La guerra in Medio Oriente minaccia il commercio mondiale. La mappa dei rischi

Violetta Silvestri

18/12/2023

Un’escalation in Medio Oriente può diventare un terremoto commerciale mondiale. Perché la guerra è una minaccia alle rotte globali e con quali rischi? Una mappa disegna le possibili turbolenze.

La guerra in Medio Oriente minaccia il commercio mondiale. La mappa dei rischi

La guerra tra Israele e Hamas può innescare un’escalation su tutto il Medio Oriente, in grado di far tremare rotte commerciali strategiche per il mondo.

A dimostrazione di quanto sia reale la minaccia, nella giornata di lunedì 18 dicembre il prezzo del petrolio è salito improvvisamente in seguito alla decisione di spedizionieri di rilevanza mondiale di evitare le vie del Mar Rosso per paura di attacchi alle navi da parte degli Houthi yemeniti.

Sebbene finora un allargamento del conflitto sia stato scongiurato, i Paesi vicini alle terre israeliane e palestinesi si stanno comunque muovendo in modo difensivo, per proteggere i propri interessi strategici nazionali.

Tutto il mondo, intanto, osserva questa drammatica guerra e gli schieramenti della regione mediorientale per diverse ragioni. Non solo per evitare una catastrofe umanitaria, ma anche per monitorare potenziali effetti collaterali che riguardano il commercio marittimo di materie prime e rotte per l’import/export vitali per la stabilità dell’area e per l’Europa.

Se è vero che i mercati finora non hanno reagito con paura al conflitto, l’economia mondiale può essere ancora scossa da turbolenze. Un’analisi di Ispi ha acceso i riflettori proprio su questo aspetto del commercio a rischio che riguarda tutti. Con una mappa a segnalare le minacce di instabilità in un Medio Oriente che è vitale per le rotte mondiali.

Medio Oriente, dalla guerra al terremoto commerciale?

Un intreccio di porti, vie marittime e gasdotti si snoda pericolosamente nel Medio Oriente minacciato dalla guerra in corso tra Israele e Hamas.

A spiegare i rischi che sta correndo la stabilità regionale e mondiale per quanto riguarda le rotte commerciali è l’analista di Ispi Eleonora Ardemagni, secondo la quale:

“Nell’attuale contesto di crisi, tutti gli stretti marittimi del Medio Oriente sono “osservati speciali”: Suez (compreso il tratto del Golfo di Suez nel Mar Rosso), Hormuz (di fronte all’Iran), nonché il Bab el-Mandeb (vicino ai territori yemeniti controllati dagli houthi). Seppur non vi siano, al momento, minacce dirette ai choke-points, la disputa indiretta fra Iran e Stati Uniti – ben visibile nella guerra tra Hamas e Israele – potrebbe riverberarsi sulla sicurezza delle vie marittime e delle tante infrastrutture, anche energetiche, del quadrante mediorientale”.

Solo per fare qualche esempio dell’importanza dell’area, basta ricordare che 3,6 miliardi di barile di petrolio attraversano ogni giorno Suez. Attraverso la pipeline Sumed, che collega il Golfo di Suez con il Mediterraneo e l’Europa, l’80% del petrolio proveniente da Medio Oriente e Paesi del Golfo arriva nel vecchio continente.

Nello stretto di Hormuz passano 21 milioni di barili di petrolio al giorno e oltre un quarto del commercio internazionale di gas naturale liquefatto (Gnl). Il Bab el-Mandeb è il transito di oltre 6,2 milioni di barili di greggio e raffinati petroliferi al giorno, ovvero del 9% del petrolio commerciato via mare. Proprio 3,6 milioni di greggio da Bab el-Mandeb vanno in Europa e 2,6 milioni in Asia, mentre il 76% dei barili di greggio in transito nell’Hormuz arrivano in Asia.

Tuttavia, l’area del Medio Oriente è cruciale anche per il passaggio di altre merci, come mostra efficacemente la mappa elaborata da Ispi:

Commercio a rischio in Medio Oriente Commercio a rischio in Medio Oriente Rotte commerciali minacciate dalla guerra

Importante è anche il ruolo della Turchia, che ha inneggiato a Hamas come liberatori dagli occupanti israeliani e quindi si è infilata nelle vicende della guerra. In più, sono diversi gli interessi in gioco in questo reticolo di stretti e porti per la Cina, con i transiti della Belt and Road Initiative e del greggio, che per metà del fabbisogno proviene dal Golfo.

Senza dimenticare che nell’area ci sono dei giacimenti di gas. L’analista ha ricordato, a tal proposito, che:

“Nel 2021, Hamas aveva tentato di colpire il giacimento gasifero offshore israeliano di Tamar con una dozzina di razzi, protetto però dal sistema di difesa anti-missilistica Iron Dome. Prima dell’accordo di demarcazione marittima fra Israele e Libano (ottobre 2022), Hezbollah aveva più volte minacciato di attaccare i giacimenti israeliani off shore, lanciando nel luglio 2022 tre droni verso Karish (campo gasifero conteso fra israeliani e libanesi), intercettati da Israele.”

Da sempre, in un contesto di guerra, infrastrutture e materie prime diventano armi da utilizzare contro il nemico. Per questo, in un’area così strategia per il commercio mondiale come quella del Medio Oriente, la possibilità di turbolenze globali è molto concreta.

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