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Anna Maria Franzoni agli arresti domiciliari. Il motivo? Non può ripetere il reato
venerdì 27 giugno 2014, di
Da oggi Anna Maria Franzoni è agli arresti domiciliari. La donna, che ha già scontato 6 dei 16 anni comminatigli per l’omicidio del figlio Samuele nel 2002, potrà così uscire dal carcere - secondo il tribunale di Bologna che ha accolto la richiesta della difesa - poiché non sussiste la possibilità che possa compiere nuovamente il gesto che le è costato la condanna. Unica limitazione, l‘impossibilità di soggiorno a Cogne.
A dare l’assenso al provvedimento, il Professor Augusto Balloni, l’esperto di criminologia che il tribunale di Sorveglianza aveva interpellato: “Dopo poco più di 12 anni dal fatto si può sostenere che non vi sia il rischio che si ripeta il figlicidio, come descritto nella sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino”. In più: “Una tale costellazione di eventi non è più riscontrabile”.
A bilanciare l’uscita dal carcere ci sono comunque alcune piccole limitazioni per Anna Maria Franzoni. Ad esempio, non potrà allontanarsi dalla provincia di Bologna e, come già detto, non potrà tornare a Cogne. Inoltre, tranne che per cure mediche, non potrà allontanarsi dal luogo di detenzione dei domiciliari ma potrà uscire per 4 ore al giorno al fine di provvedere alle “esigenze di vita legate alla gestione del nucleo familiare”.
Ricostruendo l’iter processuale del delitto di Cogne si può comprendere come si è arrivati a questa decisione. Nel 2004 la mamma di Samuele viene condannata in primo grado a 30 anni di reclusione, nel 2007 la Corte d’Assise d’appello riduce la pena a 16 anni grazie alle attenuanti generiche e nel 2008 la Cassazione conferma la sentenza d’appello. Malgrado nel 2008 una perizia psichiatrica confermasse il rischio di reiterazione del reato Anna Maria Franzoni ha goduto fino ad oggi di benefici per il lavoro all’esterno e permessi premio per stare con la famiglia.
Da aggiungere poi come da più di 10 anni il processo si sia trasformato da giudiziario a mediatico, con tutte le inevitabili conseguenze che il circus della comunicazione comporta nelle dinamiche processuali. C’è però bisogno di riflettere sull’iter e chiedersi se l’intero sistema giudiziario italiano non sia da ripensare. Può una persona condannata a 16 anni per omicidio (in primo, secondo e terzo grado) essere fuori dal carcere dopo appena 72 mesi? Difficile da dire, ci auguriamo però che la perizia di scarcerazione non sia soggetta ad errori di valutazione.