L’Italia utilizza ancora il petrolio russo (ma non lo compra direttamente dalla Russia)

Alessandro Nuzzo

22/05/2023

Nonostante l’embargo l’esportazione di petrolio russo continua ad essere stabile grazie a nazioni compiacenti che lo rivendono anche in Europa, Italia compresa.

L’Italia utilizza ancora il petrolio russo (ma non lo compra direttamente dalla Russia)

La Russia da quando ha invaso l’Ucraina ormai più di un anno fa ha ricevuto diverse sanzioni da parte degli altri paesi con l’obiettivo di isolarla sempre di più ed indebolirla economicamente. Uno dei principali settori dove è stata attaccata è quello energetico con lo stop all’importazione soprattutto da parte dei paesi europei a gas e petrolio. Se per il gas anche l’Italia ha chiuso accordi di fornitura con altri paesi produttori ponendo fine alla dipendenza dalla Russia, lo stesso non si può dire con il petrolio.

Nonostante l’embargo il greggio russo continua ad essere esportato in maniera stabile, contrariamente a quanto si pensasse. Solo ad aprile sono stati esportati 8,3 milioni di barili al giorno tra greggio e derivati secondo l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia. Si tratta del mese migliore da quando è iniziata la guerra. Come avviene tutto questo? Grazie a nazioni compiacenti che prelevano petrolio russo, lo raffinano per poi rivenderlo agli altri paesi, tra cui anche l’Italia. Ecco come fanno.

I paesi lavatrici del greggio russo

La Russia ha trovato uno stratagemma legale per continuare ad esportare petrolio senza avere problemi. Lo fa attraverso l’aiuto di diverse nazioni compiacenti, soprattutto asiatiche. La maggior parte del greggio attuale russo viaggia su canali asiatici, parliamo di circa l’80%. Questo viene trasbordato in alto mare su piattaforme straniere. In questo modo Mosca ha trovato il modo legale di superare l’embargo perché carburanti russi possono essere venduti e comprati ovunque purché siano stati raffinati al di fuori dai confini russi. E qui arriva la mano delle nazioni compiacenti che stanno facendo affari d’oro grazie a questa operazione. Una delle più attive è l’India, criticata anche dall’Alto rappresentate per la politica estera Ue, Josep Borrell.

Ma secondo l’ong Global Witness sono almeno cinque i paesi coinvolti in questa operazione a favore di Mosca: a parte l’India troviamo anche Cina, Turchia, Emirati Arabi e Singapore. Questi paesi importano grandi quantità di greggio russo, lo raffinano e poi lo rivendono all’Europa e ai paesi che hanno aderito all’embargo.

La maggior parte dei barili di petrolio partono dal porto di Vadinar, nel Gujarat, molto vicina alla raffineria Nayara Energy controllata da Rosneft, società che nei mesi scorsi ha visto il passaggio del 24,5% delle quote ad Hara Capital sarl, società lussemburghese di proprietà di Mareterra Group Holding spa, italiana.

Per proteggersi da possibili problemi molte società coinvolte in questo processo di raffinazione e vendita di greggio russo hanno aperto sedi in zone franche come Dubai, Honk Kong e Singapore. Aree considerate sicure da qualsiasi problema di natura legale.

Ad Hong Kong è stata costituita la Nord Axis. Qui operano anche Bellatrix Energy e Concept Oil Services. A Dubai invece Tejarinaft FZCO, QR Trading DMCC e Coral Energy DMCC. Si tratta delle più importanti società coinvolte in questo strano sistema. Si stima che insieme hanno commercializzato solo nel quarto trimestre del 2022 qualcosa come 1,4 milioni di barili di greggio al giorno. Chi c’è dietro queste società? Impossibile saperlo perché gli azionisti restano un mistero. Ecco anche il motivo per cui queste società hanno sedi in nazioni dove fiscalmente si gode di una grande libertà.

Argomenti

# Russia

Iscriviti a Money.it