La Germania della cancelliera Angela Merkel è davvero impegnata nella stampa dei vecchi marchi tedeschi a tutela di un prossimo collasso dell’Euro e dell’UE?
All’inizio dell’anno Angela Merkel ha espresso un’opinione che ha scatenato voci e illazioni nell’interna comunità europea: secondo la cancelliera il marco tedesco varrebbe più dell’euro (in riferimento al valore della moneta unica a febbraio 2017), una convinzione che ha alimentato la speculazione per cui la Germania starebbe stampando il caro vecchio marco tedesco a tutela dai peggiori scenari per l’euro.
Il marco tedesco, introdotto in occasione dell’occupazione degli alleati nel 1948 per sostituire il Reichsmark, è stato completamente sostituito 15 anni fa con l’attivazione degli accordi monetari del trattato di Maastricht del 1992 in tutti gli Stati membri.
Nel 2012 è stato stimato che fossero ancora in circolazione ben 13,2 miliardi di marchi e i sondaggi mostrano che una stretta maggioranza dei tedeschi sarebbe d’accordo con il ripristino della vecchia moneta al posto dell’euro.
La domanda rimane: la Germania sta stampando marchi tedeschi in previsione di un collasso?
La Germania sta stampando marchi tedeschi?
Se qualcuno sapesse per certo dell’arrivo di un collasso economico nei prossimi anni, è comprensibile che vengano messe in campo delle opportune precauzioni.
Ma poiché nessuno (veramente) riesce a prevedere il futuro, gli esseri umani sono destinati a gestire le situazioni senza molto tempo di prevviso.
Tornando alla Germania, è opportuno precisare che non è necessario stampare in anticipo i vecchi marchi tedeschi. Nel caso in cui la Germania avesse bisogno di passare ad un’altra valuta, non sarebbe necessario avere delle nuove banconote immediatamente. Poiché la maggior parte dei pagamenti (almeno quelli più ingenti) vengono effettuati elettronicamente, sarebbe sufficiente cambiare i software bancari. Le nuove banconote potrebbero essere pronte anche con qualche ritardo. I grossi crolli economici non si verificano mai durante una sola notte e ci sarebbe il tempo per un processo politico che possa tradursi in un cambio di valuta.
Nel novembre 2011 le turbolenze sui mercati finanziari nell’area dell’euro stavano generando situazioni sempre più complesse e imprevedibili: tra governi commissariati e paesi super-affidabili come la Francia che improvvisamente iniziavano a vacillare, l’ipotesi secondo cui l’esperienza della moneta unica fosse vicina al termine serpeggiava come una possibilità molto più concreta di quanto non lo fosse mai stata.
In questo contesto montarono le voci secondo cui la Germania avesse commissionato ad una tipografia ticinese la stampa di una grossa quantità di marchi tedeschi, evidentemente in vista di un ipotetico switch-off dalla moneta unica che sarebbe stato, eventualmente, da effettuare in tempi brevissimi.
La notizia di per sé si è rivelata essere priva di fondamento, ma è molto difficile da verificare anche tralasciando gli aspetti paradossali e poco credibili legati alla questione.
Se il peggio (peggio per chi, poi?) dovesse capitare è sempre bene sottolineare che dall’euro si esce meglio se si esce prima, data la possibilità di ritrattare le condizioni di rimborso dei titoli di stato in modo più ordinato e probabilmente meno pesante. Subire il fallimento dell’euro facendosi travolgere dagli eventi potrebbe essere invece un passaggio catastrofico nella storia dell’Italia che conoscerebbe senza dubbio un periodo di agitazione sociale come non se ne vedono da parecchi decenni.
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