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All’estero per lavoro, italiani terzi in Europa: quanto ci costa la fuga dei cervelli?

lunedì 20 maggio 2013, di Daniele Sforza

Secondo i dati dell’Eurostat, l’Italia sarebbe terza in Europa per numero di cittadini all’estero per motivi di lavoro. Sarebbero infatti 676mila i nostri connazionali fuggiti dal Paese per andare a cercar fortuna altrove. Sul podio, sopra l’Italia, figurano solamente Romania e Polonia.

Paesi stranieri come unica opportunità

Il sentimento comune dei giovani di oggi vira per la maggior parte verso la fuga dal proprio Paese: l’80% dei giovani italiani infatti considera l’estero come unica opportunità per sperare in un futuro migliore e in un lavoro sicuro. L’unico lido sul quale approdare per fare carriera.

Il mercato del lavoro in Italia, secondo i giovani, risulta pressoché inesistente, se non quando si manifesta in tutti i suoi difetti, tra lavori in nero, precarietà e retribuzioni minime, tutti fattori che impediscono non solo di creare ma anche di immaginare un futuro.

Ecco quanto ci costa la fuga di cervelli

Per Giorgio Squinzi la fuga di cervelli ci costa ben 5 miliardi di euro. È quanto ha rivelato qualche giorno fa, denunciando vivamente il problema: “L’Italia ha regalato ai propri competitori circa 5 miliardi di euro”. La verità è che gli italiani all’estero fanno faville, passando per inventori e promotori di ricerche importanti. Un incentivo in più per sovvenzionare la ricerca scientifica, che da noi passa praticamente in secondo piano da molto tempo ormai. Sono tantissimi infatti i brevetti depositati da inventori italiani che hanno deciso di investire la propria carriera all’estero, lontani dal Paese che li ha visti crescere ma che non ha dato loro l’opportunità che si meritavano.

Un fatto molto grave questo, a cui di frequente si richiede una soluzione che tarda ad arrivare. Squinzi ha condannato l’indulgenza italiana verso la mediocrità e il nepotismo: secondo il numero 1 di Confindustria, infatti, il nostro Paese è stato colpevole di aver sottovalutato il proprio declassamento nelle principali classifiche di competitività e in questo tritacarne rientrano anche le università, soprassate da quelle asiatiche e da quelle dei Paesi emergenti.

La fuga di cervelli ci costa cara, insomma: ora bisognerebbe solo riferirlo a chi di dovere.

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