Bond oggi – Come evitare il costo occulto dello spread. Prima tappa i governativi in €
Lorenzo Raffo
23 giugno 2025
Iniziamo un viaggio fra i titoli quotati a Piazza Affari: Btp, Bund, nonché titoli di Stato francesi, spagnoli, austriaci e rumeni a confronto. I bid-ask che li caratterizzano.

Chi opera nel settore obbligazionario è soggetto di giorno in giorno a sollecitazioni sull’evoluzione della liquidità dei titoli trattati su Borsa Italiana. In realtà la situazione è abbastanza complessa su tutti i fronti, anche all’estero (per esempio le piazze tedesche e quella francese), ma strutturalmente Piazza Affari soffre di più a causa di scambi contenuti.
Con l’effetto di una selezione di solo alcune decine di emissioni fortemente trattate, oltre naturalmente ai Btp.
Ecco allora il punto alla luce di una settimana piuttosto complessa, numeri alla mano, che sono poi quelli che interessano. Ricordiamo che lo spread bid-ask è la differenza tra il prezzo più alto che un acquirente è disposto a pagare (bid) e il prezzo più basso che un venditore è disposto ad accettare (ask).
Titoli di Stato italiani
Se soffrissero anche loro sarebbe davvero un guaio. Eufemistico segnalarlo.
Sui Btp più scambiati nelle fasi migliori di una seduta lo spread può scendere a 1 pb ma il valore medio si aggira sui 4-5 pb. Normalmente lo stesso avviene per i Btp Italia, mentre per quella categoria un po’ sfortunata che è stata la serie dei Futura si sale a 7-8 pb ma si va anche oltre in fasi più complesse dei mercati. Inevitabilmente iper competitivi i Bot, dove si scende a 0,5/0,6 pb.
Si consideri che pochi titoli di Stato italiani hanno carenze di scambi e che se ciò avviene riguarda quelli considerati di nicchia. Per esempio i Btp€i – indicizzati all’inflazione europea – che tuttavia garantiscono bid-ask accettabili sui 15 e talvolta 10 pb.
Titoli di Stato esteri in euro
Iniziamo inevitabilmente dai Bund tedeschi. Dato il numero rilevante di emissioni quotate su Borsa Italiana ci sono differenze anche abbastanza sostanziali. Un decennale – pur un po’ atipico – quale lo 0% 2035 (DE0001102515 - quotazione sui 78) si attesta sui 4/8 pb, mentre il più tradizionale 2,5% 2035 (DE000BU2Z049 - quotazione sui 99,6) è decisamente più competitivo, con anche 2 pb ma 6/8 in presenza di mercati incerti.
L’extralungo 1,8% 2053 (DE0001102614 – quotazione sui 77,5/78) sale a 10/13 pb. Un super protettivo Bund€i – correlato all’inflazione europea – quale lo 0,1% 2033 (DE0001030583) sfonda e si distingue anche per 50 pb. Naturalmente ci sono poi storie un po’ particolari che meriterebbero analisi più complesse.
Passiamo al fronte francese. Il leader assoluto delle contrattazioni – collocandosi spesso anche in testa alla classifica dei titoli esteri in euro su Borsa Italiana – è l’Oat 0,5% 2072 (FR0014001NN8 – quotazione sui 28): malgrado ciò in media non riesce a scendere sotto i 10 pb di spread bid-ask ma in talune fasi delle quotazioni ce la fa e atterra addirittura a 4/5 pb. Il decennale 4,75% 2035 (FR0010070060 – quotazione in corso 112,7) è capace invece di limitarsi a 7/8 pb, mentre sempre fra i 10 anni sale a 10/20 pb il 3,2% 2035 (FR001400X8V5 – quotazione 99,5), confermando come i titoli transalpini siano meno stabili in termini di liquidità rispetto a quelli tedeschi.
Situazione abbastanza simile per gli spagnoli: l’Obligaciones 3,15% 2035 (ES0000012O67 – quotazione 99,7/100) si muove sui 15 pb, mentre l’interessante Obligaciones 4% 2054 (ES0000012M93 – quotazione 100/100,2) va sui 20/25 pb. L’analisi potrebbe proseguire su altri governativi ma qui la situazione varia molto più in rapporto ai singoli casi, dati scambi medi inferiori. Inevitabile valutare infine un settore molto seguito nella fase in corso, quello dei Romania in €.
In una realtà diversa dal contesto dell’euro come valuta nazionale il divario in termini di liquidità assume caratteri distinti: il corto 5% 2026 (XS2538440780 – quotazione 103) si attesta sui 20-25 pb, il medio lungo 5,875% 2032 (XS3021378032 – quotazione 101,4) può salire a 50 pb, sebbene lo si trovi anche nettamente sotto, e il lunghissimo 3,375% 2050 (XS2109813142 – quotazione 61) ridiscende sui 15/25 pb, in base a una domanda più altalenante soprattutto negli ultimi mesi. Di recente gli spread rumeni si erano ampliati e non di poco, complice la crisi politica a Bucarest, ma ora stanno tentando di normalizzarsi.
Gli Austria extralunghi
Una situazione differente distingue i titoli austriaci con scadenze ultra decennali. Il seguitissimo 0,85% 2120 (AT0000A2HLC4 – quotazione sui 34) conferma la media di altri titoli di questo tipo molto trattati su Borsa Italiana, con circa 5/10 pb di spread. Il 2,1% 2117 (AT0000A1XML2 – quotazione sui 63/64) sale già a 35/40 pb, mentre il 3,8% 2062 (AT0000A0U299 – quotazione sui 104/106) va oltre, attestandosi sui 40/60 pb.
Un consiglio importante
Quanti investitori seguono con attenzione questo fattore determinante? In realtà pochi. Si guarda soprattutto al rendimento e di conseguenza al prezzo. Ma il costo occulto dello spread quasi sempre passa in seconda linea. Va invece valutato, soprattutto nella fase in corso di molti titoli lunghi ed extralunghi, che probabilmente resteranno in portafoglio solo per alcuni anni (almeno si spera!). Se lo spread in acquisto fosse fuori dalla norma potrebbe esserlo ancor più alla vendita.
Di qui un consiglio: non si diversifichi troppo con emissioni magari mediamente poco scambiate. Ciò allo scopo di non pagare oneri ignoti che nel tempo potrebbero incidere sulla redditività complessiva di un portafoglio.
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