Note di Vino

Note di Vino

di Antonella Coppotelli

Il vino non fa male (se lo bevi responsabilmente)

Antonella Coppotelli

25 luglio 2025

La posizione dell’Italia sul vino sotto attacco da parte delle Nazioni Unite, tra allarmi salutisti, complottismi e difesa di una cultura millenaria. Non giochiamo, per favore.

Il vino non fa male (se lo bevi responsabilmente)

Il 25 settembre si avvicina, e con esso anche un appuntamento che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui l’opinione pubblica e le istituzioni internazionali guardano al vino.

Quel giorno le Nazioni Unite adotteranno la nuova Political Declaration on Non-Communicable Diseases (NCDs), ovvero una dichiarazione politica sulle malattie non trasmissibili come cancro, diabete e patologie cardiovascolari. Una bozza del documento ha già acceso il dibattito, perché rischia di equiparare, senza alcuna distinzione, tutte le bevande alcoliche, vino compreso, ai principali fattori di rischio per la salute.

Un simile approccio, secondo i rappresentanti del mondo vitivinicolo italiano, ignora le evidenze scientifiche che da decenni differenziano un consumo moderato e consapevole di vino da un abuso cronico e dannoso di alcolici. Ma soprattutto, potrebbe avere un impatto devastante su un comparto economico che rappresenta un’eccellenza italiana nel mondo messa a dura prova dai dazi americani. Posti di lavoro compresi.

Una lettera aperta per difendere la cultura del vino

A lanciare l’allarme e a chiedere l’intervento del governo è stata una lettera aperta firmata da Assoenologi, Federvini, Federdoc, Confcooperative, Legacoop e AGCI. In essa si chiede al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di agire a livello diplomatico per impedire che la versione finale della dichiarazione ONU contenga formulazioni che mettono sotto accusa il vino tout court, senza distinguere tra consumo responsabile e abuso. Si legge nella lettera:

Occorre evitare che il testo equipari, anche solo implicitamente, il consumo di vino a un comportamento patologico da scoraggiare senza eccezioni.

Secondo le sigle firmatarie, sarebbe “irresponsabile e pericoloso” non fare distinzioni tra uso e abuso, ignorando decenni di studi scientifici che parlano di una possibile protezione cardiovascolare del vino rosso poiché contiene resveratrolo se consumato con moderazione, e senza contare il valore culturale, sociale ed economico che il vino rappresenta in Italia.

La posizione del Ministro Lollobrigida

La risposta del ministro non si è fatta attendere. In più occasioni, Francesco Lollobrigida ha difeso con forza la posizione italiana, rivendicando il diritto di un popolo produttore e custode di una delle più raffinate tradizioni enologiche al mondo di distinguere tra moderazione e pericolo, dichiarando:

Siamo contrari a ogni approccio ideologico che colpisce indiscriminatamente il vino. L’Italia ha già dimostrato, anche in sede europea, che la lotta ai consumi dannosi non può trasformarsi in una crociata cieca contro prodotti che fanno parte della nostra identità. Difenderemo il vino italiano in tutte le sedi, perché dietro a una bottiglia c’è cultura, lavoro e territorio.

Lollobrigida ha poi sottolineato che il nostro Paese è stato uno dei primi a promuovere campagne sul bere consapevole, a valorizzare la moderazione e la convivialità mediterranea, in cui il vino accompagna il cibo, non lo sostituisce, ribadendo che:

Il nostro modello non può essere messo sullo stesso piano del binge drinking o di altri comportamenti a rischio.

Un comparto vitale per l’economia e l’occupazione

Il comparto vitivinicolo italiano non è solo un’eccellenza culturale. È anche un pilastro economico: oltre 14 miliardi di euro di valore, quasi 8 miliardi di export annuo, più di un milione di ettari vitati e circa 1.300.000 occupati diretti e indiretti lungo tutta la filiera.

Dietro ogni etichetta DOC, DOCG o IGT, c’è una rete fatta di agricoltura, enologia, ristorazione, turismo, logistica, marketing, comunicazione. Colpire l’immagine del vino come “prodotto nocivo”, anche solo attraverso dichiarazioni istituzionali, significa minare la fiducia dei consumatori, aprire la strada a etichettature allarmistiche e danneggiare la reputazione di interi territori che si sono costruiti nel tempo proprio grazie alla qualità delle loro produzioni.

Il rischio concreto è che si crei un effetto domino: dall’ONU alle autorità sanitarie locali, passando per l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione Europea, potrebbero seguire regolamentazioni sempre più penalizzanti, senza che vi sia una base scientifica condivisa a giustificarle.

Bere responsabilmente è la chiave

Nessuno nega che l’abuso di alcol sia un problema sanitario rilevante. Ma l’errore e la preoccupazione delle associazioni italiane sta nell’appiattimento del discorso. Esistono differenze sostanziali tra un superalcolico assunto in quantità eccessive e un calice di vino consumato durante i pasti.

Lo stesso Institute for Wine and Health, che raccoglie studi internazionali, ha sottolineato come i rischi associati al vino dipendano fortemente dalla quantità, dalla frequenza e dal contesto di consumo.

Il modello mediterraneo, che unisce vino, alimentazione equilibrata, attività fisica e socialità, è stato spesso indicato come uno dei fattori che contribuiscono alla longevità e alla salute della popolazione italiana.

Negare questa complessità significa ignorare la realtà scientifica, ma anche culturale, di Paesi come l’Italia, la Francia o la Spagna. Significa adottare una visione monocorde che non tiene conto delle abitudini alimentari e del ruolo che il vino ha nella dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO.

Educare al bere bene, non demonizzare

Di fronte alle sfide poste dalle malattie non trasmissibili, l’approccio più efficace non è quello del proibizionismo o dell’allarmismo indiscriminato, ma quello dell’educazione. Insegnare a bere bene significa trasmettere la cultura della moderazione, del rispetto per sé e per gli altri, del legame tra vino, cibo e territorio. È questa l’unica vera strategia per prevenire gli abusi e promuovere stili di vita sani.

In Italia, molte associazioni del settore promuovono da anni campagne di informazione e sensibilizzazione sul consumo consapevole, coinvolgendo le scuole, i ristoratori, le famiglie e i turisti. Iniziative come il progetto “Wine in Moderation”, attivo in tutta Europa, dimostrano che è possibile trasmettere il valore del vino senza nasconderne i rischi, ma anche senza criminalizzarlo.

Al contrario, l’approccio allarmista rischia di produrre l’effetto opposto: alimentare l’ignoranza, la disinformazione e persino la ribellione giovanile che già è molto lontana da questa cultura. Ma si sa, proibire e complottare è più facile e veloce dell’educare e del fare cultura.

Vino, tradizione e responsabilità: un trittico da difendere

Il vino è molto più di una bevanda alcolica: è territorio, è sapere artigiano, è connessione sociale, è parte integrante di uno stile di vita, è storia, è la nostra cultura, è tradizione, è duro lavoro, è sudore, è un miracolo di ingegno umano misto a quello della natura, è arte! Potrei continuare all’infinito.

Difendere il vino non significa negare i problemi legati all’alcol, ma rivendicare la differenza tra abuso e cultura. Se il 25 settembre dovesse passare una linea ideologica e indiscriminata, il danno non sarebbe solo per il settore vitivinicolo, ma per un intero modo di vivere che fa della misura, della qualità e della consapevolezza i suoi capisaldi. E questo, l’Italia non può permetterselo. Noi, non possiamo permettercelo!

Antonella Coppotelli

Responsabile Area Marketing & PR Money.it

Per maggiori informazioni su Note di Vino scrivere un'email a [email protected]

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