Orario di lavoro ridotto da 40 a 36 ore settimanali: è davvero possibile in Italia?

Giorgia Bonamoneta

17/08/2022

Nuova proposta per l’orario di lavoro ridotto in Italia. I tempi sono maturi per una proposta di riduzione dell’orario settimanale? Ecco la proposta e come funziona in altri Paesi.

Orario di lavoro ridotto da 40 a 36 ore settimanali: è davvero possibile in Italia?

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha annunciato una proposta sul lavoro. Questa prevederebbe la settimana ridotta da 40 a 36 ore, con parità salariale. Nel corso degli ultimi anni, in diverse realtà europee ed extra europee, sono iniziati esperimenti per la riduzione della settimana lavorativa dei dipendenti da 6 a 5 giorni - in alcuni Paesi si sta tentando la riduzione da 5 a 4 giorni lavorativi - mantenendo lo stesso stipendio. E in Italia? L’orario di lavoro ridotto potrebbe funzionare anche nel nostro Paese, che sulla carta non è diverso da altri Stati occidentali che hanno tentato tale via.

Come ha sottolineato lo stesso Giuseppe Conte: «tutti gli studi in materia dimostrano che non è vero che più si lavora più si è produttivi; oltre una certa soglia la produttività non migliora affatto, anzi». Se diminuire l’orario di lavoro permetterà di mantenere o migliorare la produzione, perché non dovrebbe essere incrementato anche nel nostro Paese? Sempre per utilizzare le parole di Conte, «la proposta va discussa nel dettaglio, per favorire tanto i lavoratori quanto le imprese».

La proposta in Italia non è nuova, infatti in passato era già stata messa in campo durante il Governo Prodi da Fausto Bertinotti, leader di rifondazione comunista. Il 1997 non era un anno maturo per l’Italia, ma lo era il 1998 per la Francia dove sono iniziati i primi esperimenti della settimana lavorativa corta, seguita a ruota dalla Germania. In entrambi i casi, la riforma dell’orario settimanale di lavoro è ancora in vigore e non ci sono stati particolari scandali o disagi per lavoratori o imprese.

Orario di lavoro ridotto: la proposta in Italia

Nella valanga di proposte presenti nei programmi elettorali, fa discutere la proposta della riduzione della settimana lavorativa del Movimento 5 Stelle. Il presidente del movimento, Giuseppe Conte, ha spiegato che non si vogliono fare danni alle imprese o alla loro produttività, ma che l’esperimento della riduzione dell’orario lavorativo permetterà, su base volontaria, di dimostrare che un maggior numero di tempo a lavoro non corrisponde a una maggiore produttività.

Dopo tutto non è la prima volta che in Italia si tenta la strada della riduzione dell’orario settimanale di lavoro, ma forse questi anni post pandemia ci stanno portando a una fase di maturazione della proposta. Secondo i dati Ocse, il nostro è uno dei Paesi dove si lavora di più in Europa ed è proprio per venire incontro ai lavoratori, che sempre più spesso manifestano malessere sul lavoro, che la proposta di ridurre l’orario di lavoro settimanale risulta al passo con i tempi e non distante dagli esempi virtuosi dei vicini europei come Francia, Germania e Regno Unito.

Orario di lavoro ridotto: gli esempi nel mondo

Nel mondo ci sono diversi Paesi che hanno adottato una legge mista o completa sulla riduzione dell’orario settimanale di lavoro. Gli esperimenti partono quasi sempre su “base volontaria”, mantenendo lo stipendio uguale per chi diminuisce l’orario e aumentando in modo proporzionale lo stipendio a chi invece decide di non aderire all’esperimento. In Europa stanno sperimentando o hanno sperimentato la settimana corta Spagna, Islanda e Belgio, che ha una specifica legge sul tema: ogni lavoratore ha diritto alla settimana corta e a una redistribuzione delle ore su 4 giorni invece che 5. Mentre nel resto del mondo tra gli esempi più virtuosi c’è quello del Giappone.

Anche in Italia ci sono degli esempi positivi come nel caso di TeamSystem, un’azienda di Pesaro, o quello di Velvet Media, un’azienda di marketing di Padova che ha eliminato l’orario di lavoro e ha potenziato lo smartworking.

A occhio e croce, in Italia e nel mondo, i due anni di pandemia hanno cambiato il paradigma del lavoro. La tematica del lavoro, del lavoro giovanile, del lavoro delle donne, delle categorie protette, degli stranieri e di altri gruppi sociali è sempre più al centro del dibattito. Ripensare il paradigma del lavoro e aggiornare il mercato del lavoro è essenziale non soltanto per rispondere alle esigenze delle imprese, ma anche per evitare il disagio dei lavoratori che sono sempre meno disposti a tralasciare la propria vita personale per mettere avanti le esigenze di un’azienda.

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