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Aumento dei prezzi della benzina: le conseguenze della crisi irachena in Italia

martedì 17 giugno 2014, di Simone Casavecchia

Fine settimana nero per gli automobilisti, non solo per lo sciopero di benzinai e self service ma, soprattutto, per il ritocco dei prezzi della benzina che hanno subito un aumento sensibile presso quasi tutte le compagnie petrolifere e i distributori. Tutti i marchi operanti sulla rete italiana, eccetto Tamoil, hanno, infatti, messo mano ai listini con aumenti che vanno da un minimo di 0,5 centesimi di euro a un massimo di 2,0 centesimi di euro. Al momento attuale i prezzi medi sulla rete di distribuzione sono di 1,849 euro/litro per la benzina e 1,739 euro/litro per il diesel, anche se, potrebbero continuare a salire con l’aggravarsi della situazione iraquena.

Per quanto riguarda i prezzi consigliati e i rispettivi aumenti (tra parentesi), sono indicati di seguito quelli delle principali compagnie: Q8, benzina a 1,869 (+0,010) e diesel a 1,757 (+0,010); Eni, benzina a 1,863 (+0,015) e diesel a 1,748 (+0,015); IP, benzina a 1,860 (+0,010) e diesel a 1,764 (+0,011); Shell, benzina a 1,853 (+0,020) e diesel a 1,750 (+0,020); Esso, benzina a 1,848 (+0,005) e diesel a 1,739 (+0,005); Total Erg, benzina a 1,845 (+0,010) e diesel a 1,739 (+0,005); Tamoil, benzina a 1,837 (-) e diesel a 1,727 (-).

La causa che ha spinto quasi tutte le compagnie ad aumentare i prezzi di benzina e gasolio è sicuramente la sempre più preoccupante situazione sviluppatasi in questi ultimi giorni in Iraq, e la possibilità, sempre più concreta in caso di un peggioramento delle condizioni politiche e istituzionali iraquene, di una diminuzione delle quantità di greggio e dei suoi derivati sul mercato.

In Iraq lo scontro confessionale interno alla grande famiglia musulmana ha assunto toni estremamente aspri. Miliziani sunniti dello stato islamico dell’Iraq del Levante (Isis) stanno avanzando sempre più rapidamente dalle province politicamente ostili al governo filo-iraniano (sciiti) di Nuri al Maliki verso il centro del Paese e Abu Muhammad al Adnani, un presunto capo militare dell’Isis, avrebbe anche inneggiato alla presa di Baghdad.

Anche se, secondo gli esperti militari, l’Isis non avrebbe realmente intenzione di attaccare la capitale, è arrivato a occupare Tikrit, città del nord dell’Iraq e si è spinto fino Dhuluiya, città a un centinaio di chilometri da Baghdad. Quel che più preoccupa, a livello economico e geopolitico, è il fatto che l’Isis si sia anche avvicinata a raffinerie di petrolio presenti nella regione meridionale di Baiji, zona fondamentale per il passaggio di oleodotti e per la presenza di impianti di raffinazione e abbia rafforzato la sua presenza anche nella regione occidentale di al Anbar, dove si sarebbe impossessata degli oleodotti presenti.

Mentre a Baghdad il parlamento iraqueno non è riuscito a riunirsi e a votare la richiesta di stato di emergenza avanzata dal presidente Maliki, per la mancanza dei parlamentari ostili allo stesso governo, gli Stati Uniti stanno provvedendo a evacuare i propri cittadini, sia civili che militari, dopo aver interrotto la missione di addestramento di militari iraqueni a Balad e aver alzato l’attenzione sulla propria ambasciata e i propri consolati. Il presidente Barack Obama, dal canto suo, ha affermato di non escludere nessuna opzione, tantomeno quella militare, per soccorre il governo filo-iraniano e filo-americano di Nuri al Maliki e difendere gli interessi di sicurezza nazionale americana mentre la Nato si è, invece, tirata fuori da ogni coinvolgimento nella vicenda.

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