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L’approccio “dovish” della Yellen spinge euro/dollaro quasi a 1,37
mercoledì 12 febbraio 2014, di
Il nuovo governatore della Federal Reserve, Janet Yellen, che dal primo febbraio ha ufficialmente sostituito alla guida dell’istituto monetario di Washington il suo ormai predecessore Ben Bernanke, giunto a fine mandato, ha parlato ieri davanti alla commissione bancaria del Senato USA utilizzando un approccio dovish (“da colomba”). Secondo la Yellen il mercato del lavoro americano non ha ancora completato la ripresa, nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso al 6,6% (dopo il crack di Lehman Brothers il paese finì in recessione con una disoccupazione al 10%, ndr). Il nuovo capo della FED, prima donna a guidare l’istituto nei suoi circa 100 anni di storia, è preoccupata per l’elevata percentuale di americani senza un lavoro e per il vasto numero di lavoratori temporanei.
La Yellen ha comunque sottolineato che nei prossimi meeting il programma di quantitative easing, ora sceso a 65 miliardi di dollari, potrebbe essere ridotto ulteriormente. La politica monetaria resterà però accomodante nei prossimi mesi, anche quando la disoccupazione sarà scesa al 6,5%. Secondo il nuovo presidente della FED, “il tasso di disoccupazione è ben al di sopra dei livelli che il Fomc considera in linea con la massima occupazione”. Insomma, dalle parole della Yellen si evince la volontà di perseguire ancora una politica monetaria espansiva, sebbene sia necessario ridurre il piano di stimolo monetario per evitare la formazione di bolle speculative sugli asset finanziari.
In ogni caso il tapering dovrebbe completarsi entro fine anno, mentre l’aumento dei tassi di interesse dovrebbe essere rimandato alla seconda metà del 2015. Sul forex le parole della Yellen hanno messo in difficoltà il biglietto verde. Il tasso di cambio euro/dollaro si è avvicinato ulteriormente a 1,37, superando la resistenza di breve periodo posta a 1,3680. In forte rialzo troviamo anche il cambio sterlina/dollaro, che si è avvicinato molto a quota 1,65. Il greenback ha perso terreno anche su dollaro australiano, dollaro neozelandese e dollaro canadese. Inoltre, la sua debolezza ha favorito un nuovo boom dei prezzi dell’oro, che ieri sono saliti ai massimi da quasi tre mesi a 1.293 dollari l’oncia.