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Crosetto: "Basta allarmismo, nessuno vuole la leva obbligatoria"
10 dicembre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - "Nessuno vuole mettere la leva obbligatoria''. Guido Crosetto, a Realpolitik su Rete4, stoppa gli "allarmismi" sulla sua proposta di tornare alla leva. Il ministro della Difesa spiega il senso del suo ragionamento, paragonandolo alla riserva che esiste in Svizzera, "di cui fanno parte praticamente tutti i cittadini che si preparano sempre" pur essendo un paese che ''da 500 anni non fa una guerra". La proposta è rivolta a "qualcuno in Italia che potrebbe dedicare un anno della sua vita, come succede in tantissime democrazie".
"Io ho posto il tema della leva volontaria, che non ha nulla a che fare con la preparazione di una guerra" e invece si continua a parlare facendo allarmismo "di leva obbligatoria, che nessuno vuole mettere", rimarca Crosetto. "Io parlo di un servizio a vantaggio dello Stato, nelle forze armate, a supporto delle forze armate che può essere fatto in molti modi", spiega.
Il ministro poi respinge le accuse di voler preparare la guerra: "Dio ci scampi da una guerra, il mio lavoro è evitare in ogni modo che questo paese corra alcun rischio. L'Italia è, in un mondo che ogni tanto perde la ragione, il Paese che cerca di mantenere la ragione all'esterno e all'interno. Nessuno pensa di obbligare i nostri figli ad arruolarsi o di creare le condizioni per una guerra", ribadisce ancora Crosetto.
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Benigni torna in tv: "San Pietro mio migliore amico, primo follower di Gesù"
10 dicembre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - "Pietro è il migliore amico di Gesù. Vi ricordate a scuola quando ci davano il tema da comporre ‘il tuo migliore amico'. Se Gesù fosse andato alle medie, avrebbe scritto ‘Il mio migliore amico è Pietro'. E ora è diventato anche il mio perché me ne sono innamorato". Così Roberto Benigni apre il suo monologo su San Pietro dal titolo ‘Pietro - Un uomo nel vento', in onda su Rai 1, Rai Radio3 e RaiPlay.
“Noi siamo qui come se niente fosse", ma in realtà "siamo in un posto unico al mondo dove non c'è mai stato nessuno. Siamo nei giardini segreti, dove solo i Papi possono venire a passeggiare. Probabilmente qui mezz'ora fa c'era Papa Leone XIV a raccogliere i fiori, viene qui tutti i giorni ad annaffiare”, dice Benigni scatenando una risata di un gruppo ristretto di spettatori, seduti in un piccolo anfiteatro allestito per l'occasione.
Dopo ‘I dieci comandamenti' e il recente spettacolo ‘Il sogno', racconta la vita dell'uomo al quale Gesù Cristo affidò la sua Chiesa. Un luogo unico, un artista e autore straordinario, amato dal pubblico, per far rivivere una vita misteriosa ed epica. "Siamo nel ‘the dark side of the Basilica di San Pietro': il lato nascosto, mai visto prima. Solo i Papi quando colgono i fiori. Ma questa sera vedremo anche il ‘the dark side of Pietro', lo vedremo come nessuno lo ha mai visto", assicura il regista e attore. Anche se di 'dark' non ha trovato nulla: "Leggendo il Vangelo si arriva a pensare che la vita abbia un senso", dice Benigni per poi raccontare l'incredibile vicenda archeologica legata alla tomba e alle ossa di Pietro.
E ancora: "Cosa ci faceva Pietro a Roma? Mica era romano: era un pescatore ebreo della Galilea, in Palestina. Voleva conquistare l'Impero romano da solo. Non con le armi, ma con un'idea. La più strana che si fosse mai sentita: l'idea di un Dio che si è fatto l'ultimo degli uomini, poverissimo, morto in croce, crocifisso come un bandito perché voleva insegnarci ad amarci l'un l'altro. Con questa idea Pietro voleva convincere i romani. Era folle, ma di una follia particolare chiamata ‘fede', che riponeva in Gesù di Nazaret. Pietro era convinto che Gesù fosse Dio, che quell'idea fosse la verità, e che alla fine tutti ci avrebbero creduto — anche i romani", racconta Benigni, definendolo “il primo follower di Gesù”.
E "voleva predicare il Vangelo senza sapere il latino. È come se un idraulico andasse a New York senza sapere l'inglese e volesse convincere gli americani non solo di aver incontrato Dio in persona, ma che sono anche amici. E poi questo suo amico è stato condannato a morte, ma prima di morire gli ha lasciato delle idee che tutti devono ascoltare. Con la differenza che Pietro rischiava la vita e lo sapeva: a New York magari ti chiudono in un manicomio".
Il premio Oscar, rivolgendosi alla platea, si chiede: “Ma cosa avrà visto Pietro per farsi travolgere in quel modo e buttarsi in un'avventura così folle, in un'impresa così impossibile? Quanta fede e passione ci vogliono per accettare un compito simile? E da dove viene un vento capace di soffiare così forte, rapirti in quella maniera e portarti così lontano, fino ai confini del mondo, fino alla morte e perfino oltre?". Quando si legge la storia di Pietro, "si ha l'impressione che una forza misteriosa si sia impossessata di lui, facendogli vivere avventure che un pescatore di quel tempo non si sarebbe mai sognato".
“Quando Pietro incontra Gesù - continua l'attore - sono coetanei, neanche trentenni. E non si capisce perché Pietro venga sempre rappresentato come un uomo anziano, calvo, con le rughe e la barba bianca. Anche Leonardo ne ‘L'Ultima Cena' lo ha rappresentato così. Sembra che Pietro sia nato già vecchio”, dice. "Quando i due i sono incontrati erano giovanissimi, questa infatti è una storia di ragazzi".
La storia di Pietro, che in realtà si chiama "Simone, figlio di Giona", comincia a Cafarnao, “un villaggio della Galilea, sul lago di Tiberiade: in quella che oggi è la Palestina, che a quell'epoca era sotto il controllo dell'impero romano, praticamente Pietro viveva in un territorio occupato", racconta quindi Benigni. E sulla sponda del lago, dove Pietro aveva le sue reti a mollo per pescare, avviene “il primo incontro con Gesù”. In pochi minuti "il Messia gli dice chi era, chi è e chi sarà, cambiandogli il nome". Pietro non si oppone e rinuncia al suo nome. "È stato un colpo di fulmine", continua l'attore, sottolineando la semplicità e la naturalezza di quell'incontro. In quel momento "Gesù gli disse, seguimi e da questo momento ti farò pescatore degli uomini". E Pietro, insieme ai suoi compagni, "arriverà a pescare fino a Roma".
"Ne avrei tante da raccontare su Pietro tra gaffe e figuracce", continua Benigni. "La sua carriera da apostolo è iniziata con lui che quasi affogava", racconta il premio Oscar, ricordando quella volta in cui Pietro era in barca per pescare nel bel mezzo di una tempesta e, a un certo punto, lui e i suoi compagni vedono Gesù camminare sull'acqua verso di loro. "E Pietro gli dice 'Signore se sei tu comanda che io venga da te camminando sull'acqua'". Pietro ci prova, "dopo qualche passo affoga, e grida 'Signore, salvami'". Per Benigni è come "quando da bambini si impara a camminare, il babbo ci dice 'vieni, vieni' e noi facciamo due o tre passi perché ci crediamo e poi cadiamo".
E come il "babbo", Gesù lo afferra per le mani e gli dice 'uomo di poca fede, ma perché hai dubitato?'. Pietro "ha fede, ma ne ha ancora poca". Lui "è come noi, si lascia sopraffare dalla paura ed ha dei dubbi". La fede "è piena di dubbi. Chi non ha dubbi non ha fede", dice il premio Oscar. "Non si dubita sul teorema di Pitagora, ma su Dio si può dubitare. Anzi si deve. Questa è una mia opinione e io la condivido", dice con ironia.
La carriera di Pietro è fatta anche di momenti in cui ha fatto spazientire Gesù: "Quando lui dice una parabola e Pietro non capisce". Come quando Gesù spiegò ai discepoli di non preoccuparsi tanto di ciò che mangiano - "una cosa su cui gli ebrei erano molto rigidi" - perché a rendere l'uomo impuro non è quello che entra nella sua bocca, ma quello che ne esce: le menzogne, le ipocrisie, le cattiverie. Pietro, però, non capì di cosa stesse parlando, e gli chiese: 'Quello che esce dalla bocca? In che senso? Che vuol dire?'. Allora Gesù gli rispose: 'Oh, Pietro, quello che esce, dai. Ma possibile che non ci arrivi mai?'. Oppure quando rinnegò Gesù per tre volte. "Esiste una teoria secondo cui sono proprio le figuracce di Pietro a dimostrare che il Vangelo dice la verità. Uno che vuole inventare una storia su Gesù e gli apostoli cerca di abbellirla".
Continua Benigni: "Pietro ci somiglia nel profondo: si arrabbia, agisce di impulso, sbaglia, non capisce, piange, ride, gioisce, si lascia emozionare proprio come noi. Io mi sento molto vicino a lui, ripercorrendo la sua storia ho pensato tante volte 'io avrei fatto la stessa cosa'". "Non ci si capacità di come Pietro sia diventato l'apostolo più importante, l'eroe della Chiesa e il primo Papa nonostante i suoi sbagli e le sgridate da Gesù. Io al suo posto avrei rinunciato". Al contrario, Pietro "non si arrende mai e non si stacca mai da Gesù". Del resto "è come se un grande regista ti scegliesse per la parte principale".
Nella celebre ultima cena, Gesù si inginocchia e incomincia a lavare i piedi ai suoi discepoli. "È come se oggi vedessimo Macron o Merz lavare i piedi a coloro che sono in fila alla Caritas o a Trump, in diretta dallo Studio Ovale, che lava i piedi ai suoi collaboratori", dice ancora con ironia.
Nel suo monologo Benigni parla quindi della rivoluzione di Gesù: ovvero trasformare una società sull'uguaglianza di tutti gli uomini. E lo fa raccontando la schiavitù in quel periodo storico: "Mi direte 'è una cosa lontana', non è vero perché esiste ancora oggi", dice il premio Oscar. "Ma ai tempi di Gesù i figli degli schiavi venivano cresciuti nei recinti come gli animali, si potevano vendere e farne ciò che si voleva. Anche ucciderli. Nessuno ci trovava nulla di strano".
L'arrivo di Gesù cambia tutto: "Lui dice che davanti a Dio non esistono più schiavi e padroni, oppressi e liberi, uomo e donna, siamo tutti fratelli e tutti uguali". Gesù "ha rotto la piramide del potere, ha portato una legge nuova: la legge d'amore, l'amore come lo intendiamo noi oggi. Gesù ha fondato l'amore, l'ha inventato".
Gesù "amo lo straniero, lo sconosciuto, il diverso e anche il nemico", dice Benigni ricordando l'insegnamento di Gesù: 'Ama il tuo nemico'. "È la frase più sconvolgente mai pronunciata sulla Terra. Lui si lascia baciare dai nemici, rinnegare, tradire, ma non smette di amare. Questa è la vera natura del Cristianesimo: non una religione di regole, ma una rivoluzione d'amore". Per questo "lo storico delle religioni Ernest Renan ha definito Gesù 'l'uomo che ha contribuito più di ogni altro a cancellare ogni distinzione di razza nell'umanità'. Nessuno prima di lui aveva pensato che si potesse fondare una società sull'uguaglianza di tutti gli uomini. Ha trasformato il mondo".
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Venezuela, l’annuncio di Trump: "Sequestrata una grande petroliera". Ira Maduro: "Ingerenza brutale"
10 dicembre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - Gli Stati Uniti hanno sequestrato una grande petroliera al largo della costa del Venezuela. Ad annunciarlo è stato oggi il presidente americano Donald Trump, in un contesto di tensioni in crescita tra Washington e Caracas.
"Abbiamo appena sequestrato una petroliera sulla costa del Venezuela, una grande petroliera, molto grande, in realtà la più grande mai sequestrata," ha detto Trump ai giornalisti. "E stanno succedendo altre cose, vedrete più tardi". E alla domanda su cosa succederà ora alla petroliera, Trump replica: "Ce la teniamo, suppongo".
Dopo l'annuncio, il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha “chiesto” “la fine dell'ingerenza illegale e brutale” degli Stati Uniti, che da agosto hanno dispiegato un importante dispositivo militare nei Caraibi.
"Dal Venezuela chiediamo ed esigiamo la fine dell'ingerenza illegale e brutale del governo degli Stati Uniti in Venezuela e in America Latina", ha dichiarato Maduro durante una manifestazione organizzata lo stesso giorno della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la pace a Oslo, alla quale non ha potuto partecipare la vincitrice, la leader dell'opposizione venezuelana Maria Corina Machado.
Impegnati da mesi in una campagna di pressione militare sul Venezuela, con le ripetute minacce pubbliche di Trump nei confronti di Nicolas Maduro, gli Stati Uniti stanno intanto lavorando a piani per il "day after" in caso dell'uscita di scena del leader venezuelano. Piani che Trump sta facendo preparare, in modo riservato, al Consiglio per la Sicurezza Interna della Casa Bianca, guidato da uno dei suoi consiglieri più fidati Stephen Miller, che lavora in stretto contatto con il segretario di Stato, e consigliere per la Sicurezza ad interim, Marco Rubio, hanno rivelato alla Cnn due fonti dell'amministrazione Trump.
Secondo queste fonti, i piani comprendono diverse opzioni per le azioni che gli Usa potrebbero intraprendere per colmare il vuoto di potere o stabilizzare il Venezuela nel caso che Maduro lasciasse il potere nell'ambito di un'uscita negoziata o fosse costretto a lasciarlo a seguito di raid mirati Usa all'interno del Paese o altre azioni dirette.
Il dispiegamento di forze navali di fronte alle coste del Venezuela, e le decine di raid che sono in questi giorni al centro di un acceso dibattito politico a Washington, vengono ufficialmente giustificati come parte della guerra ai narcotrafficanti, che l'amministrazione Trump considera narcoterroristi. Ma funzionari dell'amministrazione non esitano ad ammettere che l'operazione è un chiaro segnale del fatto che Trump sta considerando di costringere Maduro a lasciare il potere.
Trump continua intanto a ripetere di "non escludere nulla" sul Venezuela e che "Maduro ha i giorni contati", come ha fatto in una recente intervista a Politico.Secondo la Cnn non vi sarebbe però all'interno dell'amministrazione una posizione unitaria a riguardo, ma posizioni nettamente contrastanti su una possibile azione militare o clandestina per rimuovere Maduro.
E secondo le fonti dell'amministrazione citate non vi sarebbe un grande desiderio di aumentare l'impegno degli Usa in Venezuela, anche se Trump si è rifiutato di escludere una partecipazione diretta in un'operazione di "regime change" e quindi i piani che sta elaborando il White House Council prevedono anche questa opzione. "E' il compito del governo federale essere sempre pronto per il piano A, B e C", afferma un alto funzionario dell'amministrazione, notando che il presidente non farebbe le minacce che fa se non avesse un team pronto con una serie di opzioni per ogni possibile scenario.
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Tatiana Tramacere: "Dragos mi ha aiutata, mi scuso ma non è stata una bravata"
10 dicembre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - "Mi auguro di uscire da questo casino, spero. Dragos mi ha ospitata, mi ha dato una mano, mi ha accolta. Non si può dire che mi ha tenuta. Tutto qui. Vorrei comunque chiedere scusa a tutti, alla città di Nardò, alle forze dell'ordine, ai giornalisti". Così Tatiana Tramacere, la 27enne studentessa di Nardò, in provincia di Lecce, scomparsa il 24 novembre scorso e trovata viva giovedì sera sempre nella cittadina salentina, nell'intervista alla trasmissione di Rai Tre 'Chi l'ha visto?'.
"Ho sentito e ho visto alcuni commenti. Per questo - spiega ancora Tatiana - ho chiuso tutti i profili. Non l'ho fatto per popolarità, non ha senso, sinceramente. Solo perché scrivo le frasi e le poesie, vuol dire che voglio diventare famosa? Alla fine la gente può pensare quello che vuole: so io quello che ho fatto e perché l'ho fatto. Ci sono questioni fisiche. Da due anni affronto qualcosa e quando si avvicina il giorno di un controllo io scappo, evito di affrontare la cosa. Per non sapere come procede quello che ho, scappo".
Quanto a Dragos, il 30enne di origine rumene che l'ha accolta nella sua mansarda per dieci giorni, la giovane ha detto: "Mi ha aiutato, non mi ha giudicata. Non ha fatto nulla, mi ha solamente accolta e ascoltata. E' stato un amico molto affidabile, mi ha protetta e mi ha sempre aiutata. Non ha fatto nulla di male, chiariamo. Non ha colpe lui e io, anche se ho sbagliato con atteggiamenti e comportamenti magari immaturi. Ma l'ho fatto per un motivo, per qualcosa che è dentro di me: non è stata una bravata". "Troppo banale come spiegazione quella dei social", ha chiesto l'intervistatrice: "Esatto, c'è qualcosa di più intimo".
Tatiana ha poi detto di non aver previsto quanto potesse durare la permanenza segreta in quella mansarda: "Non lo so, non avevo previsto nulla. E' successo tutto così. Quella sera dovevo tornare a casa dopo aver visto lui (Dragos ndr)". La giovane, rispondendo a una domanda della giornalista, si è definita "fragile e confusa. Ognuno affronta un periodo buio in cui non riesce a parlarne con qualcuno. Anche le scelte sbagliate non danno il diritto alle persone di parlarne e di insultare, che sia io o un'altra ragazza o un ragazzo: se non si conoscono o se non si affrontano le cose, non si dovrebbe parlare".
Alla domanda se aveva capito che tutti parlavano di lei e se sapeva degli appelli dei genitori in tv o nei tg, ha spiegato: "Non ho visto niente: l'unica volta è stata quando il ragazzo (Dragos ndr) mi ha detto che è stato intervistato e stava succedendo un casino, gli ho detto 'stasera torno'. E poi il giorno dopo sono venuti i carabinieri". E poi perché sei andata nell'armadio?, ha insistito l'intervistatrice. "Ho avuto paura, il panico e io quando ho paura mi nascondo. Quando ho sentito le urla mi sono spaventata. Dragos è stato l'unico che mi ha ascoltata senza giudicarmi e senza dire nulla. Mi ha semplicemente accolta", ha poi ribadito Tatiana.
I due giovani sono intanto stati ascoltati nuovamente dagli investigatori nei giorni scorsi per comprendere i contorni della vicenda. La giovane, dopo la denuncia presentata alcuni giorni dopo dalla famiglia Tramacere, gli appelli in tv e le ricerche a tappeto dei carabinieri, in realtà si trovava vicinissima a casa. Allo stato non vengono individuati reati. Comunque, alla fine, quando saranno raccolte tutte le carte e completati gli accertamenti ci sarà una valutazione definitiva da parte dei magistrati. In ogni caso, se pure dovessero essere individuati, non si tratterebbe di reati gravi.
"Per quanto riguarda gli originali capi di imputazione, oggetto della sommaria incolpazione" riportati "nel verbale di perquisizione e sequestro, ovviamente sono venuti meno per fatti concludenti. Erano reati gravi: omicidio aggravato e occultamento di cadavere", aveva detto intanto l'avvocato Angelo Greco, legale di Dragos Gheormescu.
"Vivevano un momento di affetto, di sentimento, di innamoramento che magari ha alterato tutto", ha aggiunto rispondendo a una domanda circa il tempo che è passato dalla scomparsa che ha allarmato la famiglia, l'opinione pubblica e ha messo in moto la 'macchina' delle ricerche. L'avvocato ha detto di non sapere se il suo assistito è indagato per altri reati.
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Sgarbi e l’offesa a Casalino, sì al procedimento: il voto della Giunta
10 dicembre, di [email protected] (Web Info)(Adnkronos) - Sì al procedimento contro Vittorio Sgarbi per l'insulto a Rocco Casalino. E' quanto stabilito con voto unanime dalla Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera, che si è espressa in favore della richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla Corte d'Appello di Roma nei confronti dell'ex sottosegretario Sgarbi, accusato di aver diffamato il giornalista, ex portavoce del premier Conte. Il critico d'arte nel corso di un intervento in tv usò frasi offensive contro Casalino. Dopo il voto, l'assemblea della Camera dovrà esprimersi su quanto deciso in giunta.
La Giunta, a quanto si apprende ha ritenuto che l'espressione usata da Sgarbi nei confronti di Casalino non possa essere coperta da insindacabilità perché l'insulto, oltretutto di natura omofobica, non ha mai copertura costituzionale. La vicenda arrivata sul tavolo dell'organismo di Montecitorio risale al 30 gennaio 2020 quando, durante il programma 'Stasera Italia' su Rete 4 Sgarbi attaccò il portavoce del premier Conte, Rocco Casalino, definendolo "una checca inutile".
"Che passi il principio sacrosanto che un insulto, oltretutto di natura omofobica, non ha mai copertura costituzionale, mi pare un dato significativo, soprattutto se fatto proprio da un organismo della Camera dei Deputati. Tanto più significativo se, come successo in Giunta, viene sostenuto da un voto unanime di tutte le forze politiche, non solo quindi da quelle a cui mi riconosco più vicino". dice Casalino commentando il voto all'Adnkronos.
"Detto questo -prosegue Casalino- bene che la politica non interferisca con il corso della giustizia, al netto delle garanzie previste per i parlamentari. Infine spero che anche lo stesso Vittorio Sgarbi possa riflettere sul peso delle parole, pronunciate pubblicamente contro un avversario politico".
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