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Invariati i tassi di interesse della Banca Centrale Europea ma l’uscita dalla crisi si allontana

venerdì 5 luglio 2013, di Felice Di Maro

Mentre i prestiti per imprese e famiglie mediamente costano sempre di più per le banche dell’eurosistema nella riunione odierna il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali ei tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale resteranno invariati al 0,50%, 1,00% e 0,00% rispettivamente. Il Presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto che la politica monetaria della Banca centrale continuerà ad essere accomodante e resterà così fino a quando sarà necessario.

Tutto Ok. Però lo spread tra Btp e Bund è sceso anche se di poco sotto quota 290 punti base e proprio dopo che la Bce ha lasciato invariato il costo del denaro per le banche dell’area euro. Si tenga conto che questo significa che le spese per interesse da pagare aumenteranno in Italia e mentre le uscite sono aumentate dell’1,3% nel primo trimestre del 2013. Al riguardo però le entrate totali sono rimaste invariate e l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche nel primo trimestre del 2013 è stato pari al 7,3% del Pil, chiaramente in aumento rispetto al 6,6% dei primi tre mesi dello scorso anno su base annua. Se non decolla la ripresa avremo ancora altre manovre. La politica accomodante della Bce penalizza fortemente l’Italia.

La stabilità dei prezzi è importante e l’inflazione è ampiamente sotto il 2%. Tutto Ok per la Bce! Naturalmente il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni diminuisce continuamente insieme ai consumi e all’orizzonte non si riscontra alcuna attenzione per il sostegno alla domanda. Draghi non spiega come la ripresa dell’attività economica potrà avvenire nel corso dell’anno e nel 2014. Quali sono le prospettive a tre e a sei mesi? Il Pil reale è diminuito del 0,3% nel primo trimestre del 2013 a seguito di una contrazione del 0,6% nell’ultimo trimestre del 2012 ma allo stesso tempo, proprio le condizioni del mercato del lavoro restano deboli. Peraltro la crescita annua dell’aggregato monetario ampio (M3) è diminuita nel mese di maggio al 2,9%, dal 3,2% di aprile e la crescita annua di M1 è sceso al 8,4% a maggio, dal 8,7% di aprile. Il tasso di variazione annuo dei prestiti al settore privato è rimasto negativo.

Gli indicatori monetari sono negativi.
Attenzione! Il tasso di crescita dei prestiti alle famiglie è restato al 0,3% a maggio, sostanzialmente invariato rispetto al corso dell’anno, il tasso di variazione dei prestiti alle società non finanziarie si è ulteriormente indebolito a -2,1% a maggio, dal -1,9% di aprile e continua ad essere negativo. Come nel mese di aprile, forti riscatti netti mensili a maggio erano concentrati in prestiti a breve termine, forse di riflesso per la riduzione della domanda di capitale circolante in un contesto di deboli ordini in primavera? Draghi lo dà per scontato ma si tratta di una goccia nel mare della crisi. Comunque più in generale, la dinamica dei prestiti è debole e continua a riflettere in primo luogo l’attuale fase del ciclo economico con il rischio di credito che è in aumento. Purtroppo la spesa pubblica è diminuita e si voglia o no la gli investimenti privati diminuiscono continuamente. La sovranità monetaria per l’Italia avrebbe permesso un equilibrio economico diverso a fronte delle manovre che sono state fatte. L’uscita dall’euro appare irreversibile se vogliamo dare un futuro al nostro paese.

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