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Lavoro: l’Italia non attrae più gli investitori esteri. Ecco le ragioni
martedì 21 maggio 2013, di
Ieri a Milano sono stati presentati i risultati di un’inchiesta svolta grazie a 33 top manager americani che hanno dato la loro opinione sul grado di attrattiva dell’Italia per gli investitori esteri. Le interviste sono state svolte dall’American Chamber of Commerce in Italy e lo studio portato a termine con la collaborazione dell’Università Bocconi. Prendiamo spunto dai dati emersi da questo lavoro per fare una riflessione sull’attrattiva, purtroppo sempre più bassa, del nostro paese per gli investitori esteri.
Il punto di partenza per questa riflessione è di certo un dato di fatto: l’attrattiva dell’Italia come meta di investimenti per imprenditori esteri è in continuo calo come attestato dal numero sempre maggiore di dismissioni non bilanciato da nuove partecipazioni.
L’indagine sulle aziende Usa
La camera di commercio Usa in Italia e il professor Onida della Bocconi di Milano hanno cercato di capire quali sono gli ostacoli che il nostro paese presenta come luogo di possibili investimenti e cosa si potrebbe fare nell’imminente futuro per non far scappare le imprese pronte a scommettere sull’Italia.
Così, attraverso un questionario sottoposto a 33 manager di grandi imprese americane, è stato redatto uno studio che evidenzia i fattori di attrattiva e le priorità di cambiamento. Tra questi spiccano i soliti noti, ma le interviste evidenziano anche ostacoli finora non presi in considerazione o almeno sottovalutati.
Ostacoli per gli investitori esteri
Ad emergere come principali ostacoli all’attrattiva italiana per gli investitori esteri sono come sempre:
- i pesanti oneri fiscali a carico delle imprese,
- la scarsa efficienza della pubblica amministrazione,
- la lunghezza dei processi civili che scoraggia gli imprenditori spaventati all’idea di rimanere vittime del complesso tessuto giudiziario italiano,
- la rigidità del mercato del lavoro, problema a cui la riforma Fornero ha cercato di sopperire ottenendo, a detta di tanti, scarsissimi risultati,
- inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto pubblico,
- la totale mancanza di incentivi di attrazione per nuovi investimenti.
Ma rispetto alle precedenti inchieste sul tema, sono emerse anche nuove argomentazioni che meriterebbero di essere prese in considerazione; tra queste spiccano:
- la scarsa protezione dei diritti intellettuali, in particolare gravi carenze nel campo della regolamentazione di marchi e brevetti,
- elevati costi dell’energia, causati principalmente dallo scarsissimo uso di fonti di energie alternative, anch’esse non incentivate dallo stato italiano
- presenza sempre più forte, soprattutto in certe aree, della criminalità organizzata.
Progressi recenti
Nonostante questo, l’Italia resta attrattiva principalmente per due fattori: il capitale umano e le risorse del territorio che la rendono uno dei paesi potenzialmente più ricchi e attrattivi tra le economie mondiali.
Ai manager statunitensi intervistati per redigere il rapporto sull’attrattiva italiana è stata chiesta anche un’opinione sulle ultime politiche e riforme attuate nel nostro paese. I progressi più rilevanti sono individuati nel riordino della finanza pubblica portata a termine in maggior parte del governo tecnico; e in seconda posizione è indicata la lotta all’evasione fiscale, settore in cui resta comunque molto lavoro da fare.