La pace contributiva è una delle novità più importanti tra quelle introdotte con la riforma delle pensione: ma in quali casi conviene farvi ricorso? Facciamo chiarezza.
La pace contributiva è una delle novità più importanti di questo 2019; ma è davvero così conveniente come si crede? In molti casi sì, come vi spiegheremo nel dettaglio nel prosieguo dell’articolo.
La riforma delle pensioni attuata con il decreto 4/2019 non sarà ricordata solo per Quota 100; sono state introdotte, infatti, anche delle misure che aiutano il cittadino a maturare più contributi per la pensione, come il riscatto della laurea agevolato e la pace contributiva, due misure simili ma differenti tra di loro che non devono essere confuse.
La pace contributiva è la misura che permette di riscattare ai fini pensionistici i periodi non lavorati, purché compresi in due periodi lavorativi, per un massimo di cinque anni. L’onere da pagare - a differenza del riscatto della laurea agevolato per il quale è previsto un contributo fisso - varia a seconda dell’ultima retribuzione percepita dall’interessato; così come il riscatto della laurea ordinario, infatti, si prende come riferimento l’ultima retribuzione annua e la si moltiplica per l’aliquota IVS del 33%. Di conseguenza più è alta la retribuzione percepita e maggiore è il costo da pagare per il riscatto di ogni anno non lavorato.
Ci sono però delle condizioni ulteriori da soddisfare per poter ricorrere alla pace contributiva: intanto questa misura è riservata esclusivamente ai lavoratori che rientrano interamente sotto il calcolo della pensione con sistema contributivo, ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996. Inoltre i periodi oggetto di riscatto - che non possono superare il limite di cinque anni e non per forza devono essere continuativi - non devono essere già coperti da contribuzione figurativa né tanto meno accreditata ad altro titolo. Non si può ricorrere alla pace contributiva neppure per quei periodi lavorati ma per i quali il datore di lavoro non ha provveduto a versare la contribuzione prevista.
Dopo aver chiarito quando si può ricorrere alla pace contributiva, con maggiori dettagli che li trovate nella nostra guida dedicata, è il momento di vedere quando conviene farlo. Per capirlo ci sono diversi fattori da prendere in considerazione, vediamo quali.
Pensione, pace contributiva: quando conviene?
Come prima cosa è bene ricordare che non avete molto tempo per decidere se ricorrere o meno alla pace contributiva. Per il momento, infatti, questa misura è in scadenza il 31 dicembre 2021, quindi salvo una proroga non si potrà esercitare questo diritto dopo la suddetta data.
Ma per quale motivo bisognerebbe ricorrere alla pace contributiva? I vantaggi di questa misura sono due: da una parte riscattando fino ad un massimo di cinque anni di contributi e incrementando la propria posizione contributiva è possibile raggiungere più velocemente il diritto alla pensione.
Ci sono delle forme di accesso alla pensione - come la pensione anticipata, Quota 41 e Quota 100 - che “premiano” coloro che hanno maturato molti anni di contributi consentendo loro di smettere di lavorare prima del raggiungimento dell’età pensionabile, oggi pari a 67 anni ma che in futuro potrebbe aumentare per effetto dei prossimi adeguamenti con le speranze di vita.
Quindi se volete “investire” nel vostro futuro e pensate che questi cinque anni di contributi potrebbero esservi utili per anticipare l’accesso alla pensione vi consigliamo di ricorrere alla pace contributiva, ma solo quando il costo - di cui vi parleremo di seguito - non è eccessivamente alto.
A differenza del riscatto agevolato della laurea, valido solo per aumentare gli anni di contributi, la pace contributiva ha un secondo vantaggio: incrementando il montante contributivo si hanno dei benefici anche sulla pensione futura, visto che se ne aumenta l’importo. Ricorrendo alla pace contributiva, quindi, si riesce anche ad avere una pensione più alta.
I vantaggi quindi sono notevoli; tutto però dipende dal costo che in alcuni casi può essere particolarmente elevato. C’è da dire però che anche su questo aspetto ci sono delle agevolazioni di cui tener conto.
Pace contributiva: quanto costa?
Ricorrere alla pace contributiva è più conveniente quando l’ultima retribuzione percepita non è particolarmente elevata. Come anticipato, infatti, per il calcolo dell’onere si moltiplica l’ultima RAL per l’aliquota IVS del 33% (per i lavoratori subordinati), stesso sistema utilizzato per il calcolo del riscatto della laurea ordinario.
Ci sono però delle agevolazioni da tenere in considerazione: la prima è quella per cui sull’onere sostenuto per il riscatto si applica una detrazione Irpef del 50%, con una ripartizione in cinque quote annuali. Inoltre è possibile pagare l’onere previsto rateizzandolo, fino ad un massimo di 120 rate (10 anni). L’importante è che l’importo di ogni singola rata non sia inferiore ai 30,00€.
Nel decidere se conviene ricorrere alla pace contributiva, quindi, dovete per prima cosa capire se gli anni di contributi vi saranno utili per anticipare l’accesso alla pensione. Ad esempio, se pensate che complessivamente i cinque anni riscattati vi faranno arrivare ad un massimo di trent’anni di contributi vi sconsigliamo di ricorrere a questa misura, visto che questi non sono abbastanza per ricorrere a nessuna delle opzioni di pensione anticipata di cui vi abbiamo parlato in precedenza.
Se il costo non dovesse essere elevato, comunque, potete sempre ricorrere a questa misura per aumentare l’importo della pensione futura; qualora il costo dovesse essere troppo alto, però, potrebbe essere più conveniente investire in una pensione integrativa, per la quale c’è comunque un vantaggio fiscale visto che il costo sostenuto è deducibile al 100%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA