Fa discutere il caso di Ilaria Carone, 24enne di Bari che ha chiuso la sua mini attività commerciale per troppe “restrizioni dello Stato” rispetto ai ricavi. Tasse e burocrazie stritolano le startup?
Troppe «restrizioni dello Stato» rispetto ai ricavi, quindi chiudo. In sintesi è questo il messaggio con cui Ilaria Carone, una giovane di 24 anni di Bari, ha comunicato sui social network la fine della sua piccola attività commerciale, aperta 6 mesi prima e che stava avendo successo nel suo quartiere. Si tratta di un piccolo laboratorio di pasticcieria artigianale in casa, in cui la giovane sfornava dolci e li vendeva dalla finestra.
Il caso sta facendo discutere e in vari articoli di giornale si parla di “spese”, “tasse” o “burocrazia” troppo elevate, interpretando in questo modo, forse erroneamente, le parole della ragazza.
Ma davvero, a prescindere dal singolo caso e dalle motivazioni specifiche della ragazza, nel nostro Paese ci sono troppe tasse e troppa burocrazia per i giovani e le loro attività commerciali, in molti casi startup? Lo abbiamo chiesto alla commercialista e divulgatrice di temi fiscali Giorgia Salardi.
Quante tasse paga una startup under 35
“Innanzitutto - ci dice Salardi - bisogna fare chiarezza: un conto sono le tasse e un altro sono le spese. Per un giovane che apre una partita Iva ci sono vari costi: la contribuzione Inps, che inizia a pagare subito, le imposte, che si pagano l’anno dopo e le spese per strumentazione, locali e altro”.
Per le nuove partite Iva startup avviate da under 35, “la tassazione è al 5% per i primi anni sul reddito forfettario, i contributi sono ridotti del 35% e non c’è l’Iva: si tratta di condizioni vantaggiose”. Secondo Salardi, quindi, è sbagliato dire che la sola tassazione stritola le giovani startup.
“La colpa delle difficoltà per le imprese commerciali dei giovani non è dell’imposizione fiscale - spiega l’esperta - ed è sbagliato dire che le tasse sono troppo alte, cosa che non ha detto la ragazza, ma che sta passando. Certo, che in Italia in generale le tasse siano troppo alte e squilibrate tra le fasce sociali è giusto, ma contribuire in modo equo alla buona gestione dello Stato e della spesa pubblica è altrettanto giusto”.
La burocrazia stritola le imprese fondate dai giovani?
“Sicuramente - aggiunge - c’è il tema di alcune zone d’Italia dove è molto difficile fare impresa, per la mancanza di base economica di partenza (con la situazione peggiorata per colpa di inflazione e caro-energia n.d.r.) e di platea di consumatori di riferimento. C’è poi la percezione giustificata di assenza di prospettive per i giovani, che abbatte la fiducia”.
Quanto alla burocrazia, per Salardi, dipende da caso a caso. “Per aprire bar o centro estetici - dice - la burocrazia può essere ingente, ma tutto dipende dall’investimento che si va a fare. In generale avere un’impresa alimentare comporta una serie di vincoli e adempimenti da portare a termine. Le aziende medio-piccole, medie e medio-grandi possono avere varie incombenze, con locali che vanno messi a norma e tanti altri adempimenti”.
L’importanza del business plan
Un concetto importante che va sottolineato per l’esperta è che in un Paese senza problemi economici strutturali per gli under 35, sarebbe del tutto normale avere startup che vengono aperte e chiuse, con investimenti che possono risultare fallimentari e magari essere sostituiti da altri.
"Nel resto del mondo - ci spiega Salardi - non è un disastro, qui è percepito come tale. I giovani, invece, vanno sostenuti affinché mettano in piedi business plan solidi, con un quadro di spese da sostenere e il fatturato che si immagina di fare. In molti casi avviene, in altrettanti no”.
“Ho fatto molte consulenze - conclude - con ragazzi e ragazze: ho visto buonissime idee, ma anche pessime. Una volta una ragazza voleva aprire un negozio per prodotti di svezzamento naturale dei bambini, in un paesino sperduto di 2mila persone in montagna, senza una rete di mamme e papà come possibili acquirenti. Bisogna fare un budget preliminare per ogni impresa, anche se piccola e vedere se il gioco vale la candela. Non bisogna buttarsi a caso, ma avere consapevolezza delle spese mensili”.
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