Per Carbon Tracker le strategie che investono nel comparto delle energie fossili sono destinate a perdere quote di mercato (quindi denaro) $ per 2,2 trilioni entro i prossimi dieci anni. Ne faranno le spese tutti quegli investitori, soprattutto istituzionali, che non hanno ancora adottato strategie SRI nel loro processo d’investimento
Dieci anni, il tradizionale orizzonte temporale di chi investe a lungo termine, potrebbero bastare a far perdere alle compagnie petrolifere di mezzo mondo oltre 2,2 trilioni di dollari.
Dai colossi americani come Exxon e Chevron fino alla Repsol e all’italiana ENI: secondo uno studio del think tank Carbon Tracker Initiative nessuna delle grandi compagnie petrolifere sta ancora rispettando gli obiettivi climatici previsti dall’accordo di Parigi.
Il costo delle scelte non sostenibili
Secondo le previsioni degli analisti di Carbon Tracker le società il cui business è ancora legato alla combustione fossile sono destinate a perdere quote di mercato (quindi denaro) entro il 2030 per 2,2 trilioni di dollari e a risentirne, oltre all’ambiente, saranno anche i portafogli degli azionisti.
Sono infatti ancora tanti gli investitori, istituzionali e non, che continuano ad investire sulle fonti fossili, una scelta che potrebbe costare molto cara. Ne sa qualcosa il potente fondo d’investimenti BlackRock, che a causa delle scelte non compatibili con i criteri ESG avrebbe perso circa 90 miliardi di dollari in totale (fonte: Institute for Energy Economics and Financial Analysis, IEEFA).
L’analisi
Investire senza strategie sostenibili (SRI), cioè senza una adeguata analisi basata su criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) può far molto male ai portafogli. L’analisi inglese individua per la prima volta i singoli progetti delle principali corporation non coerenti con l’accordo di Parigi: solo lo scorso anno sono stati investiti 50 miliardi di dollari in questi progetti. Ecco quali.
Fra i progetti spicca quello di gas naturale liquido portato avanti in due tranche del valore totale di 13 miliardi di dollari da Shell in Canada; sempre Shell in seconda posizione con il progetto da 4,3 miliardi nelle acque del Mar Caspio; poi Chevron ed Exxon e il progetto Zinia 2 di BP, Exxon, Total ed Equinor da 1,3 miliardi in Angola.
Conseguenze disastrose. Ma che cosa succederà a queste aziende visto che la domanda di petrolio e gas è destinata a diminuire in futuro come conseguenza delle politiche energetiche globali che mirano a ridurre sempre più l’utilizzo dei combustibili fossili?
Secondo Carbon Tracker queste aziende rischiano di perdere più della metà del valore dei loro investimenti.
«Gli investitori dovrebbero preoccuparsi della spesa di queste aziende per la produzione di nuovi combustibili fossili. Il modo migliore per preservare il valore per gli azionisti e allinearsi con gli obiettivi dei cambiamenti climatici sarà concentrarsi su progetti a basso costo che offrano i rendimenti più elevati», ha spiegato Andrew Grant, senior analyst di Carbon Tracker e autore del rapporto.
Strategie SRI nel mondo
Nel mondo la consapevolezza di integrare le strategie SRI nel processo di investimento generale, per fortuna, sta prendendo sempre più piede. C’è in effetti chi ha cominciato ad adottare politiche coerenti con i principi SRI, soprattutto grandi fondi pensione nel Nord Europa ed altri organi sovrannazionali come nel caso del fondo pensione norvegese gestito da Norges Bank e la Banca Europea per gli Investimenti (Bei).
Fra l’altro, infatti, la prossima settimana (martedì 10 settembre 2019) inizierà la discussione fra i ministri delle finanze dell’Unione europea che dovranno ratificare (e quindi rendere esecutiva) la decisione della Banca europea per gli Investimenti che ha deciso di tagliare i ponti con qualsiasi finanziamento alle fonti fossili. A questa farà poi seguito la riunione dell’Ecofin del 10 ottobre, che avrà funzioni di indirizzo più strategico.
Quella di martedì 10 sarà per l’Italia la prima uscita europea del neoministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, chiamato a confermare l’intenzione del nuovo governo PD-M5S di avviare un percorso che agevoli la transizione energetica del Paese.
In Italia la cultura degli investimenti SRI è ancora poco diffusa ma va detto che negli ultimi dieci anni sta prendendo piede una sincera consapevolezza soprattutto fra alcuni attori istituzionali.
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