In Italia poco più di una famiglia ogni cinque è a rischio povertà ed esclusione sociale. Ecco come scoprire se fai parte di questa categoria.
Secondo l’ultima indagine Istat, il 22,8% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale. La buona notizia è che il valore è in calo rispetto al 2022, quando era pari al 24,4%, la cattiva è che il dato resta molto alto.
Ma cosa si intende con il termine “a rischio povertà o esclusione sociale”? Chi ne fa parte? D’altronde, dal momento che poco più di una famiglia su cinque si trova in questa situazione è importante fare chiarezza su quali sono i criteri che portano alla definizione di un tale status.
Quali sono le famiglie a rischio di povertà o esclusione sociale
A dare una definizione della condizione “a rischio di povertà o esclusione sociale” è l’Eurostat, il quale ha fissato tre indicatori ufficiali:
- povertà relativa;
- grave deprivazione materiale;
- famiglie a intensità lavorativa molto bassa.
Dalla loro sintesi, quindi, ne risulta l’indicatore di rischio di povertà ed esclusione sociale, comprendendo tutte le persone che soddisfano almeno una delle suddette condizioni.
Chi ha difficoltà a fare questi acquisti è a rischio povertà
La grave deprivazione materiale, quindi, rientra tra le casistiche che determinano se una famiglia si trova o meno a rischio povertà (situazione più comune a quelle con figli).
Nel dettaglio, come da definizione Eurostat del 2019, il tasso di deprivazione materiale e sociale grave individua gli individui che non possono permettersi un determinato bene, servizio o attività sociale. La nuova definizione risulta ampliata rispetto a quella attuata in precedenza, in quanto oltre alle spese rilevanti al fine di garantire un tenore di vita dignitoso vengono considerate anche quelle che possono comportare una deprivazione di tipo sociale, comprendendo ad esempio le persone che hanno difficoltà a permettersi attività di svago nel tempo libero o comunque qualche spesa per se stessi.
Nel dettaglio, per essere in questa condizione bisogna avere difficoltà nel sostenere almeno sette tra le seguenti spese, di cui alcune fanno riferimento all’individuo e altre alla famiglia.
Del primo insieme fanno parte:
- connessione Internet;
- possibilità di acquistare nuovi vestiti in sostituzione di quelli logori;
- almeno due paia di scarpe;
- possibilità di spendere una piccola somma di denaro ogni settimana per se stesso;
- svolgimento regolare di attività ricreative;
- ritrovarsi per un pasto o un drink almeno una volta al mese con amici o familiari.
In ambito familiare, invece, la deprivazione materiale si considera prendendo in considerazione la capacità di:
- far fronte alle spese impreviste;
- sostenere una vacanza ogni anno di almeno una settimana (lontano da casa);
- far fronte a ritardi di pagamento delle rate di mutui o prestito, canone di affitto, finanziamenti e bollette;
- permettersi un pasto proteico (carne, pollo, pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni;
- riscaldare adeguatamente casa;
- avere accesso a un automobile;
- poter sostituire i mobili usurati.
Se quindi ritenete di soddisfare almeno sette tra le suddette tredici condizioni fate sicuramente parte di quel 22,8% di famiglie a rischio povertà rilevate dall’Istat. Ma non è detto che in caso contrario non lo siete comunque: come visto sopra, infatti, ci sono altri elementi utilizzati per valutare se una famiglia si trova o meno in questa situazione.
La bassa intensità lavorativa
Sono comunque a rischio povertà ed esclusione sociale le famiglie che pur non avendo difficoltà a effettuare i suddetti acquisti hanno un’intensità di lavoro inferiore al 20%.
Nel dettaglio, l’intensità di lavoro è calcolata facendo il rapporto tra i mesi lavorati dai componenti della famiglia e il numero di mesi teoricamente disponibili, tenendo però in considerazione i soli componenti di età compresa tra i 18 e i 59 anni, con l’esclusione degli studenti nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni.
Se ad esempio ci sono tre componenti che sono nella condizione di poter lavorare, quindi con un numero di mesi teoricamente disponibili pari a 36, sussiste la bassa intensità lavorativa laddove questi abbiano lavorato, complessivamente, per meno di 7 mesi.
La povertà relativa
C’è poi una terza condizione, la povertà relativa calcolata sul reddito, sufficiente da sola per definire se la famiglia è in condizione di rischio povertà.
Viene soddisfatta dalle famiglie che vivono in famiglie con reddito disponibile inferiore al 60% del reddito mediano che secondo il rapporto Istat sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie (riferito al biennio 2021-2022, quello aggiornato uscirà tra qualche mese), in Italia è pari a 26.979 euro. Le famiglie con reddito inferiore a 16 mila euro circa, quindi, sono a rischio povertà.
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