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Crisi: la zona euro rischia la catastrofe

martedì 22 novembre 2011, di Nadia Fusar Poli

CRISI, ZONA EURO. Le Borse europee hanno chiuso in ribasso, archiviando la seduta di Lunedì in rosso. I mercati sono preoccupati circa un possibile stallo dei negoziati sul debito negli Stati Uniti, mentre la crisi nella zona euro sembra destinata ad aggravarsi e le prospettive di crescita tedesca sono riviste nettamente al ribasso. Con crescente fermezza e preoccupazione ci si rivolge alla BCE, auspicandone un massiccio intervento, il solo che, allo stato attuale, potrebbe scongiurare la "catastrofe".

Sale la pressione sull’Istituto di Francoforte perché faccia di più per salvare la zona euro dalla crisi del debito. Il ministro delle finanze polacco Lunedì ha messo in guardia contro il rischio di "un disastro" se la Banca centrale non si dovesse decidere ad agire.

Il numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi, ha di nuovo ribadito che la credibilità della BCE, la quale agisce "in modo indipendente", giace su una politica monetaria volta principalmente a controllare l’inflazione.

In altre parole, non si farà, almeno nell’immediato, ciò che molti vorrebbero: trasformare la BCE in un prestatore di ultima istanza perché possa acquistare obbligazioni dei paesi europei fragili in quantità illimitate, con l’obiettivo di frenare l’aumento dei tassi.

Questa posizione è sostenuta dalla Germania, visceralmente attaccata all’indipendenza della Banca centrale e preoccupata che la creazione di moneta indotta da un tale intervento possa favorire l’inflazione. Nessuna delle soluzioni avanzate nel dibattito pubblico, rappresenta una cura miracolosa contro la crisi, ha detto Lunedì il portavoce del cancelliere Angela Merkel, Steffen Seibert.

Per sostenere gli stati in difficoltà c’è l’EFSF, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF), cui lo stesso Mario Draghi ha fatto riferimento, ma che di fatto non è ancora operativo nella sua nuova forma, che prevede una potenza di fuoco aumentata a 1000 miliardi .

Per il ministro delle finanze polacco Jacek Rostowski, il cui paese presiede l’Unione europea, è già troppo tardi perché l’EFSF possa essere utile.
"I pericoli di contaminazione sono oggi più che mai grandi, e il denaro di cui abbiamo bisogno per fermarli è cresciuto perché non abbiamo agito abbastanza in fretta", ha detto in un’intervista al giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung.
L’alternativa è: o un intervento massiccio da parte della BCE o la catastrofe. Non è l’unico a pensarlo.

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La Commissione, nel frattempo, ha ricordato Lunedì che l’istituto di Francoforte ha un doppio mandato, sancito dal trattato: controllare l’inflazione, ma anche "garantire la stabilità sia dell’Unione europea in generale, che dell’eurozona in particolare ".
"Confidiamo che la banca centrale possa agire responsabilmente per raggiungere questi due obiettivi", ha detto uno dei suoi portavoce, Olivier Bailly.

La Germania alla fine accetterà che la banca centrale intervenga più pesantemente se ottiene in cambio impegni in termini di rafforzamento della disciplina di bilancio da parte dei paesi "lassisti", ha affermato un diplomatico europeo.
"Dobbiamo dare tempo ai tedeschi, che devono convincere i loro cittadini e i parlamentari", ha detto la fonte”.

A questa rigorosa disciplina fiscale, verso cui i tedeschi spingono i loro stessi partner, dovrà attenersi la stessa Germania, con più zelo di quanto previsto. La Bundesbank ha infatti rivisto drasticamente al ribasso le sue previsioni di crescita per la Germania il prossimo anno, che assume la forma di un range compreso tra 0,5 e 1%, contro l’1,8% finora.
"Un rallentamento economico è atteso per il prossimo anno, cosa che rende realistico uno scenario di base con un aumento del prodotto interno lordo (PIL) tra lo 0,5 e l’1%", ha scritto la Banca centrale tedesca nel suo rapporto di Novembre pubblicato Lunedì.

Le su precedenti previsioni per il 2012 risalgono al mese di giugno, vale a dire, prima che la crisi del debito della zona euro si aggravasse, a causa delle turbolenze sui mercati finanziari e delle paure crescenti di un rallentamento della economia globale.

Segno di una persistente sfiducia dei mercati, nonostante la vittoria prevista del Partito Popolare (PP) e le promesse di uno "sforzo congiunto" per far fronte alla crisi, i tassi dei titoli di Stato spagnoli decennali si sono impennati, fino al 6,406% di Lunedì contro il 6,345% Venerdì.

La Spagna è nel mirino dei mercati da diverse settimane e deve pagare tassi molto alti per prendere in prestito sui mercati. Lo spread tra bono spagnolo e bund tedesco, si è allargato a quasi 4,7 punti percentuali.
I governo recentemente saliti al potere nei tre paesi che si trovano nell’occhio del ciclone, (Italia, Spagna e Grecia) dovranno convincere della loro capacità e volontà di rispettare gli impegni.

L’agenzia di rating Moody’s ha aumentato la pressione sulla Francia annunciando Lunedì mattina che un aumento dei rendimenti obbligazionari francesi, unitamente all’aggravarsi delle prospettive di crescita economica, potrebbe avere un impatto negativo sul rating del paese. La tripla A della Francia, diventata ormai la priorità del presidente Nicolas Sarkozy e una sfida per l’area dell’euro, è a rischio.

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