C’è una bomba (economica) pronta a esplodere in Germania

Flavia Provenzani

5 Maggio 2023 - 18:02

Una bomba a orologeria sembra pronta a scoppiare all’interno dell’economia della Germania, impegnata a gestire uno dei più problemi più urgenti e spinosi degli ultimi anni.

C’è una bomba (economica) pronta a esplodere in Germania

Alla Germania mancheranno 7 milioni di lavoratori entro il 2035 se la bomba economica che pesa sulla testa di Berlino non verrà disinnescata. È questo il dato allarmante riportato nei giorni scorsi dal ministro del Lavoro tedesco Hubertus Heil sulle pagine del Financial Times, una situazione talmente grave da spingere il Paese a voler creare uno dei «programmi di immigrazione più moderni d’Europa» proprio per far fronte a una carenza sempre più vasta di competenze, che ha il potenziale di rappresentare un «vero freno alla crescita economica» della locomotiva d’Europa.

Nelle ultime settimane la carenza di manodopera sta diventando un collo di bottiglia in ambito produttivo per molte aziende sparse in tutta Europa, e in Germania in modo particolare. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione europea la mancanza di lavoratori sta limitando la produzione delle società di servizi tedesche al 42%, al 34% per le aziende nel settore industriale e al 30% per le realtà che operano nel settore delle costruzioni.

Nulla di nuovo sotto il sole. Sono anni che le aziende tedesche avvertono della presenza di una bomba a orologeria in Germania legata alla mancanza di lavoratori qualificati. Ma la situazione sta peggiorando, e molto.

In Germania la mancanza di lavoratori è una bomba pronta ad esplodere

Come anticipato, il problema sta peggiorando. Uno studio realizzato dall’Istituto economico tedesco, istituto privato specializzato in ricerca economica, rivela come il numero di posizioni aperte in Germania per cui non si è riusciti a trovare dei disoccupati qualificati è stato di 630.000 nel 2022, 280.000 in più rispetto all’anno precedente. Una cifra da record.

Ma è il disagio che si allarga a macchia d’olio il vero problema. Le attuali condizioni del mercato del lavoro tedesco, unite al peso dell’inflazione e al forte aumento del costo della vita, sono le ragioni alla base della recente ondata di scioperi che ha paralizzato i trasporti del Paese.

Nel 2022 il numero di occupati in Germania ha raggiunto quota 45,6 milioni, livelli visti l’ultima volta nel 1990, mentre il tasso di disoccupazione è stato al 2,8%, dati utilizzati da alcuni esperti per sottolineare come la situazione non sia poi così grave.
Peccato si dimentichino dell’enorme peso contrattuale e di trattativa che possono avere i lavoratori quando l’occupazione è ai massimi e, soprattutto, che la carenza di lavoratori qualificati è da ricondurre non ad un crollo del numero di lavoratori disponibili, quanto piuttosto ad un vasto aumento del fabbisogno delle aziende.

Le possibili soluzioni

Nonostante l’occupazione a livello record, in terra tedesca mancano lavoratori qualificati. Il governo crede che ripensare la gestione dell’immigrazione possa essere una delle soluzioni possibili, per questo motivo nelle prossime settimane sarà a lavoro per ideare una riforma sul tema che possa rendere il Paese più attraente agli occhi dei lavoratori stranieri.

Il ministro Heil è convinto che la riforma dell’immigrazione sarà determinante poiché andrà a rendere molto meno stringenti i requisiti oggi richiesti ai lavoratori stranieri per entrare in Germania, soprattutto quelli legati al riconoscimento dei titoli.
C’è chi condivide l’ottimismo del governo, ma altri sono convinti che tali modifiche non riusciranno nel loro obiettivo, soprattutto se verrà mantenuto il requisito essenziale della lingua, il tedesco.
È necessario poi ridurre drasticamente la burocrazia che i lavoratori stranieri si trovano ad affrontare, soprattutto se provenienti da Paesi extra-UE.

Il governo tedesco ha un mandato chiaro: attrarre talenti stranieri, tanti e subito, per non rischiare che l’economia della Germania diventi vittima dell’emergente deficit demografico del Paese.

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