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Grecia: le scelte di Atene e la responsabilità di Papandreou

mercoledì 2 novembre 2011, di Nadia Fusar Poli

GRECIA. Una rivolta esplosa all’interno del partito socialista del primo ministro greco George Papandreou minaccia di far cadere il governo. Il suo partito Pasok ha una maggioranza di soli 153 seggi sui 300 del Parlamento. Un membro ha disertato e molti altri hanno già annunciato di non voler sostenere la sua proposta di indire un referendum sul pacchetto di salvataggio della zona euro.
 
Gli analisti sostengono che il politicamente malconcio Papandreou potrebbe sopravvivere al voto di fiducia di Venerdì e rimanere in carica, almeno nel breve periodo, ma il vacillante appoggio di cui gode in Parlamento potrebbe essere un buon motivo per indurlo ad abbandonare il referendum che lui stesso ha proposto.
 
Se Papandreou scamperà al voto, lo scenario politico e le prospettive di una continuazione del piano di salvataggio dell’Unione europea, saranno fortemente perturbate e corrotte. 
Il problema più grande: non esiste in realtà un accordo per un nuovo piano di salvataggio. Ai summit UE di luglio e della settimana scorsa, i leader della zona euro hanno promesso che avrebbero elaborato un nuovo pacchetto di salvataggio per la Grecia per integrare i 110 miliardi di euro (152 miliardi di dollari) di aiuti concordati nel maggio2010, oggi insufficienti. La Grecia ha infatti bisogno di più soldi. Ma nonostante la promessa, nessun accordo è stato ancora raggiunto.

I programmi di salvataggio dell’UE, inoltre, implicano condizioni severe e l’assunzione di obblighi precisi. La Grecia ha dovuto approvare in Parlamento austeri piani di bilancio come conditio sine qua non per beneficiare degli aiuti. Anche senza indire un referendum, Papandreou avrebbe probabilmente dovuto far accettare un altro pacchetto di riforme da un Parlamento riluttante, per assicurarsi il secondo piano di salvataggio.
 
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Se Papandreou se ne andasse, le trattative per il nuovo piano di aiuti, e le riforme che ne conseguirebbero, ricadrebbero probabilmente sul vincitore delle nuove elezioni, se queste dovessero tenersi in tempo celere, o su un governo di "unità nazionale".
 
Il leader dell’opposizione Antonis Samaras ha detto ripetutamente che l’approccio dell’UE al piano di salvataggio, in particolare la sua richiesta di aumentare le tasse, è sbagliato. Se vincesse le elezioni, Samaras potrebbe chiedere revisioni sostanziali ai requisiti di austerità. Cosa che non sarebbe guardata con particolare favore dalla Germania e da altri paesi forti, che stanno pagando il salato conto del salvataggio della Grecia.
 
Un’altra fonte di preoccupazione è rappresentata dall’accordo provvisorio con le banche creditrici della Grecia e le altre istituzioni finanziarie per una svalutazione del 50% del valore nominale del loro debito greco. La principale lobby bancaria che ha guidato tali negoziati ha detto Martedì che la partecipazione sarà garantita – il 90% delle banche accetterà il piano – . In caso contrario l’ intero piano europeo a sostegno della Grecia crollerebbe.
 
Intanto i sondaggi mostrano che molti greci sono scoraggiati dal piano di salvataggio e dai dolorosi tagli di bilancio che questo implica. L’organizzazione della macchina elettorale potrebbe richiedere mesi e se non vi fosse alcun segno di risoluzione della crisi politica, si potrebbe giungere al risultato più sconvolgente: un default unilaterale del debito greco.

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