Sai che se il datore di lavoro non ti riconosce un aumento di stipendio dovuto potresti aver diritto agli arretrati? Ecco cosa prevedono le norme sul diritto del lavoro.
Quando lo stipendio è più basso rispetto a quello effettivamente dovuto, il lavoratore potrebbe rifarsi contro il datore di lavoro e fare richiesta per gli arretrati di quanto non corrisposto.
Tante volte abbiamo ribadito l’importanza per cui ogni lavoratore dipendente deve essere adeguatamente preparato in merito a quelli che sono i propri diritti, così da poter tempestivamente intervenire laddove gli vengano negati.
Ne è la dimostrazione quanto vi spiegheremo in questo articolo, che potremmo definire come una guida a quelle voci che potrebbero non essere riconosciute in busta paga pur rappresentando un diritto del lavoratore. La buona notizia è che quanto perso può essere recuperato, in quanto la normativa prevede la possibilità che se ne possa fruire a titolo di arretrato.
È importante quindi conoscere qual è il contratto collettivo applicato, nonché le regole per il calcolo della retribuzione così da non risultare impreparati quando arriva la busta paga e si vuole conoscere il significato di ogni singola voce.
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In tal caso, laddove dovesse emergere qualche dubbio potete rivolgervi a un esperto il quale vi saprà dire se effettivamente c’è un errore da parte del datore di lavoro. Non è detto d’altronde che questo sia in cattiva fede: possono esserci errori commessi anche solo per ignoranza delle norme o perché non informato sui termini del rinnovo di contratto di quello specifico settore.
Le regole da seguire per la quantificazione dello stipendio
Prima di vedere quali sono gli arretrati che potrebbero spettare sullo stipendio, è bene ricordare quali sono le regole a cui l’azienda deve attenersi per il calcolo della retribuzione. In particolare, le “fonti” sono:
- le norme nazionali, come Costituzione e leggi;
- la contrattazione di primo livello;
- la contrattazione di secondo livello.
L’ordine gerarchico prevede quindi che la legge abbia dominanza sulla contrattazione collettiva, anche in assenza di una norma che ad esempio regola un importo per il salario minimo.
Ne ha dato conferma anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27711 del 2023, nella quale si legge che il datore di lavoro deve in ogni caso tener conto di quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione essendo dunque “proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro” nonché “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
In caso di errori nel calcolo dello stipendio, di aumenti non corrisposti o di emolumenti non pagati, il dipendente ha la facoltà di rifarsi contro il datore di lavoro richiedendo anche le somme arretrate.
Quali sono gli arretrati che si possono richiedere al datore di lavoro
Come anticipato, esistono diverse ragioni che possono portare a un calcolo errato dello stipendio e a somme non corrisposte al dipendente.
Ad esempio, potrebbe succedere che il datore di lavoro mantenga lo stipendio stabile nel tempo non riconoscendo quegli aumenti che invece spetterebbero di diritto. Secondo la normativa, infatti, ogni retribuzione beneficia di un aumento per:
- anzianità, con il Contratto collettivo di riferimento che fissa la scadenza per ogni scatto (in alcuni casi è biennale, in altri è quinquennale);
- cambio mansioni. In tal caso, laddove ne dovesse seguire un aumento della responsabilità nonché della professionalità richiesta il datore di lavoro è obbligato a promuovere il dipendente facendolo avanzare di livello (con conseguente aumento della retribuzione);
- rinnovo del contratto di primo o secondo livello, con il datore di lavoro che dovrà adeguarsi obbligatoriamente ai nuovi importi minimi.
Ma potrebbe essere che sia proprio il contratto collettivo applicato a non prevedere un importo adeguato alla quantità e alla qualità del lavoro, violando così quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione.
O ancora, potrebbe succedere che l’azienda non paghi le ore di straordinario effettuate, oppure che non effettui alcun pagamento di tredicesima e quattordicesima, come pure di altre indennità specifiche riconosciute dalla contrattazione collettiva.
La prescrizione dei crediti da lavoro
Trattandosi di veri e propri diritti del lavoratore dipendente questi possono essere percepiti anche in un secondo momento, compresi di arretrati. Ma è bene sottolineare che per la richiesta degli arretrati ci sono dei limiti temporali in quanto anche i crediti da lavoro (come possono essere gli aumenti non riconosciuti) sono soggetti a prescrizione.
La durata è quinquennale ma va fatta chiarezza su come si calcolano i termini della prescrizione. Come spiegato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 1959 del 30 settembre 2022 per quanto riguarda i crediti di lavoro il termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere solamente dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Il che significa che in costanza di rapporto di lavoro si possono richiedere gli arretrati a cui si ha diritto senza alcun limite temporale, mentre dopo la cessazione solamente quelli riferiti agli ultimi 5 anni di lavoro.
Come chiedere gli arretrati della busta paga
La prima cosa da fare è rivolgersi a un esperto - che può essere un consulente del lavoro o anche un sindacato rappresentativo nel vostro settore di impiego - per valutare se ci sono importi mancanti in busta paga o comunque se lo stipendio percepito non è conforme ai requisiti fissati dalla legge.
In tal caso dovrete decidere come procedere, per quanto il consiglio è di farlo solamente dopo aver consultato un avvocato che sarà sicuramente consigliarvi su quali sono le modalità per richiedere quanto spetta compreso di arretrati.
Dopo una possibile conciliazione con l’azienda, che è sempre un passaggio consigliato, ci sono perlopiù due possibilità: la vertenza sindacale o la vera e propria causa contro l’azienda, con procedure e oneri differenti a seconda dei casi.
Gli arretrati degli assegni al nucleo familiare
Concludiamo ricordandovi che c’è un’altra componente presente in busta paga della quale si possono richiedere gli arretrati per gli ultimi 5 anni: si tratta degli assegni al nucleo familiare (conosciuti anche come assegni familiari), erogati in favore dei lavoratori dipendenti con figli a carico fino a febbraio 2022, prima di essere sostituiti dall’Assegno unico.
Chi non ha mai fatto domanda di assegni al nucleo familiare (Anf) e ne soddisfava i requisiti può farne ancora richiesta, ma più il tempo passa e più sono i periodi caduti in prescrizione (con termine sempre quinquennale).
Considerando che ormai siamo nel 2024, a oggi si può fare domanda - rivolgendosi a un patronato oppure in autonomia dal sito Inps - solamente per gli assegni familiari non percepiti tra il 2019 e il 2022.
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