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Cameron minaccia il Brexit se l’Europa non si riformerà

mercoledì 11 novembre 2015, di Corrado Salemi

Il governo conservatore britannico è molto serio ed irremovibile sulla richiesta di riforme all’Ue. La modifica dei rapporti tra il Regno Unito e l’Unione europea “sarà un’impresa grande, ma non impossibile”; inoltre, Londra non intende far parte di "un club della moneta unica". Così David Cameron spiega il significato della lettera che ha inviato oggi a Bruxelles e detta le condizioni per la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione.

Regno Unito e UE: le condizioni per una difficile intesa

Se l’Europa non vuole rinunciare al più grande centro finanziario mondiale, cioè la City, se non vuole perdere un prezioso alleato internazionale allora è necessario che si stipuli una nuova intesa, e affinché ciò possa avvenire Cameron chiede fondamentalmente quattro cose:

Al primo posto c’è il cosiddetto Opt-out, cioè la possibilità di autoescludersi dalla clausola dei trattati che prevede un’unione sempre più stretta. Insomma la GB non è d’accordo ad una unione effettiva e totalitaria.

Seconda richiesta: maggiore tutela per la sterlina, elemento al quale gli inglesi non rinunceranno mai. L’unione europea dovrà garantire la possibilità dell’esistenza di monete diverse nel mercato comune, evitando favoritismi per l’euro.

Terza richiesta; la possibilità dei parlamenti nazionali di rifiutare una legge Ue non gradita.

Infine, Cameron vorrebbe dire basta alla possibilità che altri cittadini europei, per il semplice fatto di risiedere in Gran Bretagna, possano sfruttare il generoso sistema di welfare.

Gli scenari in caso di Brexit

Nel caso in cui queste condizioni non fossero rispettate l’uscita della Gran Bretagna dalla zona euro sarebbe quasi inevitabile e le conseguenze economiche mondiali di un’Unione senza il Regno Unito sarebbero pesanti.
Il Brexit lascerebbe, d’improvviso, l’Europa senza capitale finanziaria, con grossissimi problemi non solo per chi opera in sterline, ma anche per chi opera in euro.

Conseguenze catastrofiche potrebbero esserci, però, anche per Londra: sembrano non temerle solo alcuni manager di hedge funds, infastiditi dalla regolamentazione di Bruxelles, rivolta alla tutela degli investitori e, solo per questo, pronti a finanziare il fronte del “No” all’Ue.

Inoltre, quasi tutti i partner economici dell’Inghilterra, come America e Cina, sono stati chiari nel ribadire che in caso di uscita i rapporti commerciali tra i rispettivi paesi subirebbero una brusca frenata, e sarebbe quasi impossibile trovare dei sostituti.

David Cameron, senza alcun tipo di timore e un po’ in barba a quanto detto sopra ha affermato che:

"Il Regno Unito è forte anche senza stare in Europa: l’Unione deve cambiare, diventare più competitiva."

"Non c’è dubbio che la Gran Bretagna possa avere successo fuori dall’Europa, la questione è se possiamo avere più successo dentro che fuori

.

Queste parole suonano come una sorta di avvertimento nei confronti della UE, anche se il premier è perfettamente consapevole delle perdite economiche a cui andrebbe incontro il suo Paese nel caso di uscita.

Insomma da oggi la famosa Brexit ha preso ufficialmente il via, sulle proposte di Cameron si inizierà a lavorare già dal vertice europeo di dicembre. Se il primo ministro non si considererà soddisfatto, forse già l’anno prossimo si andrà al referendum per l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa.

In un paese spaccato come non mai, questa decisione sembra davvero cruciale per le future strategie economiche e non a livello mondiale.

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