Apologia del fascismo, quando è reato e cosa rischia chi inneggia a Mussolini

Caterina Gastaldi

11/11/2022

Il reato di apologia del fascismo, che include inneggiare all’odio e a Mussolini, è previsto dalla legge Scelba e Mancino, con conseguenze penali e civili.

Apologia del fascismo, quando è reato e cosa rischia chi inneggia a Mussolini

Il reato di apologia del fascismo riguarda una serie di azioni e comportamenti, tra cui inneggiare al fascismo, ai suoi simboli, e a Mussolini. Questi comportamenti implicano pesanti conseguenze dal punto vista penale, oltre all’interdizione dai pubblici uffici.

Questo include diversi comportamenti, poiché inequivocabilmente collegati a ideali del pensiero fascista. Alcuni esempi sono il divieto di utilizzo del saluto romano, in particolare nei contesti istituzionali, o cantare Faccetta Nera o altri motivi strettamente legati al ventennio fascista, come anche Giovinezza. Le conseguenze possono diventare particolarmente importanti quando il reato di apologia avviene per mezzo stampa, ovvero tramite radio, televisione, o giornali.

Tuttavia, per quanto la legge Scelba e Mancino preveda diverse applicazioni, resta spesso inapplicata. Questo perché si scontra facilmente con quanto previsto dalla Costituzione per la libertà di espressione e manifestazione del pensiero. Proprio per questo motivo è dovere dei giudici valutare ogni singolo episodio, per valutare in quali casi inneggiare al fascismo rientri nel reato di apologia.

Cos’è l’apologia del fascismo e cosa dice la legge

Il termine “apologia” significa letteralmente “discorso a difesa o esaltazione di una dottrina religiosa o politica”, e in questo caso degli ideali del fascismo che sono contrari ai principi fondamentali alla base della Costituzione italiana e per questo vietati.

Il reato di apologia del fascismo è stato introdotto dalla legge Scelba (n. 645/1952) che all’articolo 4 punisce:

“chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”

ed anche

“chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.”

Oltre alla legge Scelba, anche la più recente legge Mancino (n. 205/1993) punisce le manifestazioni fasciste e razziste che incitano all’odio. Precisamente l’articolo 2 si riferisce a:

“chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali di organizzazioni, associazioni o movimenti aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.”

Inneggiare a Mussolini e al partito fascista è reato: cosa si rischia

L’apologia del fascismo è punita con il carcere, una sanzione pecuniaria e la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici; le pene diventano più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso a mezzo stampa.

Le sanzioni sono le seguenti:

  • la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
  • la reclusione da sei mesi a quattro anni per chi incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Nonostante le pene previste possano apparire “esemplari” in realtà la loro applicazione è piuttosto limitata poiché i giudici devono contemperare anche la libertà di manifestazione del pensiero, diritto sancito dalla Costituzione (articolo 21). Dunque compete soltanto al giudice analizzare il caso in concreto e valutare se ci sono gli estremi del reato oppure se si è trattato di frasi o gesti semplicemente “commemorativi”.

Un giudizio tutt’altro che semplice poiché è difficile valutare in concreto come e quando frasi, immagini e gesti di impronta fascista e in ricordo del Duce possano davvero essere capaci di divulgare gli ideali fascisti e quindi trasmettere valori contrari all’ordinamento.

Anche il saluto romano è apologia del fascismo

Nel 2019 la Corte di cassazione ha stabilito che anche il saluto romano rientra a pieno titolo del reato di apologia del fascismo (sentenza 21409/219). Questo non vuol dire che ogni volta che si compie il saluto tipico della dittatura si commetta un reato.

Prima di attribuire la colpevolezza, il giudice deve valutare il contesto in cui è avvenuto il gesto e le reali intenzioni dell’autore del fatto: senza dubbio il saluto fascista nel corso di manifestazioni pubbliche e istituzionali o in televisione ha una gravità maggiore, specie se viene fatto da personaggi pubblici ed esponenti della politica.

Cantare inni fascista è reato?

Intonare canzoni o slogan che inneggiano al fascismo rientra nel reato di apologia del fascismo. Cantare “Faccetta Nera”, “Giovinezza”, o intonare lo slogan“Eia Eia Alalà”, rientra in queste situazioni. Tuttavia, come nel caso del saluto romano, non basta intonare una di queste canzoni per commettere un reato.

Come nella situazione precedente sarà necessaria la valutazione da parte di un giudice, che deve tenere conto delle reali intenzioni e principi della persona. È infatti previsto che questi puntino a compromettere l’integrità della democrazia, come previsto dalla Cassazione con la sentenza 28565 del 2022.
Sarà quindi sempre fondamentale, in qualsiasi situazione, stabilire quali siano sia le intenzioni reali della persona coinvolta, sia tenere conto del contesto in cui è avvenuto il fatto.

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