Home > Altro > Archivio > Elezioni amministrative 2016, Lega Nord: fine dell’era Salvini?
Elezioni amministrative 2016, Lega Nord: fine dell’era Salvini?
mercoledì 22 giugno 2016, di
Elezioni amministrative 2016: Lega Nord in crisi?
Matteo Salvini si è espresso sui risultati dei ballottaggi che hanno visto un flop della Lega Nord e una crescita di discontinuità nelle votazioni, segno forse della voglia di un cambiamento.
Emblematico il caso di Varese, dove il partito del Carroccio campeggiava da 23 anni, strappata da Davide Galimberti del PD, che ha ottenuto il 51,8% dei voti ed ha battuto Paolo Orrigoni.
Matteo Salvini però non ammette il fallimento della Lega, anzi commenta con una certa soddisfazione i risultati:
“Mi fa ridere chi dice che abbiamo perso. Abbiamo raddoppiato i sindaci, mi auguro di perdere così anche la prossima volta”.
La sconfitta nel nord Italia però brucia come una ferita aperta:
“Ci sono alcune sconfitte che fanno male come Varese e Milano, ma ci sono il doppio dei sindaci rispetto a quindici giorni fa”.
In un’intervista a Radio Radicale di qualche giorno fa le sue parole si erano tinte di una certa moderazione, con un mea culpa sui risultati del capoluogo lombardo:
“Non siamo stati abbastanza coinvolgenti e appassionanti perché se mezzo milione di milanesi sono rimasti a casa e non hanno ritenuto che valesse la pena di perdere tre minuti per votare per l’uno o per l’altro ne abbiamo responsabilità”.
La vittoria di Sala e la sconfitta di Parisi hanno insegnato al segretario federale della Lega e parlamentare europeo che “Il dentro tutti non paga” a suo dire e che “La minestra riscaldata non piace a nessuno”.
In sostanza la Lega Nord non ha minimamente sfondato al primo turno, confermando il suo flop al ballottaggio. Ha addirittura perso nelle città dove aveva stabilito le sue roccaforti (Varese) e non è servito allearsi in coalizione o imboccare una strada solitaria per fare presa sull’elettorato indeciso.
Elezioni amministrative 2016: perché la Lega ha fatto flop?
Il distacco della popolazione prima fedele e poi del tutto indifferente alla Lega è forse frutto di una certa saturazione, un senso di indigestione ideologica nei confronti del “Salvinismo”.
Il leader, criticato da Bossi che in queste ore sta sapientemente indirizzando le ire del partito sconfitto verso il suo illustre rappresentante, non è riuscito a imporsi nonostante l’onnipresenza che ha caratterizzato la sua vita politica nell’ultimo anno.
Lo dimostra il deserto di Bologna, Roma e Torino, veri banchi di prova per saggiare l’influenza coltivata a dovere dal segretario sul campo e nel tubo catodico.
I risultati non sono altro che spie dell’inefficienza di questa strategia comunicativa così ingombrante che mira all’accettazione per sfinimento: le sue costanti ospitati nei vari programmi di intrattenimento e informazione, i post denigratori nei confronti degli avversari sui social network, le informazioni inesatte diffuse al momento (in)opportuno, il suo mettersi in primo piano durante momenti drammatici (tutti ricorderanno le fotografie di Salvini all’aeroporto di Bruxelles-Zaventem poco dopo l’attentato di marzo).
Queste apparizioni così frequenti non hanno dato i risultati attesi, al contrario hanno contribuito a non convincere troppo gli italiani sulle intenzioni politiche del partito, il cui programma è stato invece oscurato dalla sovraesposizione mediatica del suo leader.
Un protagonismo che l’italiano medio probabilmente trova vuoto, inconsistente e inespressivo, tanto che riesce quasi ad abituarcisi e a guardargli attraverso, un pò come accade con un vecchio zio che racconta ogni volta la stessa vecchia storia cambiando di tanto in tanto il finale.
In sostanza, la massima concentrazione di un volto, qualunque esso sia, sempre, ovunque e in ogni caso genera nausea o indifferenza. Salvini ha dunque perso credibilità? Al momento è difficile dirlo, ma ora è certo che attende pazientemente il riscatto.