Assegno di divorzio tolto a chi fa spese voluttuarie: ecco cosa significa e a cosa fare attenzione

Ilena D’Errico

28 Gennaio 2023 - 20:41

La Cassazione ha tolto l’assegno di divorzio a causa delle spese voluttuarie dell’ex-moglie. Ecco cosa contraddistingue queste spese e a cosa bisogna fare attenzione.

Assegno di divorzio tolto a chi fa spese voluttuarie: ecco cosa significa e a cosa fare attenzione

La Cassazione ha ribaltato una delle più radicate convinzioni in tema di assegno divorzile: chi ne ha diritto non può semplicemente spenderlo come meglio crede. Con la decisione del 18 gennaio, infatti, la Corte di cassazione ha confermato la revoca dell’assegno di divorzio per spese voluttuarie. Questa ordinanza sul tema dell’assegno divorzile va a inserirsi in una lunga serie, che nel tempo ha permesso di specificare in modo accurato la normativa a riguardo e, in particolare, a evidenziare le differenze rispetto all’assegno di mantenimento seguente alla separazione. Con questa ennesima conferma giurisprudenziale, bisogna quindi fare molta attenzione per non perdere il beneficio. Ecco cosa sono le spese voluttuarie e quali sono i requisiti dell’assegno di divorzio.

Le spese voluttuarie: cosa sono e perché compromettono l’assegno di divorzio

Si definiscono come spese voluttuarie tutti quegli esborsi di denaro finalizzati a soddisfare esigenze secondarie, ben oltre i bisogni primari. Questi ultimi sono atti al sostentamento, si pensi al cibo o all’abitazione, e rientrano pertanto nelle spese necessarie. La sentenza della Cassazione ha motivato la revoca dell’assegno di divorzio anche a causa di questo tipo di spese evitabili. Nel caso specifico, sembra si trattasse di shopping e abbonamento per la palestra, ma in realtà non è rilevante il fine specifico, bensì che non si trattasse di acquisti indispensabili.

Di conseguenza, non si può stabilire a priori quali tipi di acquisti possano minare il diritto all’assegno di divorzio. Non è, infatti, la voluttà in sé a comprometterlo, bensì ciò che essa comporta. Sopportare questo tipo di spese, soprattutto se in modo frequente, dimostra infatti una serie di caratteristiche.

  • La capacità reddituale per affrontare le spese.
  • La mancata necessità di ricevere l’assegno di divorzio.

La pronuncia della Cassazione, evidenzia proprio come la donna in questione avesse un reddito sufficiente a permettersi degli hobby, ma anche come di conseguenza fosse abile all’attività lavorativa. Nel caso di riferimento, infatti, la donna dedicava molto tempo all’attività di bodybuilding. Questo non significa direttamente che sia stata la frequentazione della palestra il motivo di revoca dell’assegno, bensì il fatto dimostra il venir meno di un requisito principale, ossia l’assente o ridotta capacità lavorativa.

I requisiti dell’assegno di divorzio: a cosa fare attenzione per non perderlo

L’assegno di divorzio, come ribadito nella sentenza, ha una funzione prettamente assistenziale e compensativa. Di conseguenza il contributo viene riconosciuto soltanto in seguito all’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi economici e dell’oggettiva impossibilità di procurarseli. In altre parole, non è sufficiente che l’ex-coniuge sia disoccupato, ma bisogna anche dimostrare che non può lavorare. L’impossibilità, comunque, tiene conto di diversi fattori, oltre alla salute che il problema più intuitivo. Ad esempio, nel calcolo dell’importo bisogna anche considerare il contributo dell’ex-coniuge alla vita familiare e i riflessi sulle possibilità di carriera. Questo, infatti, dimostra non solo il contributo del coniuge, anche se non economico, ma anche una successiva difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro. Si pensi, ad esempio, al coniuge che ha dovuto sacrificare le sue aspettative professionali e che, magari anche a causa dell’età, non può oggettivamente inserirsi nel mercato in modo qualificato (e gratificante).

Di conseguenza, anche chi già riceve l’assegno di divorzio rischia di perderlo se vengono meno i requisiti che lo hanno permesso in primo luogo. Questo può essere dimostrato semplicemente da altre fonti di reddito, anche in maniera indiretta in relazione alle spese voluttuarie. Ciò implica che:

  • L’assegno di divorzio può essere revocato anche a chi non compie spese voluttuarie, se acquista capacità lavorativa o altra fonte di reddito.
  • Le spese voluttuarie sono un importante indicatore: se è possibile permettersele, con molta probabilità il contributo dell’assegno è superfluo.

Ancora una volta, i giudici della Corte di cassazione hanno ribadito che l’importo dell’assegno di divorzio non ha nulla a che vedere con il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio. Principio già reso noto dalla sentenza 11504/2017, la quale rileva che tener conto del tenore di vita matrimoniale riguardo all’assegno divorzile andrebbe contro alla natura giuridica del divorzio, che scioglie appunto il legame coniugale.

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