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Grandi Opere: 4 arresti e 51 indagati per la gestione illecita degli appalti
venerdì 20 marzo 2015, di
L’inchiesta giudiziaria conosciuta con il nome di “Sistema”, incentrata sul giro di tangenti legato agli appalti delle Grandi Opere, ha portato all’arresto di quattro persone: Ettore Incalza, storico dirigente del ministero dei Lavori Pubblici, e Sandro Pacella, suo stretto collaboratore, cui si aggiungono l’imprenditore Stefano Perotti e il presidente di Centostazioni spa (Gruppo Fs) Francesco Cavallo.
Alle quattro persone arrestate e ai 51 indagati dalla Procura di Firenze sono attribuiti i reati di corruzione, induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri crimini contro la Pubblica amministrazione.
Si tratterebbe di un sistema affaristico-criminale che vede coinvolti dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti e imprese esecutrici dei lavori.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Ros e dai pm fiorentini Giuseppina Mione, Luca Turco e Giulio Monferini, sarebbero partite dagli appalti per l’Alta velocità nel nodo fiorentino e si sarebbero poi estese a altre linee ferroviarie dell’AV del centro-nord Italia fino a comprendere ulteriori infrastrutture pubbliche come l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, l’hub portuale di Trieste e il Palazzo Italia di Expo 2015.
Ma com’è stato possibile realizzare un tale sistema corruttivo?
Lo hanno spiegato gli inquirenti ponendo l’attenzione su tre fattori-chiave che, agendo in concomitanza, avrebbero permesso di rafforzare il giro di affari illeciti: l’elusione della legge sugli appalti, la società Green Field System e la figura di Ettore Incalza.
>La legge sugli appalti viene descritta dal gip come “il grimaldello per assicurare al vincitore della gara che l’importo di aggiudicazione debba intendersi puramente indicativo, una cifra di partenza su cui calcolare rialzi già tacitamente concordati".
Questo meccanismo avrebbe consentito a Incalzi e Perotti, tramite la società Green Field System, di superare gli ostacoli burocratico-amministrativi e di gonfiare l’importo dei lavori delle grandi opere per ottenerne un guadagno illecito.
Secondo l’accusa Incalzi, nel ruolo di dirigente del ministero dei Lavori Pubblici, avrebbe favorito per anni l’assegnazione della direzione lavori delle opere pubbliche incriminate alla società di Perotti ricevendo in cambio una serie di “consulenze retribuite”.
Tale direzione applicava delle modifiche che permettevano di far lievitare il costo delle opere anche del 40 per cento, garantendosi così un guadagno dall’1 al 3% degli importi.
"Il totale degli appalti affidati a società legate a Perotti è di 25 milioni di euro", ha reso noto il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo.
Tra gli oltre 50 indagati ci sarebbero anche dei politici ma non figure di “primissimo piano” e nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Firenze compare anche Luca Lupi, il figlio del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, al quale Perotti avrebbe procurato degli incarichi di lavoro.
"Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio”
ha sostenuto Lupi.
Tuttavia qualche ora fa l’onorevole di Ncd ha dichiarato che domani rassegnerà le dimissioni da ministro definendo la sua scelta la “decisione migliore” in quanto “rafforzerà l’azione del Governo”.