I mercati hanno paura della guerra Israele-Hamas? Finora le ricadute finanziarie del conflitto sono state modeste. Ma le turbolenze sono ancora possibili, per almeno 5 motivi.
Mercati finanziari e guerra Israele-Hamas: l’effetto conflitto c’è oppure no?
Se da una parte gli investitori sembrano più interessati alle mosse delle banche centrali e ai dati macroeconomici di Cina, Usa ed Eurozona per orientare i propri investimenti, la situazione in Medio Oriente - ora più marginale per i mercati - desta comunque attenzione poiché può potenzialmente alimentare delle turbolenze.
Il prezzo del petrolio non ha subito scosse rilevanti da quando il 7 ottobre è iniziata la drammatica guerra a Gaza. Il motivo è che il mancato allargamento del conflitto in Paesi petroliferi come Iran o Arabia Saudita ha tenuto a bada le quotazioni. Brent e WTI restano più suscettibili alle previsioni deboli sulla domanda e alle restrizioni di offerta in questo momento.
La paura degli investitori per shock finanziari scatenati dalle imprevedibili vicende israelo-palestinesi sembra essere limitata. Tuttavia, un’analisi attenta di esperti e strateghi ha offerto spunti di riflessione più allarmanti. Ci sono almeno 5 motivi per temere ancora turbolenze nei mercati a causa della guerra Israele-Hamas.
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1. Attenzione al debito in Israele
Non è una grande potenza, ma comunque l’economia e la stabilità del debito israeliano sono sotto i riflettori.
Finora i segnali che il conflitto è contenuto hanno aiutato le obbligazioni di Israele e quelle dei vicini Giordania ed Egitto a riprendersi dalle cadute post-attacco.
I credit default swap (CDS) israeliani, che i trader utilizzano per assicurare la propria esposizione al Paese, esprimono più pessimismo. Il prezzo di questi strumenti illiquidi corrisponde a quello generalmente pagato per assicurarsi contro il default di un Paese sul punto di essere declassato a un rating di credito spazzatura.
Il rating AA di Israele è 6 livelli al di sopra di quanto implica il prezzo dei CDS.
“Siamo fuori pericolo in termini di rischio di un evento estremo? Direi di no”, ha detto Jeff Grills, responsabile del debito dei mercati emergenti di Aegon Asset Management.
2. Valute rifugio
Il franco svizzero è stata la valuta con la migliore performance rispetto al dollaro dal 7 ottobre. Considerata un bene rifugio in momenti incerti, la valuta è ora vicino ai massimi di otto anni rispetto all’euro.
La curiosità degli analisti è come si comporterebbe il franco svizzero se le tensioni in Medio Oriente si allentassero, mitigando quindi lo scenario di avversione al rischio e la predilezione per asset sicuri.
“In una prospettiva a lungo termine il franco svizzero è molto costoso. Nel breve termine, l’offerta di rifugio sicuro e la riduzione del bilancio [della banca centrale] sono di grande supporto”, ha affermato Francesca Fornasari, responsabile valutaria di Insight Investment.
Se la guerra dovesse intensificarsi, invece, per l’esperta sarà molto interessante osservare la performance dell’euro rispetto al dollaro.
Un grafico elaborato da Reuters sintetizza cosa è successo alle principali valute in confronto con il dollaro dal 7 ottobre:
La fuga degli investitori verso la sicurezza aiuta il dollaro e bisogna tenere conto del fatto che l’area dell’euro è una regione importatrice di energia. Una maggiore vulnerabilità europea a scosse nei prezzi di gas e petrolio può indebolire la valuta comunitaria.
3. Allerta sul mercato opzioni
I prezzi del petrolio sono al di sotto dei livelli precedenti il 7 ottobre, ma i mercati dei derivati raccontano una storia diversa. Le scommesse sull’aumento dei prezzi del petrolio sono al livello più alto dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, come mostrano i dati sulla volatilità del mercato delle opzioni CME.
I volumi medi giornalieri delle opzioni energetiche della borsa ECM sono complessivamente i più alti dal record storico del 2018.
“Le conseguenze degli attacchi e le crescenti tensioni in Medio Oriente non hanno avuto un impatto sui prezzi del petrolio come molti investitori si aspettavano, noi compresi”, ha affermato Sandrine Perret, gestore del portafoglio multi-asset di Unigestion.
Tuttavia, i segnali da interpretare sono diversi. “Il mercato ti sta dicendo che è molto più preoccupato per il prossimo aumento di 10 dollari del petrolio e per il prossimo rialzo di 50 dollari per l’oro che per il prossimo movimento di 10 o 50 dollari al ribasso”, ha evidenziato Derek Sammann, responsabile delle materie prime, delle opzioni e dei mercati internazionali del CME.
4. Settore difesa
Da quando è iniziato il conflitto Israele-Hamas, un indicatore dei titoli della difesa compilato dal fornitore di indici MarketVector ha registrato un rally dell’8%.
Si tratta di un settore che, come l’oro, potrebbe subire perdite imposrtanti se cessassero le ostilità in Medio Oriente, ma avendo sovraperformato le azioni globali da quando la Cina ha intensificato la pressione militare su Taiwan a maggio, resta un “vincitore” a lungo termine.
“Saremmo disposti a tollerare una certa volatilità”, ha affermato Mikhail Zverev, gestore di portafoglio di Amati Global Investors, che ha circa il 13% del suo fondo in titoli di difesa e sicurezza e ha affermato che intende sostenere aziende innovative in questo settore a lungo termine.
“La spesa per la difesa deve aumentare. È difficile per me vedere qualcosa di diverso da una traiettoria positiva dei ricavi per queste società (della difesa)”, ha aggiunto Ron Temple, capo stratega del mercato presso Lazard Asset Management.
5. Debito societario in Europa
La resilienza delle obbligazioni societarie, già messa alla prova da aggressivi rialzi dei tassi e dal rallentamento della crescita, potrebbe essere ulteriormente scossa. Se, infatti, i prezzi del petrolio dovessero crescere in un’Europa dipendente dalle importazioni di energia, le conseguenze sarebbero molto negative.
“Il credito statunitense dovrebbe dimostrarsi più resistente rispetto a quello europeo in uno scenario di guerra più pronunciato” ha affermato Elisa Belgacem, senior credit strategist di Generali Investments.
Il livello di rischio percepito per il debito spazzatura europeo, dimostrato dal rendimento di reddito aggiuntivo richiesto dagli investitori per prestare ai mutuatari più deboli rispetto agli asset privi di rischio, spesso ricalca il greggio Brent. Per questo, le obbligazioni societarie sono sotto pressione con uno scenario di guerra che può innescare balzi nei prezzi del petrolio.
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