è così importante che la clausola passi nel corso della prossima assemblea.

Il nuovo statuto

Intanto le modifiche già apportate allo statuto della Fondazione rappresentano anch’esse un duro colpo per la politica senese.

In passato infatti il CDA dell’ente era formato da 16 consiglieri. Di questi, 13 venivano nominati da Comune e Provincia. Le nuove regole invece tolgono alla politica parecchio potere, riducendo a 14 il numero dei consiglieri e lasciando in mano agli enti locali la scelta di 6 di essi (4 al Comune e 2 alla Provincia).

Insomma il potere della politica c’è ancora ed è preponderante, ma queste scelte dimostrano che qualcosa comincia a muoversi in terra senese.

Le polemiche del Comune

Il sindaco di Siena, Bruno Valentini, pare però non volersi rassegnare. Dopo aver affermato che la rimozione del tetto sarebbe “una scelta avventata”, ha continuato dicendo come:

non ci sia la necessità di tempi così brevi. Quello del limite del 4% al diritto di voto mi pare un argomento importante, ma non determinante - sostiene Valentini -. Ora serve che la banca torni a guadagnare e che abbia un piano di rilancio commerciale e di risanamento che convinca la Commissione europea a confermare la legittimità del prestito governativo.

Dichiarazioni che sembrano confermare il fatto che lo scontro tra politica, banca e Fondazione non accennerà a placarsi.

Un passo indietro da parte di Viola e Profumo oggi sembra alquanto improbabile. Riuscirà la politica senese a rassegnarsi?

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