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di Davide Baldi

Blockchain: la soluzione al problema energetico sono le rinnovabili

Davide Baldi

30 aprile 2021

Blockchain: la soluzione al problema energetico sono le rinnovabili

Sono già diverse le iniziative nel settore crypto che stanno concretamente lavorando alla sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili. Scopriamo quali sono.

Le reti decentralizzate basate su blockchain sono una vera e propria rivoluzione, ma consumano anche molta energia elettrica. In particolare è il mining di bitcoin a consumare davvero molta energia, ma tutte le reti blockchain, più o meno, ne consumano, seppur in misura minore. Gli operatori del settore crypto sono consapevoli del problema, tanto che sono già diverse le iniziative spontanee che mirano a contenere il problema o a trovare soluzioni.

Da un lato ci sono iniziative che mirano a ridurre i consumi, ma fino ad ora non hanno prodotto alcun risultato concreto. Anzi, il consumo rimane molto elevato, ed è improbabile che diminuisca in futuro. Per questo motivo ne stanno nascendo di nuove, che mirano invece a rendere sostenibile questo consumo, dirottandolo su fonti rinnovabili. Certo in Cina, dove è concentrato il maggior consumo al mondo del mining di bitcoin, diverse mining farm utilizzano ancora grandi quantità di energia prodotta da centrali termoelettriche alimentate a carbone, come dimostra il fatto che l’interruzione della produzione in una miniera di carbone cinese abbia provocato una drastica riduzione della potenza di calcolo utilizzata per il mining di bitcoin.

Tuttavia in altri paesi la situazione è meno problematica, tanto che persino in Italia c’è chi si sta muovendo proprio per favorire l’utilizzo di energie rinnovabili per il mining delle criptovalute. Oltretutto visto che il costo di acquisto dell’energia elettrica nel Bel Paese risulta non essere competitivo, e dato che il mining è una competizione, la soluzione allo studio in Italia mira di fatto anche a rendere competitivo il mining di criptovalute nel paese.

Bisogna però distinguere tra due atteggiamenti differenti nel tentativo di favorire l’utilizzo di energie rinnovabili nel settore crypto & blockchain. Da un lato ci sono delle libere e spontanee associazioni di operatori che si prendono reciprocamente l’impegno di ridurre i consumi, o di incrementare l’utilizzo della percentuale di energie rinnovabili utilizzate, mentre dall’altro ci sono aziende che studiano soluzioni concrete in grado di fare realmente la differenza.

Come si comporta il comparto energetico?

Il primo atteggiamento ad esempio è quello scelto dal Crypto Climate Accord, ovvero un’alleanza di diverse realtà del settore crypto che mira a rendere carbon-free il consumo energetico delle criptovalute. Il secondo invece è rappresentato ad esempio dalle soluzioni allo studio di Alps Blockchain.

Crypto Climate Accord di fatto si limita a mettere d’accordo diverse realtà già operanti in questo settore che si impegnano a ridurre i consumi provenienti da fonti rinnovabili. L’obiettivo è quello di raggiungere un consumo 100% carbon-free di tutte le attività connesse alle criptovalute entro il 2040, ma vale solo per le aziende che aderiscono all’alleanza, e si basa solamente sull’impegno di queste ultime a rispettare l’accordo.

Alps Blockchain invece con il progetto AlpsFarm sta ideando, creando e gestendo concretamente centri di produzione di potenza di calcolo a sostegno della blockchain a ridotto impatto ambientale e con elevato grado di innovazione. L’obiettivo è quello di creare un’infrastruttura adeguata e sicura basata su uno sfruttamento intelligente delle energie a basso costo. Per ottenere ciò AlpsFarm valorizza le energie rinnovabili attraverso il loro autoconsumo. realizzando mining farm all’interno di centrali idroelettriche, in modo da offrire direttamente ai produttori la possibilità di valorizzare l’energia da loro prodotta.

Un’iniziativa per certi versi simile è quella di Riot Blockchain negli USA. Riot Blockchain è una società quotata in borsa (RIOT), e che opera già proprio nel settore del mining di criptovalute, a Massena (New York), e con un progetto pilota a Houston (Texas), dove cercano di sfruttare l’energia prodotta in eccesso da fonti rinnovabili, ovvero a prezzi decisamente competitivi. Sia questa soluzione che quella italiana mirano concretamente ad incrementare l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili per il mining di criptovalute, in modo da rendere la tecnologia blockchain sempre più sostenibile dal punto di vista energetico, senza dover ambire irrealisticamente alla riduzione dei consumi.

Da notare che nel corso del 2021 il titolo RIOT ha più che raddoppiato il proprio valore, dato che l’azienda ha decisamente incrementato i propri introiti, di fatto mostrando che questa strada non è solo sostenibile dal punto di vista energetico ed ecologico, ma anche molto redditizia dal punto di vista economico.

Davide Baldi

Amministratore e socio di Luxochain, esperto di blockchain