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Concorrenza sleale e utilizzo delle immagini dei prodotti di altra impresa
venerdì 21 novembre 2014, di
La competizione tra le imprese comporta il rispetto di una serie di norme in grado di tutelare le imprese stesse e i consumatori che si avvalgono del prodotti messi in commercio. Sono pertanto vietati atti di concorrenza sleale diretti ad alterare le dinamiche di mercato, creando confusione tra prodotti e determinando un’alterazione dei meccanismi di competizione. E’ evidente come l’immagine e le caratteristiche dei prodotti debbano essere proposte nell’osservanza di precisi criteri e limiti.
L’art. 2598 del codice civile, norma di riferimento, individua 2 tipologie di atti, cd sleali, in quanto utilizzati dall’imprenditore per procurare a sè o per sottrarre ai concorrenti, gli strumenti di produzione o la domanda dei consumatori.
Si tratta di:
- atti idonei a generare confusione con i prodotti e con l’attività di un’impresa concorrente. L’imprenditore tenta di fare proprio il successo di un altro imprenditore; a tal fine usa nomi o segni distintivi in modo tale da creare confusione con i nomi e i segni distintivi legittimamente usati da altri, oppure imita i prodotti di un concorrente.
- pubblicità, mediante diffusione di notizie e apprezzamenti in merito a prodotti e attività di un concorrente, diretti a creare discredito (atti denigratori), oppure appropriandosi di pregi di prodotti dell’impresa di un concorrente. In questo caso si sfrutta la visibilità e notorietà sul mercato acquisita da altra impresa
Quali sono i rimedi possibili
Gli atti di concorrenza sleale sono per il nostro ordinamento dei comportamenti illeciti per reprimere i quali è possibile esercitare un’azione legale davanti al giudice. L’atto di concorrenza sleale potrà cessare mediante azione di inibizione che non richiede la prova del danno subito dall’imprenditore, essendo sufficiente la mera idoneità dell’atto a generare il danno. Il provvedimento del giudice che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano meno gli effetti negativi.
L’imprenditore che si reputa leso può altresì esercitare azione di rimozione, tendente alla distruzione delle cose nelle quali la concorrenza sleale si è estrinsecata.
Qualora sussistano il dolo o la colpa e il danno il concorrente sleale potrà essere condannato al risarcimento a meno che il danneggiante riesca a provare di aver agito senza colpa. La sentenza di condanna al risarcimento potrà essere pubblicata su giornali quale mezzo diretto a contribuire a riparare il danno.