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Crisi debito: Merkel comanda i giochi. Tutto passa da Berlino

venerdì 18 novembre 2011, di Nadia Fusar Poli

CRISI DEBITO, MERKEL- Dopo aver speso miliardi di euro, che non avevano, i governi di tutta Europa stanno scoprendo la dura realtà. Quale? Che, senza soldi, devono accettare ciò che preferirebbero non fare, cioè, prendere ordini da Angela Merkel a Berlino e Mario Draghi a Francoforte.

Serve rilanciare la crescita. Lo ha sottolineato anche Monti, ponendo questo aspetto al centro del proprio programma e di cui rappresenta uno dei tre assi portanti, insieme alla disciplina fiscale e all’equità. E’ la terapia necessaria all’Italia, così come ad Eurolandia, per risollevarsi. Senza crescita non si ottiene un debito più basso. Il problema è che Angela Merkel e il governo tedesco non hanno ancora una strategia di crescita per l’Europa e, di conseguenza, l’Europa stessa non ha ancora una strategia di crescita.

Ciò che Angela Merkel e la Germania hanno, però - frutto di anni di duro lavoro soprattutto focalizzato su su una crescita trainata dalle esportazioni, un consumo frugale e una politica di non intervento straniero - è un sacco di soldi.
Il mercato lo sa, altre nazioni UE lo sanno e, soprattutto la Germania lo sa, e chiunque voglia ricevere il sostegno della Germania ha bisogno di ascoltare molto attentamente le sue direttive, non importa cosa possa pensare la gente.

Italia e Grecia hanno ora hanno governi non eletti, che si prevede faranno approvare dure misure di austerità in cambio di assistenza. Il nuovo governo della Spagna, che sarà eletto probabimente durante il fine settimana, dovrà ottenere il nulla osta per la sua politica economica da Berlino e Francoforte.

La maggior parte d’Europa vuole che la BCE intervenga e in maniera aggressiva per acquistare bond della zona euro con l’obiettivo di allentare la morsa della crisi del debito, abbassare i rendimenti e rilanciare la crescita. Ma questo è qualcosa che la Merkel sembra non sia disposta ad accettare.

Finché non ci sarà un cambiamento del "cuore", la zona euro sarà come una forza lavoro che non crede nel proprio capo. Andrà avanti, attenendosi agli ordini impartiti, ma lamentandosi del suo boss sperando che prima o poi possa essere smentito, e licenziato.

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