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Ddl Buona Scuola, D’Errico: “Scioperiamo perché questo disegno di legge venga ritirato”

giovedì 23 aprile 2015, di Roberto Golino

Alla vigilia dello sciopero del 24 aprile indetto da Unicobas, Anies e Usb contro il disegno di legge per la riforma della scuola, Forexinfo.it ha incontrato il segretario nazionale della Unicobas, Stefano D’Errico, per raccogliere il suo punto di vista sulla nuova proposta di legge firmata Renzi-Giannini. 

Come mai Unicobas, Anies e Usb hanno optato per lo sciopero contro il disegno di legge sulla scuola il 24 aprile e non il 5 maggio insieme agli altri sindacati?
La data del 24 era già stata scelta il 23 marzo ed è stata proposta anche ai Cobas, che hanno scelto di non aderire.
Tra l’altro è stata scelta questa data a ragion veduta; perché infatti, la discussione sul disegno di legge, si concentrerà proprio in questa settimana.
Dopo di che il testo verrà blindato e non ci sarà più nessuna possibilità di modificarlo o come chiediamo noi di ritirarlo. Quindi questa è la settimana decisiva, il 5 maggio rischia di essere troppo tardi.
Inoltre, noi abbiamo una piattaforma radicale sul disegno di legge; per noi va ritirato, punto. Mentre nel caso di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda che hanno indetto la manifestazione del 5 maggio, lo sciopero è sub iudice e condizionato dalle loro richieste che sono richieste di aggiustamento.

Cosa ne pensa della riforma sulla scuola?
È una riforma impresentabile e irricevibile. Tutta l’impalcatura ruota intorno ad un preside dirigente padre-padrone di tutto, ledendo la libertà di insegnamento e anche di apprendimento.
Il dirigente farebbe sparire qualunque titolarità di istituto.

Il ministro dell’istruzione Giannini ha definito la riforma rivoluzionaria...
Più che rivoluzionaria la definirei reazionaria.
La riforma prevede che i docenti neo-assunti dovranno fare un pellegrinaggio presso tutti i dirigenti di una rete di scuole molto ampia, per pietire il dirigente di turno e ottenere un incarico triennale.
Chi non otterrà l’incarico triennale farà solo supplenze e sostituzioni. Quelli che verranno assunti, saranno integrati nell’istituto, ma nel primo triennio, essendo senza articolo 18, saranno licenziabili direttamente dal dirigente senza nessuna garanzia che non sia la discrezionalità del dirigente medesimo.
Quelli che sono già nelle scuole, magari da 30 anni, qualora perdessero il posto per un ridimensionamento dell’istituto, sarebbero costretti ad andare a cercare un incarico triennale alla corte dei dirigenti della rete di scuole.
In pratica, gli insegnanti diventerebbero l’unica categoria lavorativa del pubblico a non avere più una titolarità sul posto di lavoro. Inoltre i docenti saranno subordinati al progetto educativo dei dirigenti, saranno dei semplici sottoposti.
Che fine farà quindi la libertà di insegnamento che è costituzionalmente garantita? 

Un suo commento sugli scatti di carriera in base al merito? 
In realtà, nell’ultima revisione di legge in discussione, sono stati reintrodotti gli scatti di anzianità. Sono stati stanziati inoltre circa 200.000.000 di euro con cui i dirigenti potranno premiare i docenti più meritevoli.
In verità, premieranno chi preferiscono senza alcun criterio. In un Paese familista come l’Italia, dove si premiano le amicizie e non il merito, possiamo immaginare che scenario si potrebbe realizzare.

Su cosa doveva intervenire la riforma secondo lei?
Bisognerebbe intervenire sui dati macroscopici.
Il 90% degli istituti Italiani non sono a norma per la sicurezza e solo per regolarizzare questa situazione servirebbero 13 miliardi.
L’Italia ha l’obbligo formativo più basso d’Europa; siamo quelli che spendono di meno in percentuale rispetto al PIL in istruzione, ricerca e università.
Inoltre, abbiamo le retribuzioni più basse dell’UE per gli insegnanti, pur avendo l’anno scolastico più lungo.

Avete cercato di intraprendere una forma di dialogo con il governo?
Questo è un governo molto decisionista; come il suo leader. Renzi è stato mal consigliato sulla scuola e nello stesso tempo non ha l’umiltà di capire che se continua così va a sbattere, perché non si può fare una riforma sulla scuola avendo contro sia gli insegnanti, gli amministrativi, i tecnici, gli ausiliari, sia gli studenti.

Non funziona così in democrazia.

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