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Investire sulla fine del mondo e altre catastrofi: i fondi tail risk
martedì 25 settembre 2012, di
Investire sulla fine del mondo, oggi, è va di moda. Nessuno scherzo: esistono fondi di investimento appositi per sperare che le cose vanno male. In tempo di crisi finanziaria ci si attrezza e se il trend è generalmente ribassista, perché non investire al contrario? I fondi tail risk servono proprio a questo: la Grecia dichiara il default? Crolla l’euro? Lo spread Btp-Bund sale a 700 punti? Gli Stati Uniti entrano in una nuova recessione? Niente paura: sarete voi a brindare.
Guadagnare se le cose vanno male
Potrebbe sembrare un po’ paradossale investire sul negativo, ma ultimamente va di moda: i fondi “tail risk” o “cigno nero”, che generalmente prevedono investimenti a lungo termine, sono tra i più seguiti ultimamente, e non è un caso. La diversificazione degli investimenti pare non essere più un’efficace soluzione per proteggersi dal “rischio estremo”. La crisi economica, invece che migliorare, peggiora ogni giorno sempre di più, mentre le sirene d’allarme suonano da più parti sotto ogni aspetto. Certo, il 21 dicembre 2012 non ci sarà la fine del mondo, ma volendo, si potrebbe investire anche su quella. Sì, perché se non sarà fine del mondo, sembra proprio che ci siamo vicini. Vicinissimi, perlomeno, siamo al collasso economico: nonostante i debolissimi segnali di ripresa, i migliori economisti (e premi Nobel) annunciano il disastro. Stiamo acquistando tempo, dicono tutti all’unisono. Prima o poi, però, la festa finirà e l’elevato livello di tossicomania in cui è caduto il mondo della finanza rivelerà le sue spore, annunciando overdose di liquidità.
Chi ha investito su questo futuro (molto fosco, a dir la verità, per gli equilibrio socio-economico-politici dei Paesi), a questo punto potrà brindare, poiché tutto quello che ha perso a causa degli annunci di Fed e BCE, gli ritornerà indietro raddoppiato (in base a quanto ha investito).
Macabro? Cattivo? Meschino? Crudele? Forse. Anzi, probabilmente sì, sotto certi aspetti. Gli investimenti ad alto rischio di questo tipo, dopotutto, non possono essere comparati al livello di un bookmaker che scommette su una vittoria dello scudetto del Pescara. Qui si scommette sulla fine del mondo, letteralmente.
A quanto riporta il New York Times, infatti, il fondo Armageddon creato da Boaz Weinstein (ex trader di Deutsche Bank che ha perso circa 1 miliardo di dollari durante la crisi) e basato sul crollo mondiale dei mercati, ha raccolto 400 milioni di dollari da parte di investitori istituzionali e 3,3 miliardi di dollari di capitali gestiti dal suo hedge fund, e tutto questo in poco più di 1 anno!
La moda di investire sul negativo è una moda prettamente (indovinate…) americana, ma ultimamente il trend sta oltrepassando l’oceano per giungere fino in Europa. Non è assurdo se si pensa che in Europa c’è uno degli scenari su cui si investe di più: la fine dell’euro, che attualmente vanta un business che supera i 3 miliardi di euro.
Stime di JP Morgan, risalenti a poco tempo fa, hanno rivelato che dai 500 milioni di dollari pre-crisi si è passati a 38 miliardi di dollari (aprile 2011) per quanto riguarda gli asset assicurati da parte dei fondi tail risk.
Il Cigno Nero: l’imprevedibile domina le nostre vite
Per approfondire meglio il discorso e comprendere la motivazione e la validità di questa tipologia di investimento, basterebbe leggere l’interessantissimo saggio di Nassim Nicholas Taleb, “Il Cigno Nero”, edito da Il Saggiatore, ma anche il suo predecessore, ovvero “Giocati dal caso”. La nostra vita è dominata dall’incertezza e così il nostro tempo, sempre più in balia dell’imprevedibile. Tutto quello che oggi diamo per scontato, per semplificare, prima che avvenisse era caratterizzato da una costante: l’imprevedibilità.
Gli eventi più importanti degli ultimi anni erano tutti assolutamente imprevedibili: dall’11 settembre all’invenzione di internet. L’autore smonta punto per punto, avvalendosi di dimostrazioni inconfutabili, che il nostro desiderio di progettare le nostre esistenze è spazzato via da molteplici variabili, che minano le nostre certezze e ci pongono di fronte all’imprevedibile.
Eppure, vista la nostra caparbietà nel voler credere che il mondo è assolutamente controllabile, l’uomo non riesce a credere a questo postulato e si trincera dietro l’illusione di mantenere il controllo. Un errore grossolano, smontato quotidianamente dagli eventi che accadono in ogni parte del globo. Da questo punto di vista la crisi dell’euro è un evento imprevedibile che ha minato le nostre certezze e indirizzato la nostra progettualità verso la consapevolezza del rischio e, di conseguenza, la necessità di una protezione. Da questo punto di vista, il fondo “tail risk” o “cigno nero” non è nient’altro che uno strumento di difesa da parte dell’investitore, il quale, mettendo i piedi su due barche, tenta di evitare di affondare. A spese del benessere comune, ovviamente.
Tuttavia si rivela un paradosso dietro questa teoria: l’investimento stesso, infatti, si basa sulla progettualità. E se avete ben compreso il concetto fin qui espresso, tutto ciò che è progettato è a rischio rottura. E così, forse, anche i fondi tail risk. Fatene buon uso.