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Europa: cercasi crescita disperatamente
giovedì 27 ottobre 2011, di
Europa schizofrenica. L’area dell’euro è stretta nella morsa di draconiani piani di austerità, mentre la sua priorità dovrebbe essere quella di creare crescita economica.
L’Unione europea è stretta in una morsa: deve uscire dalla crisi dell’euro, giunta ormai al culmine, ottenendo l’accordo delle banche circa l’ammontare della riduzione da applicare ai titoli greci e l’attuazione, da parte di Georges Papandreou, di un piano di riduzione del deficit senza precedenti. Allo stesso tempo, deve fare di tutto per impedire che la lotta contro il disavanzo pubblico non si traduca in una recessione prolungata. Al 31 dicembre 2010, l’Unione europea presentò un bilancio che, sino a pochi anni fa, sarebbe stato considerato inconcepibile: un deficit accumulato in 27 paesi pari a 805 miliardi di euro (6,6% del PIL) e un debito pubblico di quasi 10.000 miliardi di dollari, ovvero l’ 80% del PIL. Tutta l’Europa, Germania compresa, hanno deliberatamente ignorato quei criteri considerati di una buona gestione, che fissano il disavanzo e il debito al 3% e al 60% del PIL, rispettivamente. Per la cronaca, il debito pubblico della Germania alla fine del 2010 è stato di oltre 2.000 miliardi di euro, ovvero l’ 83,2% del PIL, mentre dichiarava un deficit di bilancio del 4,3%. In seguito alle misure di austerità, adottate dal 2010, la Grecia ha registrato un tasso di crescita del PIL negativo, di oltre il 15%. Ne vediamo ancora oggi gli effetti ad Atene: il governo socialista è stato praticamente paralizzato dalle proteste e costretto dalla troika ad annullare ciò che i suoi predecessori avevano costruito negli anni 1980-1990. Il paziente greco, morirà guarito, a forza di iniezioni di austerità?
La situazione dei paesi europei rasenta la schizofrenia. Si trovano sotto la costante supervisione delle agenzie di rating che valutano la loro affidabilità finanziaria (le stesse agenzie che non sono riuscite ad anticipare le tre grandi crisi degli ultimi anni, subprime, liquidità delle banche e debito sovrano).
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Tale monitoraggio sta costringendo i più indebitati (tra cui Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Francia e Grecia, naturalmente) ad attuare piani per ridurre il disavanzo che, in quasi tutti i casi, si traduce in primis in un aumento delle entrate, poi in nuove tasse, perché questa è la strada più semplice e veloce. Pertanto la sanzione è automatica, in termini di tasso di crescita inferiore, come la maggior parte dei paesi elencati stanno rilevando.
Ma questa politica non è sostenibile nel medio termine.
L’Europa è condannata a riprendere il cammino della crescita, in particolare attraverso importanti riforme strutturali, che non possono realizzarsi prescindendo da progetti politici compresi e accettati dall’opinione pubblica. La scala temporale non è paragonabile. "Ci viene chiesto di fare in tre anni ciò che non siamo riusciti a fare in trenta", dice un ex ministro delle finanze della Grecia.
Il fatto che l’Unione europea partorirà nei prossimi giorni, o più probabilmente nelle prossime settimane, una soluzione convincente per la Grecia avrà certamente effetti positivi, allentando la morsa finanziaria che strozza alcuni degli Stati membri della zona euro. Questo non sarà sufficiente a rilanciare il business, ma almeno potrà dare un po’ di sollievo ai governi perché la lotta contro il deficit non uccide per sempre ogni speranza di ripresa economica.