Il punto di vista della GenZ sulla politica

Il punto di vista della GenZ sulla politica

di Paolo Di Falco

Le elezioni russe della Duma tra brogli e censura confermano il potere dell’eterno Putin

Paolo Di Falco

22 settembre 2021

Le elezioni russe della Duma tra brogli e censura confermano il potere dell'eterno Putin

Le elezioni in Russia si sono svolte in un clima a dir poco surreale, tra censura digitale e sosia, e hanno confermato come il presidente Putin usa la democrazia.

Qualche giorno fa si sono tenute le elezioni in Russia per il rinnovo della Duma di Stato cioè la camera bassa del Parlamento di Mosca. Elezioni che, stando ai dati diffusi, sono state naturalmente vinte dal partito del presidente Putin ovvero Russia Unita che con il 50% dei voti ha riconfermato la maggioranza costituzionale (pari a due terzi dei seggi, 301) alla Duma. Elezioni che, sul piano politico, sono state principalmente caratterizzate non solo dai numerosi e consueti brogli ma anche dal trionfo durato appena una notte del Partito Comunista russo il cui risultato è stato ridimensionato il mattino seguente a un misero 18,94% e dall’ingresso di un nuovo partito di centrodestra, New People, appena sopra la soglia di sbarramento con il 5,33%, dell’imprenditore Aleksej Nechaev (sospettato di essere uno stratagemma del Cremlino).

Sul piano digitale, invece, bisogna evidenziare l’intervento di censura effettuato da Google e Apple ai danni della piattaforma Smart Voting fortemente voluta dall’oppositore Aleksey Navalny per dirottare i voti sui più forti contendenti di Russia Unita e lo strano “silenzio elettorale” di Telegram giustificato dal suo fondatore Pavel Durov. Elezioni che sotto quest’ultimo punto di vista ci possono far capire come ormai anche i grandi colossi, paladini della libertà di pensiero, se messi sotto pressione da parte dello Stato sono disposti a piegarsi facilmente e a censurare tutto ciò che non è gradito dal potere centrale.

La denuncia del Partito Comunista Russo

Tante sono le accuse di brogli alle elezioni: l’esempio eclatante è quanto accaduto al Partito Comunista Russo che inizialmente sembrava aver ottenuto il doppio dei voti rispetto alle elezioni del 2016 ma che si è poi attestato al 18,94%. Bisogna innanzitutto precisare come il partito comunista abbia raccolto il testimone dall’oppositore Navalny dato che il suo partito Russia Futura non è stato mai registrato. Per capire quando sia difficile in Russia opporsi all’onnipotente ed eterno Putin, l’esempio del partito di Aleksey Navalny calza a pennello: il noto oppositore insieme a suoi soci dal 2012 ha provato ininterrottamente a registrare il suo partito con nomi diversi (l’Alleanza del Popolo, il Partito del Progresso e Russia Futura) ma il ministero della Giustizia gli ha sempre negato la registrazione adducendo ad alcuni errori nell’elaborazione dei documenti o a ipotetiche registrazioni di altri partiti che avevano già adottato questi nomi.

In queste elezioni, lo stesso Aleksey dal carcere ha spinto per la creazione della piattaforma Smart Voting che si basava sulla strategia del “voto intelligente”, ovvero tecnica elaborata nel 2019 per convogliare tutte le preferenze verso politici non allineati al Cremlino in modo da mettere in difficoltà il governo. Tra queste personalità da votare molte appartenevano al Partito Comunista Russo. Vittima del “ribaltone” a opera del partito presidenziale è stato, tra i tanti, il professore di matematica all’università di Mosca Michail Lobanov, fondatore del movimento “solidarietà studentesca”. Il suo cavallo di battaglia era l’uguaglianza economica e sociale. Proprio quest’ultimo dato vincente per decine di migliaia di voti sul presentatore tv Evgeny Popov, candidato di Russia Unita, alla fine è stato dichiarato perdente.

I diversi brogli elettorali: tra sosia e falsi movimenti estremisti

Secondo la mappa delle falsificazioni tracciata dall’ong Golos sono state oltre 4.000 le sedi in cui si sarebbero verificate “massive violazioni”. Non semplici insinuazioni ma prove documentante da diversi video postati online dove si vedono decine di schede elettorali che sono state inserite contemporaneamente a varie latitudini da uomini sospetti. Eclatante è anche quanto accaduto a Boris Vishnevsky, un esponente di spicco del partito liberale Yabloko. Per confondere gli elettori a lui si sono aggiunti ben due sosia con lo stesso nome e con capelli e barba dello stesso colore tagliati nello stesso modo. Sembrerà abbastanza assurdo e surreale ma il Cremlino per bloccare l’ipotetica vittoria di Boris ha schierato due cloni che hanno cambiato acconciature, nome e cognome: uno dei tre falsi Vishnevsky, per esempio, si chiamava Viktor Bykov e la sua foto da deputato sul sito del comune pietroburghese mostra quanto fosse diverso il suo aspetto.

Non solo sosia ma un’altra grande assente è stata anche Irina Fatyanova a cui è stata vietata la candidatura in quanto ex volto del Fondo anti-corruzione di Aleksey Navalny, organizzazione che è finita nella lista dei movimenti estremisti dove, pensate un po’, figura anche l’Isis.

La censura di Apple e Google, lo “strano” silenzio elettorale di Telegram e gli attacchi informatici

In questo scenario troviamo anche la censura sistematica ai contenuti dell’opposizione a opera del servizio federale russo che si occupa della supervisione del web, Rostelcom, che ha fatto pressioni su Facebook e Twitter multandole per milioni di rubli per non aver cancellato contenuti “vietati” riconducibili a Navalny. Oltre ai social la stessa Google, a cui apparteneva il dominio dell’app di Navalny, è stata accusata di detenere illegalmente i dati personali dei cittadini della Federazione. Applicazione che, tra l’altro, è stata anche rimossa dal negozio virtuale Google Play e dall’App Store di Apple.

Complice della censura anche l’app di messaggistica più criptata che c’è in Russia ovvero Telegram. Il suo fondatore ha denunciato come “i cambiamenti nella politica di Apple e Google influenzeranno inevitabilmente Telegram, poiché loro, in quanto creatori dei due principali sistemi operativi mobili, sono in cima alla catena alimentare della distribuzione delle informazioni e possono dettare le regole del gioco agli sviluppatori come noi” ma ha deciso di rimuovere i chat bot gestiti dai collaboratori di Navalny utili per le indicazioni di voto.

Durante le votazioni inoltre c’è stato anche un cyberattacco che ha messo fuori uso il sito del giornale indipendente Novaya Gazeta mentre aggiornava notizie sui candidati così come sono stati bloccati gli ultimi video di Aleksey che invitava i cittadini a votare seguendo la strategia del “voto intelligente”.

Il clima che si respira a Mosca

Tutto questo ci fa capire il clima che in queste ore si respira a Mosca e, inoltre, ci permette anche di capire come si sono svolte queste elezioni difese a spada tratta dal Cremlino. Elezioni criticate apertamente anche dall’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell che ha dichiarato: «Nel periodo che ha preceduto le elezioni c’è stata una maggiore repressione nei confronti dei politici dell’opposizione, delle organizzazioni della società civile e dei media indipendenti, nonché dei giornalisti. Ciò ha comportato la limitazione della scelta per gli elettori russi e la loro capacità di ottenere informazioni complete e accurate sui candidati».

Elezioni che ci fanno capire cosa può avvenire nel momento in cui lo Stato riesce a condizionare facilmente e illegalmente i grandi colossi anche attraverso minacce. E’ il caso, secondo quanto rivelato dall’Afp, delle numerose pressioni delle autorità russe che hanno minacciato di arrestare i dipendenti locali dell’Apple in caso di rifiuto da parte del colosso per quanto riguardava la rimozione dell’app di Navalny dal proprio store. Elezioni che non rappresentando affatto la volontà popolare divengono un semplice strumento per ratificare il consenso di chi sta al potere e non è intenzionato a rinunciarvi.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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