Home > Altre Rubriche > feed adnkronos
Articoli
-
Tumori, cancro vescica: 70% pazienti libero da malattia a 2 anni con terapie perioperatorie
19 ottobre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - Il 70% dei pazienti con carcinoma vescica muscolo infiltrante è libero dalla malattia a due anni grazie ad una combinazione di terapie, nello specifico un farmaco immunoterapico (pembrolizumab) più un anticorpo farmaco-coniugato (enfortumab vedotin) somministrati prima e dopo la chirurgia. Questa 'combo' non solo aumenta la sopravvivenza dei pazienti ma riduce anche del 60% il rischio di insorgenza di nuovi eventi. E' quanto emerge dallo studio Keynote-905/Ev-303 presentato al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) a Berlino e i cui risultati, per la loro rilevanza, sono stati selezionati per la conferenza stampa ufficiale del congresso.
In Italia quasi 6mila persone ogni anno vengono colpite da un tumore della vescica muscolo-invasivo: circa la metà non è idonea a ricevere la chemioterapia ed ha come unica opzione terapeutica l'intervento chirurgico (cistectomia radicale). Per questi pazienti c'è, ora, un 'tassello' che mancava: la nuova combinazione tra pembrolizumab di Msd più enfortumab vedotin, somministrata prima e dopo la chirurgia, al follow-up di 25,6 mesi riduce il rischio di insorgenza di nuovi eventi del 60% e il rischio di morte del 50% rispetto alla sola chirurgia, l'attuale standard di cura, nei pazienti con tumore della vescica muscolo-invasivo che non sono eleggibili alla chemioterapia. Più del 70% dei pazienti è dunque libero da malattia a 2 anni ed è, affermano i ricercatori, "potenzialmente guarito". "Per decenni, i pazienti affetti da tumore della vescica muscolo-invasivo non eleggibili al trattamento con cisplatino hanno avuto a disposizione opzioni terapeutiche limitate, spesso ricorrendo esclusivamente alla chirurgia", afferma Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e della struttura Dipartimentale di Oncologia Medica Genitourinaria, Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
"Lo studio - prosegue Procopio - dimostra, per la prima volta, che una terapia perioperatoria riduce il rischio di recidiva ed aumenta la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma della vescica muscolo infiltrante. La pratica clinica è destinata a cambiare con la terapia pembrolizumab più enfortumab vedotin per questi pazienti. Abbiamo oggi un risultato concreto". Nel 2024, in Italia, sono stati stimati circa 31.000 nuovi casi di tumore della vescica, che è una delle neoplasie più frequenti. Questo risultato "ci emoziona - afferma Patrizia Giannatempo, dirigente dell'Oncologia Medica Genitourinaria dell' Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - si tratta di una evidenzia molto importante per i nostri pazienti: più del 70% è libero da malattia a 2 anni e potenzialmente guarito. È un traguardo senza precedenti in una popolazione composta in gran parte da pazienti non eleggibili alla chemioterapia, finora privi di opzioni di cura efficaci".
Vedi on line : https://www.adnkronos.com/salute/tu... -
Festa di Roma, Brunori: "Mercato della musica troppo veloce, vi racconto il tempo che ci vuole"
19 ottobre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - “Il montaggio del film porta ad un sorriso finale in cui mi sono sentito molto a mio agio. Giacomo (il regista Giacomo Triglia, ndr) è stato bravo a cucirmi un vestito addosso in cui mi sento autentico. Per quanto sia un'utopia, l'autenticità è un modello a cui tendere per me, una stella polare”. In questa semplice considerazione c'è il senso di “Brunori Sas - Il Tempo delle Noci', che il protagonista Dario Brunori spiega in una conversazione con l'Adnkronos nel giorno della presentazione della pellicola alla Festa del Cinema di Roma. Diretto da Giacomo Triglia, che con Brunori collabora dal 2009, il film esplora l'universo creativo e personale dell'artista calabrese, seguendo la nascita del suo ultimo album attraverso un periodo di vita che contiene tanti momenti d'importanti, crisi, dubbi, desiderio di cambiamento. Nel mezzo la sua terra, la Calabria, e il radicamento dell'artista alla famiglia.
"Tra i momenti più significativi degli ultimi anni c'è sicuramente la nascita di Fiammetta (la figlia dell'artista, ndr), quello è stato un evento clamoroso, ma il cambiamento è un divenire”, spiega Brunori. Un'autenticità ‘controcorrente' a cui Brunori non è venuto meno neanche sul palco dell'Ariston di Sanremo, quando con ‘L'Albero delle Noci' ha raccontato proprio del suo rapporto con la figlioletta che gli ha cambiato la vita. “Non so se la mia autenticità sia eccessiva, ma se provoca una reazione che non è solo accomodante mi farebbe piacere, vuol dire che sto facendo qualcosa di buono -osserva- Che poi questo essere autentici è anche un po' empatici va bene ma mi spaventerebbe di più che ci fossero troppi sì, perché non vorrei essere troppo consolatorio o accomodante nel mio modo di essere”. E comunque, ironizza, “reagisco malissimo alle critiche, nessuno mi può criticare”.
L'ironia di Brunori, quella che contribuisce a farlo amare tanto dai fan. “Vi racconto un aneddoto- ci conferma il regista del film, Giacomo Triglia- Il produttore prima di girare mi ha detto ‘sai, vorrei che uscisse fuori anche un po' della sua ironia'. Gli ho risposto ‘non preoccuparti, il problema sarà contenerla'”. Brunori non è l'unico artista che, negli ultimi anni, ha deciso di raccontarsi non solo musicalmente ma anche attraverso il mezzo cinematografico. Lui lo spiega così: “Lavoriamo così tanto su questi dischi che ci piace anche raccontare il processo creativo, per far capire che ci vuole un tempo per le cose -dice- Non a caso il film si chiama “Il Tempo delle Noci', perché non è inteso solo come la ‘stagione delle noci', ma indica il tempo che ci vuole. Questo per me è fondamentale, soprattutto oggi che l'aspetto musicale è una cosa fugace, veloce, improntata alla produttività”.
Un tema molto caro all'artista: “Le uscite dei dischi ormai sono velocissime, si è entrati in un'ottica molto produttiva, dove predomina il mercato -scandisce- quindi nasce l'esigenza di raccontarla in un'altra maniera, di far vedere che esiste una possibilità diversa, più artigianale, del processo creativo. D'altronde ormai anche la parola scritta ha i suoi limiti rispetto all'immagine, quindi lasciamo all'immagine di raccontare quello che una volta avremmo lasciato solo all'opera”. Sull'ipotesi di risalire sul palco dell'Ariston, Dario Brunori risponde senza esitazioni: “Certo, senz'altro. Prima avevo molte remore, adesso che ho rotto il ghiaccio ci risalirei sicuramente -dice l'artista- Non in questa edizione, dove non posso proprio tecnicamente, ma in futuro non mi dispiacerebbe”. (di Ilaria Floris)
Vedi on line : https://www.adnkronos.com/spettacol... -
Attentato a Ranucci, sui social video fake Donzelli. Il deputato: "Odio su di me"
19 ottobre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - "Non so chi si sia messo a perdere del tempo così, ma trovo ignobile e pericoloso che qualcuno abbia creato un video con l'intelligenza artificiale completamente falso per attribuirmi dichiarazioni mai fatte sul grave attentato di cui è stato vittima Ranucci. A individuare i responsabili penseranno gli inquirenti, in seguito alla denuncia che sto depositando. Non hanno niente da fare meglio che spargere odio e menzogne". Lo scrive sui social il deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, pubblicando il falso video realizzato con l'intelligenza artificiale e diffuso in queste ore, riguardante l'attentato subito dal giornalista Sigfrido Ranucci.
Vedi on line : https://www.adnkronos.com/politica/... -
Tumori, cancro seno triplo negativo: con anticorpo coniugato -38% progressione malattia
19 ottobre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - Non si ferma la ricerca sul tumore al seno triplo metastatico, la forma a prognosi maggiormente sfavorevole. Nuove evidenze confermano un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione della malattia grazie ad uno specifico Adc. Tra i nuovi studi sul tumore al seno triplo negativo metastico, presentati al congresso annuale della Società europea di oncologia medica (Esmo), fa parte lo studio di fase 3 Ascent-03, i cui risultati dimostrano un miglioramento clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione di malattia con l'anticorpo coniugato sacituzumab govitecan rispetto a chemioterapia come trattamento di prima linea dei pazienti con tumore della mammella triplo negativo metastatico (Tnbc) non candidati al trattamento con immunoterapia. Questi risultati presentati all'Esmo sono stati pubblicati contemporaneamente sul The New England Journal of Medicine. Lo studio ha evidenziato una riduzione del 38% del rischio di morte o di progressione di malattia e la sopravvivenza libera da progressione è risultata di 9,7 mesi rispetto a 6,9 mesi con chemioterapia standard. Si tratta di un risultato significativo dato che non si sono verificati progressi clinici per oltre 20 anni per questa popolazione di pazienti.
"Le donne con tumore della mammella triplo negativo metastatico non eleggibili all'immunoterapia presentano una prognosi sfavorevole, con opzioni terapeutiche limitate e una rapida progressione di malattia - spiega Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo -. Sacituzumab govitecan, il primo farmaco anticorpo coniugato diretto contro la proteina Trop-2, si è già dimostrato efficace nel migliorare la sopravvivenza sia nel tumore della mammella metastatico triplo negativo che in quello Hr+/Her2-, la forma più diffusa di carcinoma mammario. I risultati dello studio Ascent-03, che ha valutato sacituzumab govitecan rispetto alla chemioterapia tradizionale come trattamento di prima linea del tumore della mammella metastatico triplo negativo, ampliano le prospettive di utilizzo di questa terapia in un setting di pazienti che presenta bisogni clinici ancora insoddisfatti. La capacità di sacituzumab govitecan di ritardare la progressione di malattia rappresenta un importante progresso terapeutico per questa popolazione di pazienti, stabilendo un potenziale nuovo standard di cura".
"Nel 2024, in Italia, sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella - afferma Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom Associazione italiana oncologia medica -. La forma triplo negativa rappresenta circa il 15% di tutti i casi di tumore del seno. È una delle più gravi e aggressive e, da sempre, fra le più difficili da trattare. Negli ultimi anni, lo scenario terapeutico è però in costante evoluzione anche in questo tipo di neoplasia e l'innovazione sta portando risultati importanti, come evidenziato nello studio Ascent-03".
Sacituzumab govitecan di Gilead Sciences è un anticorpo farmaco coniugato diretto a Trop-2. Trop-2 è una proteina di superficie cellulare altamente espressa in diversi tipi di tumore, tra cui oltre il 90% dei tumori del seno e del polmone. Le cellule del Tnbc non presentano invece recettori - cui i farmaci antitumorali si legano per agire contro le cellule cancerose - degli estrogeni e del progesterone e hanno un'espressione di Her2 limitata. Da qui la definizione di 'tumori tripli negativi'.
Il tumore del seno triplo negativo (Tnbc) - secondo gli esperti - colpisce in modo sproporzionato i giovani, le donne in pre-menopausa e le donne nere e ispaniche. La neoplasia ha un'alta probabilità di recidiva e di metastasi rispetto agli altri tipi di tumore del seno. Il tempo medio alla recidiva metastatica per il Tnbc è di circa 2,6 anni rispetto a 5 anni per gli altri tipi di tumore del seno, e il relativo tasso di sopravvivenza a cinque anni è molto più basso. Nelle donne con Tnbc metastatico, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è del 12%, rispetto al 28% per quelle con altri tipi di tumore del seno.
"Ascent-03 è il secondo studio di fase 3 con un regime basato su sacituzumab govitecan che mostra una sopravvivenza libera da progressione superiore a chemioterapia in prima linea del Tnbc metastatico, evidenziando il suo potenziale di migliorare i risultati dei pazienti con opzioni terapeutiche limitate - dichiara Dietmar Berger, MD, PhD, Chief Medical Officer, Gilead Sciences -. Con questi risultati potenzialmente in grado di cambiare la pratica clinica, sacituzumab govitecan è destinato a trasformare il panorama terapeutico in prima linea del Tnbc metastatico, offrendo una necessaria alternativa alla chemioterapia".
Vedi on line : https://www.adnkronos.com/salute/tu... -
Louvre, il clamoroso furto della Gioconda nel 1911: a rubarla un decoratore italiano
19 ottobre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - Parigi, 22 agosto 1911: un giorno che avrebbe cambiato per sempre la storia dell'arte e la fama di uno dei dipinti più celebri al mondo. Nel cuore del Louvre, la Gioconda, il celebre ritratto di Leonardo da Vinci, semplicemente scomparve. Il museo di Parigi, simbolo universale della bellezza e custode di tesori inestimabili, si trovò improvvisamente sotto i riflettori di un intrigo degno dei migliori thriller. L'opera, amata e ammirata da milioni di visitatori, era stata trafugata con una semplicità che sfidava l'immaginazione.
A rubare il dipinto fu Vincenzo Peruggia, un decoratore italiano che aveva lavorato proprio nel museo. Con un'astuzia sorprendente, si nascose negli angoli più nascosti del Louvre e, al momento giusto, si infilò un camice da addetto ai lavori. In pochi istanti, tolse la Gioconda dalla sua cornice e la nascose sotto il cappotto, uscendo indisturbato da una porta secondaria. Nessuno lo vide, nessuno sospettò.
Per due lunghi anni, la Monna Lisa rimase nascosta a Parigi, conservata come un tesoro segreto, fino a quando Peruggia, mosso da un folle e patriottico desiderio di "restituire" il capolavoro all'Italia, cercò di venderla a Firenze. Qui la storia fece il suo giro di boa: la Gioconda tornò sotto gli occhi di tutti il 4 gennaio 1914, in una cerimonia trionfale che consacrò il furto come uno degli eventi più clamorosi e affascinanti della storia dell'arte.
A scoprire il furto quella mattina del 22 agosto 1911 furono due artisti parigini, arrivati al Louvre per copiare la Gioconda: la parete che da anni custodiva l'enigmatico sorriso di Monna Lisa era spoglia. Quello che seguì fu un caso internazionale, uno scandalo culturale, un giallo degno dei romanzi più intricati. Ma a orchestrare tutto, incredibilmente, non fu un genio del crimine, né un facoltoso collezionista senza scrupoli. Il ladro si sarebbe scoperto più tardi era il decoratore italiano, un uomo semplice con un'idea fissa: riportare la Gioconda in Italia, la terra che, secondo lui, ne era la vera casa.
Vincenzo Peruggia era nato l'8 ottobre 1881 a Dumenza, un piccolo paese della provincia di Varese. Aveva imparato a dipingere pareti e a maneggiare vetri e cornici. Era emigrato a Parigi nel 1907, cercando fortuna come tanti altri connazionali. La sua salute era fragile: soffriva di saturnismo, dovuto all'inalazione di piombo presente nelle vernici. Isolato, lontano da casa, ma orgoglioso della sua identità italiana, Peruggia trovò impiego in una ditta che lo mandò anche al Louvre, dove lavorò montando vetri protettivi sulle opere esposte.
Fu lì che incontrò per la prima volta la Gioconda. Un ritratto piccolo, nemmeno il più appariscente della galleria, ma ipnotico. E, ai suoi occhi, profondamente italiano. Peruggia era convinto che fosse stata rubata da Napoleone - cosa storicamente falsa, visto che il quadro fu portato in Francia da Leonardo stesso all'inizio del Cinquecento - e decise che toccava a lui restituirlo al suo paese d'origine.
Il 20 agosto 1911, domenica, Peruggia entrò al museo e si nascose per la notte. Era tutto calcolato: il lunedì il Louvre era chiuso al pubblico. Alle prime luci del 21 agosto, indossò un camice bianco da operaio, come quelli usati dal personale del museo, e si diresse verso la Sala Carré, dove la Gioconda era esposta. Agì in pochi minuti. Staccò il dipinto dalla parete, entrò nella scaletta della Sala dei Sept Mètres, tolse con cura la cornice e il vetro, e lo avvolse nella sua giacca. Poi scese nel cortile e si diresse verso l'uscita Jean Goujon, forzando la porta con un piccolo coltellino. Nessuno lo fermò. Nessuno lo vide. Con passo tranquillo, salì su un autobus, sbagliò direzione, e finì per rientrare a casa in taxi, in Rue de l'Hôpital Saint-Louis, con la Gioconda sotto braccio.
Il furto fu scoperto la mattina seguente, 22 agosto 1911. Due artisti, Louis Béroud e Frédéric Languillerme, si recarono nella Sala Carré per copiare il quadro e trovarono solo un vuoto rettangolo bianco. Scattarono subito gli allarmi. Il capo della sicurezza fu avvisato, e in poche ore il Louvre si trasformò in un cantiere di indagini. La polizia trovò la cornice e il vetro protettivo abbandonati nella scaletta e scoprì che la porta secondaria era stata forzata. L'ipotesi che il ladro fosse un operaio fu immediata. Anche Peruggia fu interrogato, ma nulla sembrò sospetto. Aveva già nascosto la Gioconda sotto il pavimento del suo tavolo, in una cassa di legno costruita da lui stesso.
Intanto, l'opinione pubblica si scatenava. I giornali parlavano di un colpo orchestrato da un collezionista americano, o addirittura di una cospirazione internazionale. Vennero arrestati per errore persino Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, entrambi poi scagionati. Nessuno immaginava che il quadro fosse a pochi isolati dal Louvre, sotto le assi malmesse di una stanza umida.
Peruggia visse due anni da uomo invisibile. Temendo che l'umidità rovinasse il quadro, lo affidò per un periodo a un connazionale nel suo stesso palazzo. Poi lo riprese con sé, lo portò in Italia nel 1913, e si stabilì a Dumenza. Lì progettò il suo colpo finale: vendere la Gioconda agli Uffizi, con la pretesa che restasse in Italia.
Il 29 novembre 1913, scrisse sotto il falso nome di "Léonard V." al collezionista fiorentino Alfredo Geri, offrendogli il dipinto. Geri, incredulo, contattò Giovanni Poggi, direttore degli Uffizi. Organizzarono un incontro per l'11 dicembre 1913 a Firenze, presso l'Hotel Tripoli-Italia. Peruggia si presentò puntuale, aprì la valigia, e rivelò il contenuto. Poggi riconobbe immediatamente 'originale. Gli dissero che dovevano verificare l'autenticità e il giorno dopo, il 12 dicembre, fu arrestato dai carabinieri.
Il processo si svolse a Firenze il 4 e 5 giugno 1914. La stampa internazionale era presente, ma l'opinione pubblica italiana simpatizzava con Peruggia, considerandolo un patriota. La difesa sostenne che l'uomo non era del tutto lucido, e un test psichiatrico confermò un possibile squilibrio. La corte, accogliendo le attenuanti, lo condannò a un anno e 15 giorni di reclusione per furto aggravato. Il 29 luglio 1914, in appello, la pena fu ridotta a sette mesi e otto giorni. Essendo già stato in carcere in attesa del processo, fu subito scarcerato.
Dopo una breve esposizione in Italia - prima agli Uffizi, poi a Palazzo Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese - la Gioconda fu restituita ufficialmente alla Francia. Il 4 gennaio 1914, arrivò a Parigi su un vagone speciale delle ferrovie italiane. Al Louvre, la attendevano il presidente della Repubblica e il governo al completo. Era tornata a casa. Da quel momento in poi, la Gioconda non fu più solo un dipinto. Era diventata leggenda vivente.
Vincenzo Peruggia, dopo il clamore, scomparve nuovamente nell'anonimato. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, fu fatto prigioniero dagli austriaci, si sposò nel 1921 e tornò a vivere in Francia, con il nome modificato nei documenti da "Vincenzo" a "Pietro". Morì il 8 ottobre 1925, nel giorno del suo 44esimo compleanno, a Saint-Maur-des-Fossés, stroncato da un infarto. Sua figlia Celestina, nata nel 1924, ricordava che da bambina, nel quartiere, la chiamavano affettuosamente: "la Giocondina". (di Paolo Martini)
Vedi on line : https://www.adnkronos.com/internazi...





