“Priorità sono lezioni in presenza, d’accordo con obbligo vaccinale per tutti”: l’intervista alla ministra dell’Università Messa

Stefano Rizzuti

17/01/2022

La ministra dell’Università, Maria Cristina Messa, intervistata da Money.it parla di super green pass e di obbligo vaccinale per tutti, puntando sulla ripresa delle lezioni in presenza.

“Priorità sono lezioni in presenza, d’accordo con obbligo vaccinale per tutti”: l’intervista alla ministra dell’Università Messa

L’università ripartirà in presenza a marzo, dopo la sessione d’esame. L’obiettivo viene fissato dalla ministra dell’Università, Maria Cristina Messa. Intervistata da Money.it la ministra si augura che ci siano le condizioni per tornare in aula nonostante i contagi dovuti alla variante Omicron e rilancia il tema dell’obbligo vaccinale per tutti: “Come medico non posso che essere favorevole”.

Messa non esclude neanche l’ipotesi di estendere il super green pass, non tanto per gli studenti universitari o per altre singole categorie, quanto per tutta la popolazione. Poi la ministra guarda al futuro, alla riforma delle classi di laurea, alla crescita delle soglie della no tax area e agli investimenti italiani sulla ricerca, soprattutto quelli previsti dopo la fine del PNRR.

In questo momento, con le sessioni d’esame, le università non hanno problemi relativi all’aumento dei contagi e ai rischi di assembramenti. Ma cosa cambierà con la ripresa delle lezioni? Si tornerà in presenza o sarà necessaria la dad?

Anche se questi mesi sono dedicati prevalentemente a esami e discussioni di tesi di laurea, le biblioteche, i laboratori, le aule studio continuano a essere aperti e accessibili, quindi la nostra attenzione resta sempre molto alta. A marzo, quando ci sarà la ripresa anche dell’attività didattica, se le condizioni lo permetteranno come mi auguro, si ripartirà di nuovo in presenza. Dallo scorso maggio abbiamo sempre lavorato con flessibilità, per garantire il diritto allo studio a tutti e contestualmente un ritorno alla vera e completa vita universitaria. Questa è la strada che abbiamo sempre seguito e che continuiamo a seguire. Il messaggio forte che è giusto dare a tutti è che appena si può le attività si devono svolgere in presenza.

Sta pensando di introdurre l’obbligo di super green pass anche per gli studenti universitari? Lo proporrà in Cdm?

Se vogliamo introdurre questa misura, legata alla discussione di un’estensione dell’obbligo vaccinale, io credo che occorra farlo per tutta la popolazione, non solo per gli studenti universitari o per altre singole categorie. Rispetto agli studenti, è giusto sottolineare che il loro comportamento in questi mesi è stato esemplare: hanno rispettato le regole, si sono vaccinati soprattutto per tutelare le persone più fragili intorno a loro e hanno apprezzato tutti gli sforzi che come governo abbiamo fatto per riaprire. Di questa loro ennesima prova di maturità vanno davvero ringraziati.

Qual è la risposta del personale universitario all’obbligo vaccinale? E a suo giudizio, da medico oltre che da ministra, ritiene opportuno estendere l’obbligo a tutta la popolazione under 50?

La risposta la vedremo in queste prossime settimane, dato che l’obbligo scatta a partire dal 1° febbraio, ma sottolineo che, già prima, la percentuale di vaccinati nel mondo universitario e nelle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica si avvicinava al 90%. Credo sia stato compreso che tutte le decisioni prese per far fronte al rischio epidemiologico abbiano una solida base scientifica e che il nostro obiettivo è quello di tutelare la salute delle persone. Riguardo all’obbligo vaccinale, io come medico non posso che essere favorevole a una misura di questo tipo.

Calo delle iscrizioni universitarie: a cosa è dovuto e quali sono da una parte gli elementi che più la preoccupano e dall’altra quelli invece confortanti?

Dopo il picco dell’anno accademico 2020/2021, i dati provvisori per il 2021/2022 ci riportano sostanzialmente alle nuove immatricolazioni che avevamo registrato nel 2019/2020. Per interpretare queste tendenze bisogna considerare di certo il fatto che la pandemia ha aumentato le difficoltà economiche degli italiani e che ci sono costi, soprattutto per i fuori sede, che non sono ininfluenti. Bisogna anche guardare all’attrattività dei corsi universitari, su cui stiamo intervenendo e tenere sempre a mente il calo demografico che coinvolge ormai strutturalmente l’Italia.
In ogni caso, ci sono diversi elementi positivi da sottolineare, su tutti la tendenza della crescita delle immatricolazioni delle ragazze nelle materie STEM, in modo particolare in informatica, che ci fa guardare positivamente alle politiche attive di orientamento che abbiamo intrapreso.

Come sta cambiando il mondo dell’università: dalle lauree abilitanti alla maggior interdisciplinarità qual è la strada seguita finora e ciò su cui punta per il futuro?

Come ministero stiamo mettendo in campo molte risorse, grazie al Pnrr e all’aumento dei fondi nazionali, e stiamo portando avanti una serie di riforme per cambiare nel profondo il sistema della formazione. Abbiamo introdotto le lauree abilitanti per l’esercizio di alcune professioni: il tirocinio così sarà svolto prima della laurea, e non dopo come è avvenuto fino ad oggi, integrato nel percorso di studio. Stiamo realizzando una riforma delle classi di laurea per renderle sempre più interdisciplinari e un nuovo modello di orientamento, più personalizzato e attento ad accompagnare gli studenti a compiere le scelte migliori per il loro futuro.

Pensa a un’ulteriore estensione della no tax area o a riformare il sistema delle borse di studio?

Io penso sia giusto fare tutto il possibile, al netto della sostenibilità finanziaria, per minimizzare i costi per gli studenti. La no tax area è stata ampliata a 22mila euro con percentuali di riduzione del contributo onnicomprensivo annuale decrescenti in base all’ISEE. Il nostro impegno su questo fronte continuerà al fine di far crescere queste soglie. Rispetto alle borse di studio, grazie alle misure previste dal PNRR avremo importi più alti rispetto al passato, in media di circa 700 euro, aumentando allo stesso tempo la platea di beneficiari. Inoltre, abbiamo emanato un nuovo regolamento sui dottorati di ricerca che introduce la necessaria flessibilità per preparare a più sbocchi professionali al termine del percorso formativo, mantenendo l’elevata qualità scientifica. Con questa riforma favoriremo l’istituzione di nuovi corsi di dottorato di ricerca, aumentandone le tipologie e semplificando le procedure.

Come sta cambiando l’approccio al mondo della ricerca? Cosa ci sarà, a livello nazionale, dopo i fondi previsti dal Pnrr e qual è il suo progetto?

Grazie alle risorse europee e ai fondi nazionali stiamo dando nuova linfa alla ricerca e all’innovazione. Abbiamo già messo a bando 4,48 miliardi di risorse del PNRR per potenziare la ricerca di filiera, quella che lega il mondo dell’accademia, degli enti di ricerca e dell’impresa, attraverso reti capaci di competere con il resto del mondo. Ma abbiamo, anche, valorizzato la ricerca di base. Per questo usiamo sia fondi del Recovery plan, per circa 2 miliardi di euro, sia quelli contenuti in Legge di Bilancio, con risorse che prima non esistevano: il Fondo italiano per la scienza che tra tre anni arriverà a 250 milioni di euro e il Fondo italiano per le scienze applicate che tra quattro anni arriverà a 250 milioni. Le risorse europee che abbiamo a disposizione vanno rendicontate tutte entro il 2026. Dopo il 2026, per compensare quello che non avremo più dall’Unione europea, abbiamo aumentato il finanziamento nazionale. Quindi diamo un impulso forte adesso, per riportare l’Italia verso una media più simile a quella di altri Paesi a livello internazionale, per poi cercare di migliorarla con i fondi nazionali.

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