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di Mauro Finiguerra e Lara Zampini e Alberto Michelis e BCFormula

Come funziona la tassazione degli scambi fra cripto-attività?

Mauro Finiguerra

17 luglio 2023

Come funziona la tassazione degli scambi fra cripto-attività?

Una circolare dell’Agenzia delle Entrate crea problemi di interpretazione a chi scambia cripto-attività. Vediamo quali sono e come comportarsi.

Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni” recita la parte finale del nuovo art. 67 co.1 lett. c-sexies del Tuir.

Questa frase, apparentemente chiara e netta, in realtà sta procurando e procurerà molti problemi a chi vende o acquista cripto-attività.

La bozza di circolare dell’Agenzia delle Entrate sulle cripto-attività

Una bozza della circolare dell’Agenzia delle Entrate, in consultazione per un tempo brevissimo (da circa metà alla fine di giugno scorsi), ha affrontato l’argomento al par. 3.1, pag. 44, precisando che “l’acquisto di Ethereum con Bitcoin” non è fiscalmente rilevante, mentre è fiscalmente rilevante “l’acquisto di un NFT con una criptovaluta”.

Probabilmente l’Agenzia delle Entrate, considerando gli NFT non come strumenti digitali, ma come strumenti finanziari o di investimento, “vede” solo l’eventuale sottostante costituito da un bene (commodities, titoli, opere d’arte) o da un diritto (di proprietà, d’uso, d’accesso), e lo considera come avvenuto realizzo, al pari della conversione di una cripto-attività in moneta fiat.

Tuttavia gli NFT spesso non hanno come sottostante un bene o un diritto, ma un algoritmo o un’altra cripto-attività, inoltre la circolare non tiene in considerazione né l’autonoma natura digitale dell’NFT, né tanto meno il fatto che un NFT può rappresentare diritti parziali su un bene, oppure, per esempio, semplici titoli autorizzativi a partecipare a eventi o ad acquisire beni o servizi a determinate condizioni, senza alcun contenuto economico implicito e diretto.

Cosa (non) dicono il Regolamento MiCA e la legge di bilancio 2023

In realtà nella stessa descrizione di cripto-attività indicata sia nel Regolamento Europeo MiCA, sia nella legge di bilancio 2023, sembra “mancare” un passaggio determinante.

Alla definizione “rappresentazione digitale di valore che può essere memorizzata e trasferita elettronicamente tramite la tecnologia di registro distribuito o tecnologia analoga” dovrebbe infatti essere aggiunto: “la cui utilità si esaurisce in se stessa e all’interno delle piattaforme in cui viene utilizzata.”

Le cripto-attività e le criptovalute, come parte di esse, reggono la propria esistenza e il proprio valore esclusivamente su l’accettazione volontaria da parte dei soggetti che le acquistano, le detengono, le utilizzano e le scambiano sulle piattaforme digitali e sugli exchange, sia centralizzati che decentralizzati.

Sotto il profilo giuridico l’inquadramento delle cripto-attività è molto complesso: si tratta di veri e propri “mutanti”, che possono cambiare natura giuridica e contenuto a seconda di come vengono condivisi e accettati all’interno del mondo cripto.

Allo stesso modo le criptovalute, che sono parte delle cripto-attività, non sono monete a corso legale, né tanto meno possono essere considerate valute estere, alle quali non dovrebbero neppure essere lontanamente associate.

Cosa dice il mondo cripto

Sotto il profilo economico la presunta creazione di ricchezza che si verifica all’interno dell’ecosistema del mondo cripto non si può considerare realizzabile né realizzata, per stessa ammissione dell’Agenzia delle Entrate e del legislatore stesso, almeno fino a quando una plusvalenza o un provento non si materializzino in uno strumento istituzionale comunemente accettato come mezzo di pagamento, ovvero in una moneta fiat o in un bene o servizio o diritto economicamente quantificabile, alla fine, in moneta a corso legale.

Altrettanto può e deve essere sostenuto, per le minusvalenze, che non si rilevano fiscalmente fino a quando non sono realizzate.

Cosa dice la Costituzione

D’altronde per esigenze di sistema non potrebbe essere altrimenti. L’articolo 53 della Costituzione, infatti, pone alla base dell’imposizione la capacità contributiva, che deve essere effettiva e attuale, altrimenti si sottoporrebbero a tassazione delle grandezze soltanto presunte e, spesso, inesistenti, come ben si può rilevare a causa di una delle caratteristiche più note e più concrete delle cripto-attività, ovvero la loro eccezionale volatilità.

I valori che assumono le cripto-attività, peraltro, non possono neppure essere considerati come valori di mercato, considerato che, almeno sino a oggi, non esiste alcun mercato regolamentato e che molti scambi avvengono su piattaforme totalmente decentralizzate sulle quali i valori delle cripto-attività cambiano di minuto in minuto, non di giorno in giorno e che potrebbero essere molto diversi anche da piattaforma a piattaforma.

In sostanza, non esiste un tasso di cambio prefissato che si possa applicare alla conversione delle cripto-attività in moneta fiat, né le variazioni delle valute virtuali possono rappresentare incrementi o decrementi patrimoniali reali, dunque è impossibile ritenere tassabili le eventuali plusvalenze o i proventi che dovessero risultare dallo scambio di cripto-attività con altre cripto-attività, indipendentemente dal fatto che esse abbiano medesime caratteristiche e funzioni.

La permuta di cripto-attività a perimetro incerto

Tuttavia il legislatore ha ritenuto di specificare che non producono plusvalenze e proventi fiscalmente rilevanti solamente le permute fra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni, senza effettuare ulteriori precisazioni.

Il perimetro di queste operazioni, di definizione estremamente incerta, è dunque destinato a produrre molto contenzioso e probabilmente, verrà stabilito dalla giurisprudenza sulla base dell’approccio caso per caso, cercando di individuare lo scopo dell’operazione e la natura delle cripto-attività coinvolte, ma non certo dalla prassi amministrativa dell’Agenzia delle Entrate.

Si tratterebbe dunque di tassare valori meramente teorici e presunti, destinati a lievitare a ogni passaggio da cripto a cripto e, magari, poi a crollare drasticamente in caso di sommovimenti di mercato, giungendo al paradosso di aver tassato non solo ricchezza inesistente ma addirittura una diminuzione di valore, rispetto all’originario acquisto avvenuto utilizzando moneta a corso legale.

Inoltre considerato che esistono a oggi circa 10.000 diverse criptovalute e circa 500 exchange che consentono di scambiarle, certamente non sarebbe facile per nessuno, tanto meno per il Fisco, iniziare attività di indagine che rischierebbero di diventare lunghe, onerose e incerte tanto da rendere la riscossione delle eventuali imposte e sanzioni eventualmente accertate, inferiore al costo dell’accertamento stesso.

Senza considerare il potenziale effetto di una parziale doppia imposizione economica, perché sullo stesso presunto reddito, per l’effetto dell’incasso giuridico, sarebbero tassati, sia il venditore della cripto-attività permutata o ceduta, sia l’acquirente che utilizzasse cripto-attività che avesse acquisito a valori di costo inferiori al valore di permuta.

La permuta di cripto-attività: un esempio concreto

Per spiegare cosa può accadere a chi oggi scambia cripto-attività aiutiamoci con un esempio concreto.

Tizio acquista 10 ETH a 15.000 euro.

Caio riceve gratuitamente un Airdrop NFT con sottostante un certo numero di token utili per partecipare a un evento esclusivo e per acquistare beni a tiratura limitata e lo cede a Tizio in cambio dei 10 ETH.

Al momento della transazione gli ETH valgono 18.000 euro, come da valutazione rilevabile all’ora e al giorno dell’operazione, dall’exchange o dalla piattaforma su cui si è verificato lo scambio.

Per Caio diventa imponibile una cripto-attività ricevuta a titolo gratuito sulla quale realizzerebbe una plusvalenza di 16.000 euro, ovvero 18.000 euro meno 2.000 euro di franchigia, soggetta a ritenuta a titolo d’imposta del 26% pari a 4.160,00 euro di imposta sostitutiva.

Ancor prima di convertire in euro il controvalore degli ETH, lo scambio delle cripto-attività viene considerato come incasso giuridico.

D’altra parte anche Tizio è sottoposto a un effetto realizzativo giuridico, sulla differenza fra il costo d’acquisto degli ETH, ovvero 15.000 euro e il valore presunto al momento dello scambio, ovvero 18.000.

Sulla differenza di 3.000 euro, superiore a 2.000 euro, Tizio dovrebbe pagare il 26% dell’eccedenza rispetto alla franchigia, ovvero 3.000 – 2.000 = 1.000 x 26% = 260 euro.

In realtà né Tizio, che ora possiede un Airdrop NFT, né Caio che ora detiene 10 ETH, hanno realizzato alcunché, né hanno ottenuto in cambio moneta fiat, o beni e servizi espressi in moneta fiat.

Entrambi possiedono ancora cripto-attività, sempre all’interno però del mondo cripto.

Il Fisco avrebbe incassato imposte per euro 4.420 senza alcuna reale manifestazione di ricchezza, in totale violazione del principio di attualità ed effettività della capacità contributiva.

Se il valore degli ETH dovesse crollare improvvisamente Caio sarebbe stato tassato su un valore inesistente e Tizio, sia che partecipi o meno all’evento o che utilizzi o meno i token per gli acquisti, privi di contenuto economico, avrebbe pagato imposte su una plusvalenza inesistente.

La definizione corretta del perimetro della permuta senza danni per l’Erario

Ora è evidente che l’interpretazione della circolare deve essere modificata, sia per salvaguardare il principio costituzionale di cui all’articolo 53, ovvero la capacità contributiva che deve essere attuale ed effettiva per essere presupposto giuridico del potere impositivo, sia per rispettare i requisiti dell’attività impositiva che deve essere improntata ai principi di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, di cui all’articolo 3 della Costituzione.

Per “cripto-attività aventi eguali caratteristiche e valore” si deve quindi intendere ogni cripto-attività che rimanga all’interno delle piattaforme in cui viene utilizzata, comprese le criptovalute.

L’Agenzia delle Entrate deve convenire che l’interpretazione di cui sopra non apre un “vuoto impositivo” né crea un “salto d’imposta” infatti la tassazione ben può avvenire quando si verifica l’uscita finale e definitiva dal sistema cripto, potendo nel frattempo il contribuente tenere documenti e prove certe del costo d’acquisto delle cripto-attività acquisite.

Lo stabilisce anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-277/09, sostenendo che non si verifica alcuna evasione d’imposta ma neppure alcun abuso del diritto in caso di assenza di norme impositive simmetriche in diverse giurisdizioni, purché venga accertato che l’operazione non venga eseguita solo per ottenere un risparmio fiscale indebito.

In sostanza Tizio avrebbe 15.000 euro come costo d’acquisto per 10 ETH, valore da indicare anche a fini di monitoraggio, e lo manterrebbe come costo fiscalmente riconosciuto, indipendentemente dalle permute e dagli acquisti di altre cripto-attività che egli potrebbe effettuare durante le sue attività cripto.

Dunque anche se Tizio, di volta in volta, scambiasse i 10 ETH con 0,5 BTC e poi con 1 NFT o con ADA o altre cripto-attività, fino a quando non avvenisse la conversione dell’ultima cripto-attività posseduta in moneta fiat o in beni e servizi valorizzati in moneta fiat, non otterrebbe alcun realizzo effettivo delle proprie cripto-attività.

Rendere fiscalmente rilevante la permuta fra cripto-attività come indicato nella bozza di circolare, sarebbe una forzatura del sistema, provocando l’incasso giuridico di una operazione in cripto, senza che sia avvenuta alcuna conversione in moneta fiat o in beni e valori misurabili in moneta fiat (per esempio, il pagamento di un bene o di un servizio in cripto-attività).

Inoltre il presunto realizzo creerebbe aggravi ingiustificati e ostacoli inutili alla circolazione delle cripto-attività, conservando immutato il potere impositivo dell’Erario e l’entità della materia imponibile.

Infatti il realizzo effettivo potrebbe essere verificato solo al momento dell’uscita dalle piattaforme cripto, tenendo conto della stratificazione dei vari passaggi interni, rispetto al valore di entrata, a partire ovviamente dal costo d’acquisto iniziale.

In sostanza basterebbe misurare l’incremento/decremento di valore al momento dell’uscita, confrontando il valore di cessione o di scambio con moneta fiat o con beni e servizi espressi in moneta fiat, rispetto al costo fiscalmente riconosciuto a titolo originario, al momento dell’acquisto di cripto-attività.

L’irretroattività della norma

Infine bisogna sottolineare che il problema per il passato non si pone. La nuova normativa contenuta nellaLegge di Bilancio 2023, infatti, è entrata in vigore dal primo gennaio 2023 e si applicherà da tale anno di imposta in avanti, non prevedendo alcuna modifica della normativa per i pregressi periodi di imposta, che per altro non esisteva, e non potendo costituire dunque norma di interpretazione autentica di disposizioni previgenti.