Digital Scenario

Digital Scenario

di Matteo Pogliani

Gli influencer virtuali come estensione e non sostituti dei creator umani

Matteo Pogliani

2 settembre 2022

Gli influencer virtuali come estensione e non sostituti dei creator umani

La presenza degli influencer virtuali è in crescita e si affianca a quella dei creator umani, come interagiranno in futuro?

Una delle nostre tendenze, soprattutto quando parliamo di innovazione, è quella di ragionare in termini di sostituzione e non di estensione. Pensiamo al metaverso come alternativa ai nostri spazi di socialità e non, come dovremmo, a una loro versione “aumentata”, un add-on da sfruttare per migliorare le nostre opportunità.

Probabilmente perché risulta più facile fare ciò che non comprendere come integrare queste innovazioni, trovando (o creando) punti di connessione utili a un’attivazione sinergica.

Una tendenza che è molto evidente quando parliamo di un’altra delle next big thing lato digital: gli influencer virtuali. Questi non sono e non saranno mai sostituti dei creator umani, ma senza dubbio andranno ad affiancarli (cosa a cui già assistiamo nei mercati asiatici per esempio), offrendo forme diverse di narrazione e connessione emotiva con gli utenti.

Pur essendo dichiaratamente irreali, creati a tavolino così come ogni esperienza e contenuto che raccontano, questi sono capaci di creare una forte connessione con gli utenti e un impatto, anche alto di conversione, di grande portata.

Basta guardare le audience di molti di questi influencer, la loro capacità di generare interazioni, ma non solo. Noonoori, una delle più note influencer virtuali, quando crea un contenuto #ad con un brand riesce a performare meglio che con i contenuti organici. Qualcosa che è assolutamente inusuale.

Tensioni sociali quanto mai reali

L’influenza dei meta influencer sta nelle aspirazioni e nelle tensioni sociali che essi riescono a trasmettere, generando, conseguentemente, empatia e quindi connessione. Un punto fortemente connesso alla credibilità e alla spontaneità. Siamo infatti abituati da tempo a contenuti «costruiti» anche quando questi sono realizzati da persone reali. Il dichiararsi, sin dall’inizio, come fittizi degli influencer virtuali pone un livello di onestà molto alto e concreto, elemento che è sempre un forte driver a livello di relazione.

Un altro punto chiave è la valenza del racconto, della narrazione. Non reale, non significa meno vero, almeno nella percezione. Le storie, la narrazione che contenuto social dopo contenuto gli influencer virtuali producono sono assolutamente reali, credibili, immersivi in quello che fanno provare agli utenti che li seguono.

In fondo è un qualcosa a cui siamo già abituati: un film, un libro non devono per forza raccontare storie realmente accadute per generare in noi sentimenti, trasporto, connessioni emotive.

Ne deriva che il grossissimo lavoro quando parliamo di influencer virtuali non è solo nella loro creazione e nella tecnologia da padroneggiare, ma nella creazione del personaggio e in un profondo impegno a livello editoriale per creare un percorso reale e d’impatto per gli utenti.

Questo resta, a mio avviso, lo scoglio più grande nella creazione da parte dei brand dei propri virtual influencer. La necessità di dover integrare in modo limitato e con i giusti tempi prodotti e servizi, dando priorità alla narrazione del personaggio, decisiva per creare seguito e posizionare l’influencer. Qualcosa di poi non troppo lontano di quanto accade, o dovrebbe, con i creator umani.

Il ruolo della tecnologia nella gestione degli influencer virtuali

Parlare di narrazione e posizionamento è senza dubbio una necessità, ma la tecnologia ha e avrà comunque un ruolo importante. L’innovazione sta rendendo, infatti, sempre più semplice la creazione, animazione, e gestione di questi avatar virtuali, offrendoci la possibilità di dar vita a contenuti sempre più qualitativi e vicini alla realtà.

Altro punto chiave l’utilizzo dell’Ai e del machine learning, strumenti che potrebbero, in futuro, dare vita e coscienza reale a questi influencer. Gli avatar potrebbero imparare e rispondere direttamente agli utenti, innalzando ancor di più il coinvolgimento e il livello di interazione offerto ai follower.

Grazie all’intelligenza artificiale, questi avatar possono analizzare grandi quantità di dati per rispondere nel modo più pertinente possibile in base al contesto.

“Libertà” che può essere utilizzata anche dal lato live, permettendo l’utilizzo di questi creator virtuali anche per forme di contenuto e canali diversi, ma sempre più rilevanti (Twitch, Instagram Live, YouTube).

L’Ai permetterà inoltre a questi creator di essere impiegati per generare non solo consapevolezza ma anche lato assistenza clienti, offrendo un’esperienza qualitativa e personalizzata.

Un ottimo esempio sono gli “umani digitali” di Userbot, startup italiana specializzata nell’offrire soluzioni Ai per supporto clienti e attività di vendita. Sostituti credibili che mettono gli utenti maggiormente a loro agio, aggiungendo però opportunità che un team di customer care non potrebbe dare: orari, know-how, disponibilità.

Un domani gli utenti potrebbero non solo quindi seguire con grande interesse un creator, convincendosi grazie a lui ad acquistare un prodotto o un servizio, ma potrebbero trovarsi, come assistente nell’e-commerce di brand, il creator virtuale stesso. Un journey “completo” e più immersivo, basato fortemente sulla relazione.

Matteo Pogliani

Partner e Digital Strategist di Openbox, agenzia specializzata in Social Media e Influencer Marketing.

Altri blog

Communication, simplified

Communication, simplified

Di Andrea Zagnoli

Gold is Money

Gold is Money

Di Andrea Cecchi

dumb res

dumb res

Di Fiorella Elisa Georgel

Archivio